Un caso speciale per la ghostwriter
- Autore: Alice Basso
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Garzanti
- Anno di pubblicazione: 2019
Ebbene sì, con "Un caso speciale per la ghostwriter" (Garzanti) siamo giunti al quinto episodio della serie ideata dalla scrittrice, redattrice e traduttrice Alice Basso. Un momento tanto atteso, quanto temuto, per via del fatto che è anche l’ultimo: molti dei suoi lettori soffriranno sicuramente il distacco da un personaggio – Silvana, “Vani”, Sarca – il cui carattere sembra declinare tutti i significati dell’aggettivo “originale”: strana, stramba, stravagante, eccentrica, ma anche singolare, autentica e, per rimanere in ambito letterario, “inedita”:
Fare la consulente del commissario Berganza è un lavoro che mi piace per usare un eufemismo. Affiancarlo nel fare interrogatori, ricostruzioni, analisi di scene del crimine: tutte cose che mi fanno rabbrividire di gioia le sinapsi. Purtroppo è solo il mio secondo lavoro, e pure abbastanza recente, arrivato per caso l’anno scorso e diventato la mia droga. La mia prima, vera, onnipresente professione, quella che svolgo da più di nove anni ma che per predisposizione naturale ho avuto nel sangue praticamente da sempre, è quella di ghostwriter. Chi è un ghostwriter? Uno che scrive libri che poi vengono firmati da altri. Succede davvero? Oh, eccome. Per molti più libri di quanti si possa immaginare. Ma è difficile, no? Sì, è un casino; a meno che tu non abbia un talento innato per entrare nella testa altrui, assorbire al volo il modo di esprimersi, la costruzione dei ragionamenti, e persino le competenze, perlomeno in una misura sufficiente a millantare bene.
Il suo innato talento ha fatto di lei una ghostwriter capacissima. Certo, ci sono alcuni svantaggi, come la mancanza di riconoscimenti, l’impossibilità di scegliere che cosa scrivere e uno stipendio da redattore. Ma c’è almeno un vantaggio: l’essere illicenziabile.
Ciò significa poter dire al proprio orrido capo che cosa si pensa di lui e dei suoi incarichi schifosi; significa poterlo prendere in giro per la sua aria da nevrosi in cravatta e per la sua testa sovradimensionata:
Significa per farla breve, che gli ultimi nove anni della mia vita si sono strutturati, imperniati, dipanati quasi totalmente attorno al pilastro di me che battibecco con quell’avido, ignorante, zerbino dei potenti, despota con i deboli, siderale stronzo di Enrico Fuschi.
Eppure Enrico Fuschi ha fatto una cosa impensabile per un tipo come lui: ha rinunciato a un affare milionario per fare un favore a Vani, per non distruggerle la vita. Con questa bella mossa, però, si è probabilmente giocato il suo lavoro. Ma Vani è preoccupata soprattutto perché con un gesto piuttosto teatrale è letteralmente uscito di scena: di punto in bianco, un pomeriggio, in maniche di camicia, senza portafogli, chiavi e telefono, ha imboccato la porta di casa sua e da quel momento nessuno sa più che fine abbia fatto.
Certo, avrebbe potuto vagabondare per la città in preda allo shock e poi tornare a citofonare al portiere o al vicino con le chiavi di riserva: ora sarebbe al sicuro, semplicemente preferisce non rispondere alle telefonate; oppure, nonostante il licenziamento, sta seguendo i suoi ultimi affari editoriali – è la settimana della Fiera del Libro di Londra… Ma quando anche Antonia, la “donna-ombra” di Enrico, la custode della sua agenda, del suo tempo e della sua sanità mentale, in preda alla paranoia, si dice preoccupata perché non riesce a contattare Enrico da una settimana, tutti sentono il dovere di fare qualcosa.
Se Vani cerca di abituarsi all’idea che Enrico potrebbe anche essere morto, Berganza sfrutta con discrezione le sue risorse di sbirro; Antonia si comporta come il personaggio di un romanzo di spionaggio; Olga, la stagista timida e senza alcuna garanzia, ma riconoscente per ciò che ha imparato lavorando alle Edizioni L’Erica, vorrebbe collaborare anche per tenersi il lavoro; Riccardo Randi, infine, uno degli scrittori di punta della casa editrice ed ex fidanzato di Vani, è ugualmente preoccupato per il suo “amico”, la cui sparizione lo ha lasciato solo.
Una delle poche cose che si possono fare in un caso come questo, in cui non ci sono telefoni o carte di credito da intercettare e si vuole mantenere un basso profilo, è presentarsi agli appuntamenti che la persona scomparsa aveva in programma.
Purtroppo, però, l’incontro fra Enrico Fuschi e un senatore, così come una cena a Londra che si ripete da anni il secondo sabato dopo la chiusura della Fiera del Libro, si rivelano un vicolo cieco: dello scomparso nessuna traccia.
Ciò che viene a delinearsi, invece, è il passato di Enrico, episodi importanti che ne hanno determinato il carattere e le scelte. Come quando, vent’anni prima, era un imbranato pronto a farsi rintronare dai discorsoni dalla prima pasionaria di turno, Elettra, borghese e contestatrice, che lo aveva convinto ad intraprendere un viaggio avventuroso ed eversivo in giro per l’Europa.
Anche il ritratto che esce dalle parole del padre non è molto lusinghiero:
Enrico è sempre stato tanto un bravo ragazzo. Caro. Gentile con sua madre. Però, eh. Io l’ho capito subito che non era come i suoi compagni di scuola. Loro erano tutti così svegli, tosti, sapevano quello che volevano e avevano le idee chiare. Lui: timido, sempre zitto, sempre a rimorchio. Non c’è niente di male, per carità. Noi gli abbiamo sempre voluto tanto bene lo stesso. Il mondo è bello perché è vario: ci sono quelli che fanno e disfano e ci sanno fare, e quelli un po’ bamboccioni che hanno bisogno dei loro tempi e che non puoi mica pretendere chissà che.
Con queste premesse, con questo fardello sulle spalle, come poteva Enrico Fuschi diventare una persona diversa, migliore rispetto all’adulto che abbiamo conosciuto, un tiranno, vuoto e insensibile, “un uomo fatto della stessa sostanza di cui sono fatti i registratori di cassa”?!
Dopo averlo trovato – sempre che non sia morto – occorrerà perciò restituire a Enrico, un pezzo alla volta, ciò che non ha mai avuto o che ha perso o che qualcuno gli ha distrutto.
Il piano, ambizioso, rischioso, visionario e tendente al folle, elaborato da Vani dopo aver trascorso ore, anzi giorni, sdraiata sul letto, dritta, le mani incrociate sul petto come una salma composta, lo sguardo fisso sul soffitto e l’espressione neutra, consiste in quattro punti: 1) dargli una nuova casa; 2) restituirgli una vita sentimentale; 3) ridargli i libri e 4) il suo lavoro.
Quel che è certo è che la Vani del Passato, per una serie di circostanze e di cambiamenti, ha lasciato il posto ad una persona che ha delle relazioni, dei legami; che sa che ci sono delle persone a cui lei tiene e che tengono a lei; che, soprattutto, ha capito che...
la cosa peggiore del tenere alle persone non è stare male a causa loro; è quando loro stanno male a causa tua.
E così l’ultima indagine di Vani Sarca, la più importante, porterà grandi novità – che non possiamo né vogliamo anticipare –, né mancano nel romanzo di Alice Basso esilaranti fuori programma, ovvero le impertinenti quanto acute incursioni nelle vite degli altri (come con Faccia di Cuoio, il tamarro che parcheggia occupando “il posto degli handicappati”, messo completamente a nudo nella "miglior seduta psicoanalitica" della sua vita).
Forse tutto questo riuscirà a confortare solo in parte il lettore, consapevole del fatto che:
Le cose cambiano.
Le storie finiscono.
Altre storie iniziano.
E ci vuole coraggio per affrontare tutto questo. Questo grande romanzo di avventura che è la vita. Che lo vogliamo o meno.
Ma è bellissimo.
Siamo sicuri che Vani Sarca mancherà un po’ anche alla sua autrice, ma non ci resta che confidare nelle nuove storie che Alice Basso vorrà scrivere: ne varrà sicuramente la pena.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Un caso speciale per la ghostwriter
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