Stirpe di Marcello Fois

Il libro era da mesi sul mio comodino, impilato disordinatamente. Mi aspettava silenzioso e finalmente ho accolto il suo invito. Dopo aver osservato la copertina, che contiene una foto emblematica, annuso avidamente le pagine odorose di carta stampata e comincio a leggere, con la curiosità del lettore che intraprende un nuovo viaggio.
Non servono aggettivi superflui per descrivere la semplicità della vita raccontata nella Nuoro di fine ottocento, terra genuina e feconda che attraversa lo scenario della 1^ guerra mondiale.
Leggo la storia della famiglia Chironi, gente lavoratrice, onesta e inflessibile. Michele Angelo e Mercede "lui fabbro, lei donna", uniti da un amore esclusivo, fatto di sguardi e di poche parole, degno della fucina nella quale si combinano forza e disciplina tanto sul ferro quanto sulle persone.
E quella forza sarà più che mai indispensabile ai Chironi, nel corso degli anni, per affrontare un dolore ostinato, una sorte che piega, comprime, devasta.
I Chironi tirano dritto, ma la sofferenza scava solchi profondi, avanza silenziosa con colpi duri e ben assestati, distillati poco alla volta sugli affetti più cari.
Dalla piccola Franceschina ai gemelli Pietro e Paolo, da Gavino, bello e taciturno, a Luigi Ippolito esile e tenace, da Marianna, riflessiva e ben accasata a Mercede, moglie e madre impagabile e ancora Dina, Biagio.
E a lui, Michele Angelo, non resta che maledire quel cielo plumbeo che lo ha destinato alla sopravvivenza sebbene la morte sia la sua unica speranza.
Quando tutto è perduto, perché niente rimane a chi più niente ha, un incontro inatteso rivela il senso della vita. E’ tutto chiaro ora, bisogna saper aspettare.
Giunta all’ultima pagina del libro, rifletto sull’umana sofferenza e mi commuovo. Piango come madre, come figlia, come sorella, come moglie, calata in un vortice di emozioni che l’autore ha sapientemente suscitato.