Trilogia: Libro postumo, Fuoco grande, Il fossile
- Autore: Bianca Garufi
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2019
Il nome di Bianca Garufi è legato a doppio filo a quello di Cesare Pavese: pensiamo a lei solo in quanto componente di un duo, di una “bellissima coppia discorde”. Il volume Trilogia (Edizioni dell’Orso, 2019), che raccoglie i romanzi Libro postumo, Fuoco grande e Il fossile, è nato dal desiderio di mettere in luce il vero valore letterario di questa autrice, facendola uscire dall’“ombra” di Pavese:
“Quando si pensa a Bianca Garufi o si parla di lei, è inevitabile che il pensiero e la parola corrano subito a Cesare Pavese; se ciò da un lato significa riconoscere l’innegabile ruolo da lei esercitato nella scrittura e nella vita di Pavese, dall’altro rappresenta il modo migliore di farle un torto, dimenticando che fu una scrittrice in proprio, autonoma, di indubbio spessore e versatilità.”
Fuoco grande è un affascinante esperimento letterario nato dalla collaborazione tra Bianca Garufi e Cesare Pavese. Un “romanzo bisessuato”, in cui i punti di vista di una Lei e di un Lui si alternano di capitolo in capitolo, dandoci la possibilità di rivedere le stesse scene da due angolature diverse. Assistere all’incontro tra due anime, che si uniscono attraverso l’atto della scrittura, ha sempre un che di miracoloso: le voci di Garufi (Silvia) e di Pavese (Giovanni) si fondono dando vita a un’irripetibile e sublime alchimia letteraria.
Fuoco grande è il secondo capitolo di un anomalo trittico incentrato su tre versioni diverse della stessa donna: la tormentata e “storta” Silvia. La storia di “questa” Silvia si svolge sullo sfondo di una terra antica, impastata di sangue, sudore e lacrime: un mondo contadino, dominato dalla violenza e dalla sopraffazione, che si riveste di un’aura mitica.
All’inizio del romanzo, Silvia è costretta a ritornare nella natia Maratea perché un suo familiare, Giustino, sta morendo. Giovanni, il sua amante, la accompagna, finendo così col ritrovarsi in una casa su cui aleggiano troppe parole non dette. Giovanni si ritrova completamente al buio: non conosce il passato di Silvia ed è all’oscuro del vero legame di sangue che unisce la donna e il fanciullo moribondo.
Fuoco grande, come suggerito dal titolo, è il racconto di una fiamma che continua ad ardere nella carne di Silvia, di una brace sopita che aspetta solo di venire riattizzata:
“Nascita, morte, tutto ciò che accadeva, anche gli avvenimenti più urlanti, ricadevano senza consistenza. C’era un fuoco che bruciava sempre e nascita, morte, guerre, alluvioni svanivano in mezzo a quella fiamma. Dissi: – Catina, qui si sta sempre in mezzo al fuoco. – Fuoco grande, fuoco grande, – disse Catina. E attraverso la notte sentii che mia madre bruciava, che Dino bruciava, che anch’io mi ero messa di nuovo a bruciare.”
Questa storia, rimasta incompiuta, ha continuato a bruciare nell’immaginazione di Bianca Garufi. La scrittrice ha deciso di riprendere il romanzo da dove si era interrotto. Questa volta però Pavese non era più al suo fianco e la sua assenza si fa sentire: la voce di Giovanni non ha più lo stesso vigore; l’alchimia sublime tra anime è ormai svanita. Quando la scrittrice ha sottoposto Il fossile al giudizio di Italo Calvino, non ha ottenuto una scheda di lettura favorevole:
“Bianca Garufi ha voluto dare un seguito a “Fuoco grande”, sempre a capitoli alterni in prima persona di «Silvia» e di «Giovanni», scrivendo lei anche quelli di «Giovanni», cioè facendo lei anche la voce di Pavese. Da una idea riprovevole come questa non poteva sortire certo una realizzazione lodevole. Dirò però, per dare un giudizio editoriale obiettivo, che non siamo sul piano della impubblicabilità, della follia e del sacrilegio, ma su quello d’una tranquilla mediocrità.”
Il fossile non ha la stessa carica emotiva e stilistica di Fuoco grande. Il romanzo bisessuato, nelle intenzioni dei suoi autori, doveva avere ulteriori sviluppi, ma il libro sembra aver comunque raggiunto la sua naturale conclusione. Fuoco grande si interrompe all’apice della tensione: la corda tesa si è spezzata; la fiammata della passione si è riaccesa e ha strinato le anime dei personaggi. Non c’è bisogno di aggiungere nemmeno una parola: tutto è già stato detto.
Il fuoco sacro dell’aspirazione, che sembra essersi sopito ne Il fossile, arde vigoroso nell’autobiografico Libro postumo. Il primo romanzo di Garufi, il primo capitolo della “trilogia” dedicata a Silvia, è caratterizzato da una scrittura bruciante e poetica. La penna-vomere affonda nell’insidiosa terra dei ricordi:
“Cercare, frugare. Pensare, durante il giorno, e tornare alla pagina aperta; amore insomma. È un rimedio vegliare su pagine aperte, e non di libri, ma di volti e palazzi, alberi e terre. Vegliare, frugare, cercare.”
La protagonista e voce narrante del libro è un’altra Silvia, una versione alternativa del personaggio che compare nel romanzo bisessuato e ne Il fossile: una donna che indossa una pelle-corazza per nascondere le fiamme che la divorano dall’interno. Una Silvia che scava nel suo passato, sino a spezzarsi le unghie, sino a lacerare le viscere da cui è stato strappato il figlio che non ha potuto/voluto partorire.
La Trilogia curata da Mariarosa Masoero è un atto d’amore nei confronti di una scrittrice rimasta troppo a lungo nell’ombra (Garufi si è vista persino negare la “maternità” di Fuoco grande). Ora le braci di questa scrittura incendiaria sono state finalmente riattizzate: è il momento di lasciarsi stregare da queste parole brucianti e da un personaggio uno e trino, dalla “storta” Silvia.
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