Sua maestà di un amore. Prose poetiche
- Autore: Laura D’Angelo
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2021
Il posto delle nuvole è un brano contenuto nella raccolta di "Prose poetiche”, redatto dalla scrittrice e dottoressa Laura D’Angelo, dal titolo Sua maestà di un amore (Scatole parlanti, 2021).
Il titolo dell’opera introduce il significato profondo della parola “Amore”, e la affianca al termine “Sua maestà” per potenziarne la sua intrinseca e immensa grandezza. Ripercorrendo autori lontani nel tempo, perché l’amore è quella grande forza che “move il sole e le altre stelle”, è sentimento puro e di pura grazia che innalza l’animo umano e che non si separa dall’amore divino verso il quale il sommo poeta Dante Alighieri esplica un continuo modello cui tendere per migliorare, affinare e perfezionare un tale nobile sentimento che ci rende degnamente umani, affettuosi, generosi e umili.
L’amore è un possesso senza proprietà, è donare in modo incondizionato e si identifica con l’eterno e l’infinito: è qualcosa che non muta col mutare del tempo, ma nel tempo rafforza le sue radici nel cuore, si solidifica, si perfeziona, diventa più forte ed intenso. L’amore vero non finisce, per parafrasare le parole del noto filosofo morale contemporaneo Giuseppe Ferraro, e se finisce non era amore.
Nel brano poetico Il posto delle nuvole, il tempo viene inteso come qualcosa di mutevole: tempo come tempo che scorre, ma che si identifica col tempo stagionale. La parola tempo diventa un Unicum con il pensiero riassunto nella frase “Il tempo della Vita!”. La vita è il mare che riflette la mutevolezza di questo tempo visto in maniera tridimensionale: il mare muta al variare del tempo, diventa tempestoso, si agita, si calma, si increspa, esattamente come può variare una stagione o l’animo di una persona umana che lo riflette.
Ma cos’è il tempo? Il tempo è un’entità misurabile, cambia e modifica l’aspetto e il volto delle cose e delle persone… Il tempo non rivela approdi, a ogni passo umano mostra la meta verso cui conduce, svelando contenuti e sostanze, e sfocia nell’infinito oltre la vita. E allora la vita si ferma e il tempo infinito si unisce alla parola sempre.
La scrittrice cammina, parla un linguaggio interiore, si rivolge al suo sé, in una sorta di monologo descrittivo che consegna all’altro. La sua è una descrizione soggettiva, connotativa, in cui vengono inserite sensazioni, odori, rumori, sapori e impressioni personali. L’autrice suscita visioni nella mente del lettore, scolpisce concetti esistenziali.
Descrivere d’altronde deriva dal latino de-scribere, con il senso di scrivere estraendo da un modello, e questo modello, nel caso di specie, è la realtà che la circonda la quale viene estrapolata da una visione intima e pura che rivela trasparenza e profonda sensibilità di animo.
Ogni descrizione, dettaglio, forma nella mente un’immagine, un’opinione: è la poesia nella poesia. Evoca, spiega, suscita, incuriosisce, emoziona, ferma concetti, li ambienta, li analizza con scrupolosità e meticolosità di particolari.
Il cammino dell’autrice è guidato da una ferrea coscienza che le suggerisce quale passo compiere, quale scelta effettuare, in maniera giusta, adeguata, davanti a un sole costante che appare, scompare, ma mai si perde. Anche dietro le nubi, il sole persiste e sussiste a svelare un cielo sempre sereno.
L’autrice invita a guardare il mondo con uno spirito di ottimismo. Trascorriamo giorni solitari di pioggia, di tempesta… Nel brano anche gli abbracci hanno un sapore ed è il sapore dell’amore e del volersi bene, hanno il sapore del conforto, della vicinanza, della libertà di un’emozione che si libera e vola in alto.
L’autrice cammina accompagnata dal sapore delle parole gentili che dona al suo prossimo in una delicatezza smisurata, passeggiando in punta di piedi nella vita dell’altro che non sa quale mare attraversa. In un atteggiamento di curiosità e comprensione verso l’altro. Abbiamo una vita dentro di noi e una fuori di noi che spesso non collima con i desideri e i costrutti dentro. Vite che camminano parallele.
Il brano parla di vuoti che vanno respirati e vissuti, perché nel vuoto si assapora la più viva presenza, il più vivo e limpido ricordo. L’amore mai si perde, resta inseparabile e unisce cuori, sentimenti, perché non ha catene.
Nel periodo estivo, il ragazzo del cocco, senza volto né nome, incrocia anche per poco gli sguardi dei turisti, sente bisbigliare dalle loro bocche, frammenti di parole rivelando l’immensità del loro essere, in un tratto di ignoto che appare: piccoli puzzle intarsiati di racconti filtrati e portati via dal vento e incassati nelle orecchie che abitano storie. Sono la parte del corpo più importante, più sensibile, che avvicina all’ascolto e alla comprensione dell’altro. Così anche il ragazzo del cocco che abita il mare estivo, non passa invano. Si ricorda per il timbro della sua voce, per vendere pezzetti di frutta dissetanti, per ricordare la bellezza e la freschezza di una natura indomita che dona tanta ricchezza e bontà.
Il venditore del cocco non è un uomo qualunque: la sua voce, scandita dalle stesse parole o linguaggio, urla la sua fame, e il desiderio di nutrire l’altro per offrirgli un frutto rinfrescante che disseta. Non ha nome il ragazzo del cocco, non ha volto, non per chi non lo dimentica, segue umilmente i suoi passi, a testa china, cammina sulla sabbia rovente, sotto il caldo, urla la sua dignità. In atteggiamento composito vede tante verità: tra castelli di sabbia e partite di pallone che osserva, ha visto onde, orme su orme…
La scrittrice vede nelle nuvole inciso il nome e il ricordo del ragazzo col cocco e di chi incontra. Visibilmente ricorda i volti di tutti quanti incontrati, li scorge nei sorrisi, in un’immagine che rievoca persone conosciute e che a quel nome hanno portato, negli occhi degli altri osserva il mare delle loro vite dove sono incisi sorrisi, tempeste, vissuti che lasciano traccia e un velo di trasparenza comunicativi: gli occhi sono lo specchio dell’anima di ognuno. Espressione più viva e candida che caratterizza il nostro essere. Ci sono sguardi che non dimenticheremo mai e la vita racchiude tante verità: perché la vita è dura, difficile da attraversare, ma chi vive di verità e ha la verità negli occhi, li lascia limpidi e umidi di luce di mare e di sole.
L’autrice in questo brano rende l’idea dell’unicità e della bellezza dell’altro, l’importanza che ha nella vita anche l’uomo che non sarà dimenticato, ma il suo cuore tutto comprende, tutto racchiude e scruta. In poche e semplici pennellate di parole, con un linguaggio umile e umano che scolpisce sensi, il testo poetico rivela la vita: ne decanta l’infinita bellezza, con una nota di malinconia e nostalgia, in una visione reale e amara, acutizzando in maniera sottile la problematica delle disuguaglianze sociali, portando all’attenzione del lettore, un ineluttabile e fortissimo senso della giustizia.
Nel testo traspare l’amore indiscutibile per la verità che innalza e valorizza l’animo umano, la verità brilla alla luce del sole, si identifica con l’onestà e l’aderenza a se stessi e ai propri vissuti, sono tante le verità che ci passano sotto gli occhi, ma davanti alle quali si preferisce rimanere indifferenti, la scrittrice, però, non lascia nulla al caso, tutto afferra con intelligenza spiccata e acuta. La vita viene paragonata a una partita di calcio, tra castelli di sabbia, onde marine, orme, tempo, mare, tempesta, sole… E tra l’odore dell’estate che incalza, della crema abbronzante, tra chiarori e bagliori, tra velature di tristezza e malinconia, l’autrice lascia posto alle nuvole.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Sua maestà di un amore. Prose poetiche
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