Teatro
- Autore: Elio Pecora
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2009
Quattro atti unici caratterizzati da uno sguardo femminile antico e moderno, ma sempre consapevole, sul mondo complesso ed eterno dei sentimenti umani.
Elio Pecora, poeta e saggista, si è avvicinato alla scrittura teatrale per una concomitanza di eventi in apparenza casuali, sebbene in realtà contrassegnati dalla fedeltà a un’idea della parola poetica che non gioca con le metafore e le apparenze, scaturendo piuttosto in forma di visione dalle profondità dell’animo e dei sentimenti umani.
Dopo le letture pubbliche degli anni ’70, in occasione di festival o di incontri letterari nelle librerie romane, gli inviti ricorrenti da parte di attori e registi teatrali inducono il poeta a mettersi alla prova scrivendo un dramma intitolato ”Alcesti” che, rispetto al modello greco, propone il profilo di una donna moderna che si uccide non per amore del marito, ma piuttosto per il disgusto di una vita che pretende di rinchiuderla nei suoi schemi artificiosi.
Nel tempo il bisogno di scrivere per il teatro ha trovato espressione in un numero considerevole di opere, molte delle quali realizzate per la Rai e rimaste ancora in gran parte inedite. Nel 2009, l’editore Bulzoni ha raccolto in volume quattro atti unici dal titolo Teatro (Prima di cena; Nell’altra stanza; Il cappello con la peonia; Un mattino di giugno) preceduti da un’introduzione dell’autore che ne contestualizza l’ispirazione e gli argomenti. Pur essendo stati ideati e composti in epoche diverse (dagli anni ’80 a tempi più recenti), i testi presentano tra loro molte analogie e caratteristiche che li accomunano.
In primo luogo, quella concentrazione stilistica ed espressiva peculiare fin dagli esordi della poesia di Pecora, in felice equilibrio tra spontaneità e rigorosa costruzione; capace di parlare con una voce antica, che è il portato di una lunga e meditata tradizione e insieme di evocare drammi e passioni del mondo odierno (il rapporto genitori-figli; la tossicodipendenza; l’emarginazione). Gli affetti, l’amore, bisogni primari della vita umana, invadono la scena quale centro drammatico della rappresentazione, sia quando (nei primi due testi della raccolta) essi sono osservati dalla specola di un contesto familiare, luogo di contrasti e distanze, nonostante, o grazie ai quali i sentimenti possono ancora avverarsi, trovando una loro problematica, ma pur sempre vitale espressione; sia quando essi riaffiorano da un misero appartamento che contiene la solitudine gremita di oggetti di un’anziana donna prigioniera volontaria di quell’atto della memoria che è l’immaginazione (Il cappello con la peonia). In particolare l’azione ripetuta di vestirsi e svestirsi della protagonista al cospetto di una spettatrice (l’assistente sociale che tenta vanamente di strapparla alla solitudine) appare emblematico e riassuntivo dell’azione scenica intesa come luogo di osservazione della vita stessa quale incessante metamorfosi, mediante un continuo alternarsi di mascherature e svelamenti, luci e ombre, pieni e vuoti.
Ma ciò che più di tutto lega tra loro, fin dall’esordio, queste opere è la preponderanza della figura femminile rispetto a quella maschile. Più agguerrite e attente del maschio, le donne portate sulla scena da Elio Pecora ”traversano una vigilia, attendono un’uscita dalla confusione e dal dubbio per una ritrovata salute.” Esse stanno, fedeli all’avventura di restare nella vita, senza interromperne il flusso, oltre ogni ideologia o compromesso, riaffermandone, tra avvicinamenti e distacchi, la forza ineffabile e drammatica.
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