Tokyo decadence di Ryu Murakami

Cadere nel baratro. Tokyo e le sue migliaia di vite che s’intrecciano, ogni giorno. Nei bassifondi più malfamati o più su, in grattacieli bellissimi all’esterno eppure marci dentro. Giovani donne e vecchi uomini, soldi che comprano pane e vizi alle prime e fanno sfogare gli altri. Costrizione o perversione, desideri nascosti e inespressi che esploderanno con una potenza inaudita, trascinando con sé i corpi (e qualche volta i cuori) di persone che non vivono, sopravvivono.

Sesso estremo, perversioni che a molti di noi faranno inorridire e non certo eccitare. Eppure l’essere umano riesce a tirar fuori dal cilindro sempre qualcosa di strano, di insospettabile. Qualcosa che ci schiferà ma, si sa, che non riusciremo a fare a meno di guardare. Se non altro per restare inorriditi.

Tante storie, tante vite spezzate e ricostruite che affolleranno le notti di una città una volta nobile, ora molto meno. Si dice che, una volta toccato il fondo, si possa solo risalire. Ma l’abbiamo già toccato, quel fondo?

Ryu Murakami parla e scrive senza peli sulla lingua e ci descrive una realtà lontana da noi che potrebbe, comunque, essere la nostra. Per certi vizi e certe perversioni la collocazione geografica non è un problema, la ricerca del piacere estremo parte da ognuno di noi e a volte riesce a uscire allo scoperto. Facendo danni su danni.

Tokyo decadence (Mondadori, 2004, trad. Y. Otake e M. Fiocca ) è un libro diretto, sincero, dedicato a chi ama guardare i resti dei corpi carbonizzati dopo un meraviglioso ma crudele incidente. Non adatto per i deboli di stomaco, poco ma sicuro. Un libro che ha fatto epoca, un libro che non ha ceduto un solo briciolo della sua potenza evocativa. Per fortuna. O purtroppo? Decidete voi.