Sembrava bellezza
- Autore: Teresa Ciabatti
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2021
Già candidata al Premio Strega nel 2017 con La più amata, Teresa Ciabatti, divenuta scrittrice di culto dopo il successo enorme di quel libro, pubblica ora Sembrava bellezza (Mondadori, 2021) e di nuovo viene inserita nel dodici finalisti del prestigioso premio letterario.
La storia è narrata in prima persona da una scrittrice ormai nota, che scrive su quotidiani, viene intervistata, ha un vasto pubblico di fedelissimi lettori. Tra di loro ecco Federica, un’amica di giovinezza sparita per trent’anni e ora ricomparsa improvvisamente nella vita della tormentata narratrice della storia che dichiara essere vera (ma davvero lo è?), raccontata nel nuovo denso e concitato romanzo che appare in parte un sequel del precedente di Ciabatti. Questa volta noi lettori sappiamo già molto dell’infanzia dorata della bambina poi caduta in una sorta di buco nero, della sedicenne approdata a viale Monti Parioli 49 a, al centro del quartiere Parioli di Roma, grassa, sgraziata, provinciale, giunta al liceo Goffredo Mameli e ignorata se non derisa dai compagni, uno squadrone di maschi caciaroni, superficiali, viziati.
Federica invece le mostra simpatia e amicizia, le due ragazze si frequentano, si divertono, osservano la sorella di Federica, la bellissima ed eterea Livia, seduttrice, bionda, curata, elegante, perennemente abbronzata, amata da Massimo, il bello della scuola, che lei non ricambia, anzi respinge con sdegno: sogna di volare molto più in alto. Una notte però avviene l’episodio che segnerà la fine della giovinezza di tutti i protagonisti di questa storia terribile, ma in particolare di Livia che resterà marchiata per sempre, immemore, con la mente ferma nel tempo.
Nel romanzo così apparentemente autobiografico, ma chissà se davvero lo è, la nota scrittrice non fa che rivolgersi ai suoi lettori per attirarne l’attenzione su tutta la sua vita, sui suoi fallimenti, sulle sue gravi colpe di amica, di madre, di moglie. Ha avuto una figlia, Anita, che ora ha vent’anni e vive a Londra: il rapporto fra le due è pessimo e forse, quando Federica riappare nella sua vita, la voce narrante della storia deve tentare di riparare al male fatto, forse occupandosi della povera Livia, cerebrolesa incosciente, forse dovrà fare i conti con la sua coscienza, forse avrà bisogno di capire a fondo se stessa confrontandosi con il dolore allo stato puro.
La scrittura di Teresa Ciabatti è complessa, piena di rimandi, di note a piè di pagina, di rovelli psicologici, di ripetizioni di intere frasi che diventano una sorta di mantra: il quartiere Parioli, Roma, un centro di irradiazione di frustrazioni, di infelicità, di rivalse sociali, di vendette che ricorrono ossessivamente nella narrazione. C’è poi un tema ricorrente, quello della caduta in basso, della scomparsa, dello sprofondare, una specie di percorso in discesa verso il degrado, l’annullamento di sé. Ecco la leggenda secondo cui in una boutique di via del Corso a Roma, nei camerini di prova esisteva una botola dove sprofondavano ragazze poi rapite e scomparse; ecco sparire in quegli anni Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, mai più ritrovate e invano ricercate ovunque. E ancora la morte improvvisa per overdose della mitica Marilyn Monroe, la bionda che aveva fatto sognare una generazione, come era bionda bella ma altrettanto sofferente la pariolina Livia.
Nel titolo di questo romanzo mi ha colpito il verbo sembrare: sembrava, non era la realtà, era solo apparenza. Nel testo riferendosi alla tragedia di Livia l’autrice usa ripetutamente i verbi volteggiare, piroettare, volare: vola un palloncino che l’ormai cinquantenne Livia tenta di afferrare, balla finalmente con l’ormai pingue Massimo, il ragazzo bello e innocente di allora.
L’autrice registra, divaga, ricorda, indaga, ricerca un filo nei pezzi di questa storia dolorosa che appartiene a lei, a una classe sociale, a un pezzo di storia italiana nella quale i quasi cinquantenni di oggi possono in parte riconoscersi. Ho conosciuto personalmente alcune delle dinamiche che Ciabatti descrive: sono andata al liceo Mameli, ci sono andati amici e familiari e nel corso degli anni ho visto accadere storie non dissimili da quelle che Teresa Ciabatti ha saputo mettere in scena con onestà e dolore, guardandosi impietosamente e raccontando un mondo effimero, guasto, nel quale non possiamo non sentirci tutti un po’ colpevoli.
L’ultima pagina è dedicata all’amica Federica, che all’autrice era “sembrata” privilegiata e felice. La ragazzina con lo zaino a forma di Koala, ignorata e irrisa, violenta e velenosa, ha dovuto fare un percorso impervio, frustrante, un viaggio nella memoria rimossa, per emergere con una ritrovata forma di tenerezza, di riscatto, di calore. E di maturità acquisita anche nella scrittura, affilata e tagliente, ma alla fine accogliente e rigorosa.
Sembrava bellezza
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