Un dramma borghese
- Autore: Guido Morselli
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Adelphi
Prendete un romanzo di Guido Morselli e confrontatelo con qualsiasi best-seller di narrativa nazionale esposto oggi sul bancone di una libreria: per profondità di argomentazione, ricchezza espressiva e tenore stilistico c’è la stessa differenza che passa tra un capo di Burberry e uno acquistato al mercatino rionale sotto casa.
Eppure, Morselli lo conoscono in pochi.
In tutti i campi della vita, per avere successo, il talento può non bastare: occorre anche una briciola di fortuna, perché senza si arriva poco lontano. In Italia, soprattutto, è importante avere le conoscenze giuste. Il caso di questo scrittore, nato a Bologna nel 1912 e morto suicida nel 1973, di grande spessore letterario, dallo stile colto e raffinato, resta esemplare: Morselli, infatti, si è visto per anni chiudere le porte in faccia da varie case editrici, e soltanto dopo il suo gesto estremo gli è stato riconosciuto il merito dovuto. Dramma umano e beffa: narratore incompreso e snobbato da vivo, rinverdito da Adelphi e apprezzato da morto.
La trama di Un dramma borghese, pubblicato nel 1978, essenziale e scabrosa, vede un corrispondente in Germania di un importante giornale di Milano - tra le righe vien subito da pensare al Corriere della Sera -, cinquantenne e vedovo, riscoprire il rapporto con sua figlia di diciotto anni, Mimmina, cresciuta in un collegio dopo la morte della mamma.
Per tantissimi anni, i due si sono visti in poche occasioni: adesso, soggiornano insieme in due camere comunicanti di un albergo svizzero, alla fine degli anni Cinquanta, e hanno la possibilità di ricostruire quel contatto mancato per tanti anni tra padre e figlia.
L’amore della ragazza, però, ha qualcosa di morboso, innaturale, eccessivo, assillante, al limite dell’incesto, più muliebre che filiale nonostante le resistenze, talvolta brusche, del padre.
L’uomo cercherà di sottrarsi a questo patologico assedio affettivo attraverso una fugace relazione con l’amica e coetanea di sua figlia: Thèrése.
Il rapporto, alla fine, troverà sbocco in un epilogo drammatico, ma forse non del tutto inatteso.
Questa storia disagevole, imbarazzante, viene raccontata con un tono denso, ricercato, vellutato. Morselli ti scava dentro nell’intimo, ti spiazza, scuote le coscienze e i pudori del lettore. Il libro esige attenzione, sensibilità, e alla fine appaga anche i più esigenti cultori - e intenditori - della narrativa di alto profilo.
Un dramma borghese non raggiunge forse le vette di Dissipatio H.G. o de Il comunista, ma già da una prima lettura appare davvero incomprensibile l’oblio cui l’autore fu sistematicamente relegato, soprattutto da critica ed editori.
Morselli merita rispetto e doverosa considerazione come scrittore e intellettuale, uno degli ultimi, fra i contemporanei, degni di essere ricordato sulle antologie. Purtroppo, il livello qualitativo della nostra attuale letteratura si è abbassato - e non poco -, e non lo dice il sottoscritto, ma lo stesso Piero Citati con un passato articolo pubblicato sul Corsera. E’ probabile che siano scaduti anche i gusti letterari del pubblico, pronto a tributare onori e gloria ad autori oggi in gran voga che, ai tempi di Pavese, Levi, Calvino, Gadda, non sarebbero stati neppure presi in considerazione. E Morselli invece, nonostante i suoi libri pieni di contenuti narrativi, continuerà a rimanere per i più un emerito Carneade.
Un dramma borghese
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