Stabat Mater
- Autore: Tiziano Scarpa
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2008
Vincitore del Premio Strega 2009
È notte, l’orfanotrofio è immerso nel sonno. Tutte le ragazze dormono, tranne una. Si chiama Cecilia, ha sedici anni. Di giorno suona il violino in chiesa, dietro la fitta grata che impedisce ai fedeli di vedere il volto delle giovani musiciste. Di notte si sente perduta nel buio fondale della solitudine più assoluta. Ogni notte Cecilia si alza di nascosto e raggiunge il suo posto segreto: scrive alla persona più intima e più lontana, la madre che l’ha abbandonata. La musica per lei è un’abitudine come tante, un opaco ripetersi di note. Dall’alto del poggiolo sospeso in cui si trova relegata a suonare, pensa "Io non sono affatto sicura che la musica si innalzi, che si elevi. Io credo che la musica cada. Noi la versiamo sulle teste di chi viene ad ascoltarci". Così passa la vita all’Ospedale della Pietà di Venezia, dove le giovani orfane scoprono le sconfinate possibilità dell’arte eppure vivono rinchiuse, strette entro i limiti del decoro e della rigida suddivisione dei ruoli. Ma un giorno le cose cominciano a cambiare, prima impercettibilmente, poi con forza sempre più incontenibile, quando arriva un nuovo compositore e insegnante di violino. È un giovane sacerdote, ha il naso grosso e i capelli colore del rame. Si chiama Antonio Vivaldi. Grazie al rapporto conflittuale con la sua musica, Cecilia troverà una sua strada nella vita, compiendo un gesto inaspettato di autonomia e insubordinazione. (Note di copertina)
Normalmente rifuggo dai romanzi troppo reclamizzati o premiati, avvertendo una fastidiosa sensazione di “tutto fumo e niente arrosto”. In questo caso, poi, un altro elemento che avrebbe dovuto contribuire ad allontanarmi dall’idea di leggere questo libro sarebbe stato l’utilizzo di un personaggio realmente esistito, Antonio Vivaldi, in una storia totalmente inventata. Quello, però, che mi ha attratta, contro ogni logica, verso “Stabat Mater” di Tiziano Scarpa è stato il tema della musica che, nel bene o nel male, pervade la vita di Cecilia, la allaga completamente potremmo dire, agganciandoci ad un altro tema presente nello scritto, l’acqua. Le varie recensioni che leggevo su internet non avevano mezze misure: questo sembrava essere un romanzo da amare o da odiare, senza posizioni intermedie. Mi sono decisa alla lettura, e penso che come al solito la verità, ammesso che ne esista una assoluta, stia nel mezzo.Vorrei iniziare dal presentare i due grandi difetti che, secondo il mio modo di vedere, questo libro presenta: innanzitutto, come ho detto, l’utilizzo di un personaggio reale in una storia di fantasia. E’ pur vero che l’autore inserisce, al termine del romanzo, una nota nella quale mette in guardia il lettore contro gli anacronismi e le imprecisioni della storia narrata: primo fra tutti, il fatto che le “Quattro Stagioni” è di gran lunga posteriore al periodo in cui Vivaldi ricoprì il suo incarico presso l’Ospitale della Pietà. Certo, questa volontaria “confusione” ha generato un passaggio sorprendente e poetico della narrazione, ma perché non inventare di sana pianta un personaggio piuttosto che confondere realtà e finzione? Altro grande difetto ai miei occhi è la pesante insistenza (soprattutto all’inizio), sul tema degli escrementi. E’ certamente chiara la metafora: Cecilia, figlia non voluta e abbandonata, percepisce se stessa e tutti i frutti del parto come sporcizia dalla quale liberarsi. Forse, però, la scelta di un’immagine meno forte avrebbe portato giovamento ad un libro che è, in ogni caso, denso di bellissimi e significativi passaggi.
Non c’è azione, in questo romanzo: sono solo le riflessioni di Cecilia, orfana cresciuta nell’Ospitale della Pietà, che si concretizzano nelle lettere che scrive di nascosto alla sua Signora Madre sconosciuta. Verso di lei, Cecilia prova una rabbia disperata, una dipendenza intrisa di odio, squarciata solo raramente dal dubbio che l’abbandono sia stata una scelta obbligata. Cecilia urla la sua rabbia verso sua madre ma anela ad un segno di riconoscimento che le confermi un atteggiamento di apertura verso di lei. Si sente sporca perché non voluta, e il tema ricorrente dell’acqua è purificazione, è il liquido amniotico nel quale i figli ed i gattini indesiderati vengono rituffati, è un ponte verso un’altra vita. Cecilia dialoga con la morte, come se fosse la sua seconda madre: ma quando arriverà Vivaldi, sarà il dialogo con lui a sostituire quello con la nera signora. Non trovo esatto affermare che, prima del suo arrivo, Cecilia suona in modo meccanico. Il punto è che Cecilia, dapprima, cerca di “tirare fuori” la musica dallo spartito: Vivaldi le insegnerà a far uscire la propria vera essenza dalla musica. Il Maestro, però, rischia di provocare in lei un’ulteriore dipendenza, le procura turbamenti e cerca di incatenarla: ma alla fine sarà proprio lui, con un gesto violento, a liberare le ali di Cecilia, che troverà il coraggio di cercare una nuova vita. E l’acqua purificatrice sarà ponte anche per lei.
Ascoltiamo un brano del libro e alcune curiosità dalla voce dello stesso autore, durante l’intervista rilasciata nelle fasi finali della serata di premiazione del Premio Strega 2009.
Stabat mater
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