Oh William!
- Autore: Elizabeth Strout
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2022
L’ultimo libro di Elizabeth Strout fa parte del filone inaugurato con Mi chiamo Lucy Barton e proseguito con Tutto è possibile. Con Oh William! (Einaudi, 2022, trad. S. Basso), l’autrice di opere che hanno avuto uno straordinario successo di critica e di pubblico (basti ricordare I ragazzi Burgess, Olive Kitteridge ‒ premiato con il Pulitzer ‒ e Resta con me) racconta un altro pezzo (un pezzo importante) della storia di Lucy Barton, la scrittrice protagonista di precedenti romanzi, al centro dei quali erano i difficili, complessi rapporti con la madre e la famiglia d’origine.
Stavolta, Lucy è alle prese con il suo ex marito: William, appunto. Nell’incipit, Strout va subito al dunque e ci presenta il coprotagonista della storia, chiarendo qual è il particolare momento esistenziale che Lucy sta attraversando:
"Vorrei dire alcune cose sul mio primo marito, William. William ha avuto molte tristezze – è successo a tanti di noi, ma vorrei ricordarle lo stesso, lo sento quasi come un dovere; oggi William ha settantun anni. Il mio secondo marito, David, è morto l’anno scorso, e il dolore per lui mi ha fatto provare dolore anche per William. Il dolore è così – oh, fa sentire talmente soli; è questo che lo rende terribile, secondo me. È come scivolare giù per la facciata di un lunghissimo palazzo di vetro mentre nessuno ti vede".
I temi fondamentali sono subito individuati: la vecchiaia, la perdita di una persona amata, l’elaborazione sempre complicata del lutto, che risveglia il dolore provato nei lutti precedenti.
Il matrimonio di Lucy e William è durato vent’anni; sono nate due figlie e, dopo il divorzio, i due ex coniugi sono arrivati ad avere un rapporto sereno. Talmente sereno che William ‒ il quale dopo la fine del matrimonio con Lucy si è sposato altre due volte e ha avuto un’altra figlia ‒ è stata la prima persona che Lucy ha chiamato quando il suo secondo marito, l’amatissimo David, si è ammalato. Ed è Lucy che funge da zattera per il William settantunenne lasciato dalla terza e assai più giovane moglie, Estelle: a Lucy William chiede infatti di accompagnarlo nel Maine, dove ha scoperto di avere una sorellastra.
Il ritorno alle radici, i sentimenti positivi e negativi che si provano per le persone con le quali si ha un’intimità profonda, il raggiungimento, durante la maturità, di una visione compassionevole degli altri esseri umani: su questo Lucy riflette, raccontandoci un’America sulla quale posa uno sguardo lucido e affettuoso.
Nelle ultime righe, l’autrice ci mette di fronte al mistero che ciascuno di noi è per se stesso e per gli altri:
“E poi ho pensato: oh William!
Ma quando penso Oh William!, non voglio dire anche Oh Lucy!? Non voglio dire Oh Tutti Quanti, Oh Ciascun Individuo di questo vasto mondo, visto che non ne conosciamo nessuno, a partire da noi stessi? Tranne forse un pochino, un minimo sì. Però siamo tutti misteriose costellazioni di miti. Siamo tutti un mistero, ecco che cosa voglio dire. Potrebbe essere l’unica cosa al mondo che so per certo”.
E, sembra dirci Elizabeth Strout, in questa mancanza di risposte certe, e nel nostro incessante porci domande, è l’essenza stessa della vita.
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