Un giorno questo dolore ti sarà utile
- Autore: Peter Cameron
- Categoria: Narrativa Straniera
Peter Cameron non è riuscito a ricreare la magica atmosfera del suo precedente romanzo, "Quella sera dorata", tuttavia si riconosce in lui la stoffa del vero narratore.
Il protagonista di questo romanzo di formazione è James, un ragazzo nella caotica società newyorkese che non riesce ad adattarsi al clima che si respira in famiglia, né riesce a relazionarsi positivamente con il lavoro, con i suoi coetanei, con gli adulti: l’unica persona che sembra capirlo e accettarlo è la vecchia nonna, capace di dialogare davvero con lui e di avere una benefica influenza.
In cerca di identità familiare, sessuale, intellettuale, James passa attraverso numerosi episodi di ribellione che lo portano a diversi incontri, non sempre fruttuosi per la sua crescita. Ma il processo di iniziazione è ormai cominciato ed egli stesso capirà di non potersi sottrarre alla vita, che comunque deve essere, anche se dolorosamente, vissuta in pieno.
Dialoghi e ambienti ben costruiti, New York sempre fascinosa, personaggi non del tutto originali, ma il libro si legge molto piacevolmente: la citazione de "Il giovane Holden" di Salinger è d’obbligo, ma siamo ben lontani da quel capolavoro!
Un giorno questo dolore ti sarà utile
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James ha diciotto anni e vive a New York con sua madre e sua sorella. Lavora per il periodo estivo presso la galleria d’arte di sua madre.
E’ un ragazzo solitario, ama leggere libri e starsene da solo. Si definisce un ateo e un anarchico. Oltre alla lettura gli piace stare solo con John e con sua nonna Nanette, alla quale è legatissimo. E’ un estate particolare, quella raccontata, perché precede l’inzio dell’università che lui non vuole frequentare, dato che non ama stare con i suoi coetani. Ha un piccolo grande sogno, quello di spendere i soldi destinati allo studio, per comprare una casa nel Kansas e starsene da solo tutto il santo giorno magari a leggere Shakespeare e Trollope. I genitori sono molto preoccupati per il suo essere asociale e decidono di mandarlo da una psicologa. Ma avrà aiuto solo dall’amore e dalla comprensione di sua nonna, che con parole semplici gli sta vicino senza giudicarlo come fanno gli altri.
La letteratura americana è piena di romanzi che hanno come protagonisti adolescenti e Peter Cameron , riesce a dare vita a uno degli adolescenti più affascinanti, dopo Holden. E ci racconta di un mondo dove gli adulti sono troppo impegnati con il lavoro, con le storie sentimentali, con il consumismo sfrenato e James, che è un ragazzo sensibile, creativo, intelligente, con una innata capacità di osservare davvero le cose e le persone, con i suoi pensieri si ritrova sempre ad andare controcorrente e anche per questo viene considerato asociale o disadattato.
Libro consigliatomi da un caro amico e mi ha tenuto compagnia in un caldo pomeriggio d’estate. Letto tutto d’un fiato, piacevole dall’inzio alla fine. Con un titolo che non si scorda per quanto è sempliciemente e naturalmente bello.
“Sii forte e paziente; un giorno questo dolore ti sarà utile.”
Era il motto di una fantomatica e minacciosa scuola di vela a cui è stato inviato il giovane James Sveck. Una frase svelatrice di un’adolescenza complicata e imbrogliata.
E’ l’America, o meglio la New York del 2003. Peter Cameron ha scritto Un giorno questo dolore ti sarà utile (Adelphi, 2011) come un diario giornaliero, con dei flash back ed un salto in avanti finale. Sono passati due anni dalla catastrofe dell’11 settembre; il dolore ancora attanaglia tutti, in particolare i newyorkesi. Loro sono diversi, paurosi, modificati geneticamente, affrontano la vita imbrogliando e distruggendo relazioni umane ed incapaci a edificarne nuove. In pratica sono impazziti, diventati membri di un mondo attonito, con persone tutte allucinate ed irreali.
Esemplare è lo scontro/incontro fra James e la sua psicoterapeuta. E’ un dialogo inesistente. Cameron plasma la pazzia delle sedute basandosi su strutture di parole illimitate, con domande a cui si risponde con altre domande, ed altre ancora, ed altre ancora. Una paranoia infinita. Aggiungiamoci le sconvolgenti e agghiaccianti descrizioni dello studio; il quale non è come dovrebbe. Nessuno è quello che si crede di essere. Sono tutti prigionieri. Partecipano a questo gioco di società, avversi a ribaltare e sopprimere certi atteggiamenti ridicoli, incapaci di mutare. Il vero rivoluzionario è James: lui scappa, cerca l’impossibile, guarda la vita altrui attraversa la finestra. Cameron descrive il tutto con frasi circolari, senza fine. E’ il suo atteggiamento per raccontarci New York e i suoi nativi. Non si ferma qui. L’iconoclastia è armata di ironia sagace e pungente. Tutti vogliono essere politicamente corretti, e per riuscirci usano parole convenzionali ma false e maniere affettate ma insulse. La correttezza è tutta nell’apparenza, mentre la sostanza è nulla. I genitori, a turno, domandano al figlio se è gay. La risposta è implacabile: “Perché? E’ prevista una nuova detrazione sulle tasse?” (Pag. 37). Nel tentativo di adeguarsi si trasformano in grotteschi conformisti con effetti contrari e dannosi. I genitori si arrischiano nella domanda in una patetica buona fede, in realtà hanno un pensiero contrario: se non è normale ed è un disadatto deve essere per forza gay. Mentre loro rispettano l’etichetta del politicamente corretto, nasce la scorrettezza. Per la loro mentalità tutto e tutti devono essere uguale, non importa se patetici, e chi è diverso, come James, è un escluso ed un emarginato.
Cameron è fulminante contro i comportamenti conformisti di una America Obamiana. Sono le dichiarazioni più forti. James vince un premio per aver scritto un tema in cui auspicava le donne al potere senza crederci. Ma poiché tutti si aspettano banalità è giudicato vincente. E’ un circolo – un altro – vizioso senza fine. Tutti i luoghi comuni sono stritolati nelle mani dello scrittore. Picchia in maniera apparentemente leggera, ma i suoi colpi sono dolorosi e dissacratori, aiutato da un linguaggio divertente. Pone le parole e poi le gira; si arresta dolcemente nelle riflessioni personali di James, per poi riprendere velocità con dialoghi fulminanti. Le frasi certe diventano incerte, successivamente riprendono la stessa direzione senza finire mai. Come il linguaggio anche i personaggi hanno lo stesso stile; James ruota, si ferma, riflette, ascolta la nonna e poi risponde al telefono salvando la sua giovinezza. La sua malattia ha un nome preciso: adolescenza. Non è il solo ammalato. Tutti gli adolescenti lo sono. Alcuni si drogano, altri divengono presidente del fondo monetario, altri ancora partecipano al Grande Fratello; mentre James vuole solo leggere in solitudine in una casa vecchio stile dell’Indiana. La sua sofferenza non finirà, ma potrà acquisire la consapevolezza e i benefici di un esperienza dolorosa. La gioventù è dolore, esserlo a New York dopo l’11 settembre lo è ancora di più. Non c’è una medicina, solo il tempo potrebbe trasformarlo in utilità.
“Ho solo diciotto anni. Come faccio a sapere cosa vorrò nella vita? Come faccio a sapere che cosa mi servirà?” (Pag. 206)
"Nessuno è quello che si crede di essere. Sono tutti prigionieri." Cameron riesce con una leggerezza straordinaria a raccontare il disagio e il dolore di chi intercetta il proprio sè e di chi si rifiuta di farlo. Ha il coraggio e il merito di disegnare personaggi in crisi con sè stessi, che spesso cercano false soluzioni. Non prevede vincenti. Solo chi accetta la dinamicità continua dell’esperienza di "vivere" può godere del privilegio della creatività e rielaborare il buio del dolore nella bellezza della "vitalità" che non significa essere sani. Significa essere vivi. Grazie Cameron.
cinzia leone
Il dolore che nella vita dobbiamo affrontare, naturalmente varia da persona a persona. James, nel rapportarsi con gli altri, è addirittura commovente. Sa di essere gay, ma sa anche che non riuscirà ad avere un vero e proprio rapporto con nessuno perchè il contatto con gli altri lo terrorizza. Le solo persone con cui lui sta bene sono John, collega di lavoro e Nanette, la nonna materna. Frequenta anche uno psichiatra a cui riesce a raccontare alcune cose di se stesso, ma con cui ha spesso delle discussioni.
E’ molto interessante il carattere di questo personaggio e mi ha intrigato molto anche il suo modo di esprimersi.