La luce bianca dei cuori danzanti di Asia Vaudo

Il suono che fa l’incarto di una caramella quando la stropicci.
I capelli ricci.
Il blu.
Le guance di Lisa.
E i giganti del cielo, che fanno man bassa dei fiumi di parole che scorrono sulla terra per irrigare le nuvole e far piovere sogni.

“La luce bianca dei cuori danzanti”, seconda opera della giovane scrittrice Asia Vaudo, è un viaggio di ricerca. Dopo una prima fase di frastornamento, proseguendo nella lettura, il lettore riscopre qualcosa che in realtà non aveva mai perduto, semmai aveva relegato in qualche angolo remoto della sua mente: la capacità di colorare i muri bianchi, di scrutare diritto nell’essenza delle persone, spogliandole da ogni orpello, da ogni maschera, tanto che la nudità stessa perde di significato.

Dana, la protagonista del romanzo, è viva tra una schiera di fantasmi grigi, di uomini e donne privi della sua capacità di vedere, del suo “tormento”. Buffo che a passare per fantasma sia invece lei...
Più che un romanzo, “La luce bianca dei cuori danzanti” è un vocabolario colmo di bellezza. La bellezza di Dana, che in fondo è anche la nostra, se solo avessimo la capacità e la volontà di soffermarci sulla realtà visibile e su quella, solo all’apparenza, invisibile.
Demiurgo di parole, che Dana tesse inconsapevolmente durante la narrazione, creando intorno a sé una fitta rete di fantasmi tra i vivi, o di vivi tra i fantasmi, all’inseguimento del suo attimo di luce, della “luce bianca”, appunto, che fa danzare i cuori.
Un libro ispirato quello di Asia Vaudo, e che altri ispirerà sicuramente, nella sua freschezza narrativa, nel suo essere così straordinariamente colmo di percezioni.