Sale e sangria. Romanzo di perdizione, gioventù e amore
- Autore: Pietro De Viola
- Genere: Romanzi d’amore
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2021
Ancora narrativa di onesta trasgressione e di valida formazione, con tanto spazio alla musica leggera, per Pietro De Viola, siciliano di Barcellona Pozzo di Gotto che dal Messinese ha portato la sua laurea in scienze politiche a Milano. Risiede sotto la Madunina, avendo peraltro vissuto a lungo a Grosseto. E scrive. Sale e sangria, romanzo di perdizione, gioventù e amore, è uscito un paio d’anni fa per i tipi Oligo Editore, marchio del Gruppo mantovano “il Rio” (febbraio 2021, collana Narratori, 340 pagine).
De Viola si è fatto conoscere appena trentenne con il primo titolo rivelazione e autentico boom letterario Alice senza niente, ebook gratuito scaricato da 35mila lettori, prima di strappare la pubblicazione nel 2011, presso un’altra casa editrice.
Che dire di questo secondo lavoro? È scritto con uno stile simpaticissimo, senza precedenti e paragoni e con un protagonista unico, lui e gli altri e le altre comprimari. Nelle vene di questo romanzo scorre una costante ambiguità; momenti di sincerità si alternano a smaccate falsità, il realismo all’esagerazione, la franchezza al riserbo, il provincialismo al civis europeus sum. E che irresistibile faccia tosta quel primattore, tanto ben descritto da diventare quasi amico intimo dei lettori.
Michele è un venticinquenne di Novara di Sicilia, paesino dei Nebrodi. Studente “non studiante” nel 2005 ha strappato un soggiorno Erasmus a Barcellona, a fatica e con fortuna, senza dover superare l’esame preliminare di lingua. Fare qualche cosa di universitario è indispensabile per rinviare “il militare” per motivi di studio, anche se le chiamate alla leva sono sospese dal 1 gennaio dello stesso 2005, nell’Italia da cui parte per la Catalogna, a febbraio.
Si allontana dalla Sicilia e dal primo quarto della sua esistenza. Le esperienze familiari e scolastiche sono bastate a disilluderlo sulla vita, sugli altri e su sé stesso. Da anni ha già accantonato l’ambizione di fare il portiere di calcio. Niente numero 1 paratutto e nemmeno un futuro da chitarrista famoso. S’è per questo, neppure non famoso.
Raggiunge la sua casa-dolce-casa spagnola: appartamento 311 nella Vila Universitaria della metropoli catalana. Strada facendo, gli scappa di confessare la sua opinione sul sesso: lo praticherebbe H24 e vanno bene tutte, da dieci stelle su dieci o anche da tre stelle soltanto.
Ecco i suoi coinquilini: Jorge, messicano del Norte, destroide dalla lingua lunga e il ventenne basco Cesar, al secondo anno di biotecnologia, con cui divide la camera. Una trentina di peluche dappertutto, mascara e stronca-ciglia sul comodino, la foto di un uomo a torso nudo con dedica amorosa e una gigantografia di Cher a parete: Cesar è decisamente gay, “il Ronaldinho di tutti i gay di Spagna”. De Viola sa essere molto spiritoso, a tempo e a modo, strappando più di un sorriso ai (fortunati) lettori.
Si unisce Aniello, juventino partenopeo sessodipendente e spicca Pau, barista con la fissa dell’independentisme català. Quante altre conoscenze si aggiungeranno, per uno che non tifa per la Juve, né per lnter, ancora meno per il Messina: Michele tiene per gli U2, il gruppo rock irlandese.
Ancora più strampalato dello studente, dei coinquilini e degli italianos di Erasmus, è il prof. Reus, che gli assegna solo venti pagine, un vero reportage, tutto qui, per passare l’esame di storia contemporanea. Vuole la viva voce di chi c’era quand’è successo qualcosa. Nel caso specifico è quella di Celestino Flores, un anarchico, anche sotto il franchismo. Sarebbe Francisco in realtà, ma guai a chiamarlo così, quello era il nome del generalissimo Franco, il caudillo, il dittatore.
Fatto sta che questo Celestino svicola, scansa, cambia argomento, ne trova sempre una per non parlare di ciò di cui dovrebbe, a beneficio di Michele.
Per il resto, succede di tutto, che a raccontarlo qui ci vorrebbe un romanzo. Davvero “la qualunque”, da non crederci. Anzi, da leggere. E non ne parliamo delle presenze femminili, assatanate.
Da qualche parte in città c’è già Viola. È francese, ma italiana di padre, bilingue, a Barcellona da due mesi anche lei. Ha la voce di Amanda Lear, pari pari e si vanta d’essere “una ragazza cattiva”.
La seconda parte del romanzo porta al 2010. La terza al blog di una ragazza: primo post datato luglio 2005. Dice di chiamarsi Layla, ma aggiunge:
“Attenzione: ciò che segue dimostrerà che in realtà io NON mi chiamo Layla”.
La mamma amava tanto La dodicesima notte di Shakespeare, che ha voluto chiamarla così, infischiandosene della patente di eccentricità nella Parigi anni Ottanta. Per il padre, nato in Maremma, era un nome come un altro, nessun problema.
È stata in Italia sei anni, anche per questo blogga in italiano. Ora ne ha venticinque e lamenta che gli italiani della sua età sono degli incapaci, buoni a nulla, dei bambini. Lei invece è una donna. E fa tutte le cose che fa una donna, persino pagare l’affitto con lo stipendio.
“Mi chiamo Layla, sono una donna innamorata”
Poco dopo aggiunge d’esserlo di un “miserabile, egoista”, un italiano, gli dà del cabron! Rincara con “s...o”. Lo chiama grande-b...o-egoista-che-sta-per-andarsene-per-sempre. Lo scopo del blog sarebbe dimenticarlo.
Nel romanzo, “Layla-non-Layla” è l’amore (che non è sempre zucchero e miele).
Il tipografo anarchico rappresenta la saggezza, nonostante le apparenze, a disposizione di Michele per crescere. Sempre che non butti via tutto, con quel pressapochismo che gli piace tanto ostentare.
Sale e sangria. Romanzo di perdizione, gioventù e amore
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Sale e sangria. Romanzo di perdizione, gioventù e amore
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