Che fare, dunque?
- Autore: Lev Nikolaevič Tolstoj
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Fazi
- Anno di pubblicazione: 2017
“Che fare, dunque?”, tradotto da Flavia Sigona, edito dalla casa editrice Fazi, esce nel febbraio 2017 nelle librerie italiane. Si tratta di un saggio del grande, grandissimo Lev Nicolaevič Tolstoj che, al tempo in cui scrive quest’opera, ha già raggiunto fama e ricchezze attraverso i suoi capolavori “Guerra e Pace” e “Anna Karenina”. Il saggio verte su problemi economico-sociali, sulla capacità di vedere le diseguaglianze tra uomini da parte dell’autore e sulla riflessione su come ad esse tentare di porre rimedio.
Tolstoj, durante un suo viaggio a Mosca, viene tanto colpito dalla povertà urbana che, seppur altrettanto degradante e macilenta, è in parte dissimile e più toccante rispetto a quella delle famiglie che vivono in campagna.
“Un giorno, mentre camminavo lungo il vicolo Afanas’evskij, vidi una guardia che caricava su una carrozza un uomo tutto cencioso e gonfio; domandai: «Cosa ha fatto?» Il poliziotto rispose «Chiedeva l’elemosina» «Perché, è vietato?» «A quanto pare, sì» replicò quello”
Ecco uno fra gli innumerevoli casi di povertà in cui si imbatte l’autore: ciò lo scuote profondamente e da lì nasce il tentativo “di fare”, di cambiare almeno qualcosa. Per prima cosa ha luogo un’attenta osservazione dell’indigenza:
“Di poveri a Mosca ce n’è di tutti i tipi: alcuni si adagiano sulla propria miseria, altri lo sono diventati una volta arrivati in città, dove sono finiti in ristrettezze: tra di loro spesso ci sono dei semplici contadini che magari, in seguito a una malattia e alla successiva dimissione dall’ospedale si sono ritrovati senza mezzi di sostentamento, né la possibilità di tornare al villaggio. Altri hanno anche problemi con l’alcol; altri ancora sono vecchi, altri sono povere madri con figli…”
Riflessioni e pensieri carichi d’amarezza s’alternano nelle varie pagine. Freddo, sporcizia, fame: tutte condizioni degradanti con cui viene a contatto l’autore mano a mano che il suo interesse e le sue ricerche aumentano. Ora questi è colpito anche ogni volta in cui torna a casa: è a disagio nel salire le scale rivestite da una passatoia, camminare sui suoi costosi tappeti, desinare con cinque portate servito da camerieri in frac, giacca e guanti bianchi. Scosso dalle immagini viste nelle strade, nei dormitori, l’autore, che nel frattempo collabora ad un censimento proprio nelle zone più povere della città, si adopera per individuare chi è più bisognoso per poi aiutarlo.
“…in quella situazione , mi dicevo, il colpevole non ero io con la mia esistenza dorata, ma la vita stessa: se anche non avessi mutato comportamento, non avrei potuto porre riparo al male di cui ero spettatore. Pertanto la mia missione non doveva essere il cambiamento della mia condotta di vita, ma un contributo, per quanto mi era possibile, al miglioramento delle condizioni in cui versavano gli infelici. Cominciai così ad architettare un piano di opere caritatevoli, sebbene nel mio intimo sapessi che non stavo centrando il problema”
Questo è l’inizio di una profonda esperienza che l’autore fa tra i più poveri, i reietti e, se inizialmente, si prefigge di sanare tanti problemi con la donazione di rubli ai bisognosi, deve poi cambiare radicalmente idea. L’autore accomuna al suo intento tanti persone più che benestanti, pubblica articoli, si espone personalmente ma i risultati saranno deludenti. L’intero saggio è un vero percorso di vita di Lev Tolstoj, il quale, con dispiacere, si rende conto che per un ricco è arduo donare anche pochi rubli (chi ha vorrebbe sempre di più) e i poveri non possono mutar vita con una piccola cifra che consenta loro di sfamarsi e comprarsi qualche abito più caldo. No, i miseri, gli oppressi sono innanzitutto persone e, più di quanto si possa immaginare, simili ai ricchi; certo loro soffrono fame e freddo ma hanno tanti altri sentimenti comuni all’intera umanità poiché si arrabbiano, si annoiano, si intristiscono, si innamorano come tutti gli altri esseri del mondo. Queste persone non hanno bisogno di un singolo aiuto materiale, bensì di ben altro. Sono indispensabili cambiamenti più profondi nei vari strati sociali e tutto ciò è oltremodo difficile, quasi utopico anche perché, ad ogni lettore apparirà chiaro, è impossibile tanta comunanza di intenti.
Da un pensiero in accordo con gli insegnamenti della Chiesa Ortodossa abbracciati con la sua conversione dopo aver scritto “Anna Karenina”, Tolstoj, attraverso profonde e amare riflessioni, giunge ad un’idea diversa, vicina all’anarchia. Parla in questo modo di denaro, di tasse, di tributi
“Si può ridurre un uomo in schiavitù obbligandolo a fare ciò che considera male per sé ma non lo si può costringere a ritenersi libero e credere che il male che sopporta costituisca un bene per lui... Il governo, cioè gli uomini armati e prepotenti, decide cosa prendere a coloro sui quali esercita la propria violenza. Stabilisce quanta manodopera gli occorre, di quanti aiutanti ha bisogno per gestirla e li organizza in qualità di soldati, possidenti ed esattori delle imposte . Gli schiavi si sottomettono e al tempo stesso credono… Coloro che esercitano violenza su altri assicurano loro che ciò è necessario allo Stato; dunque i violenti sottopongono gli altri a violenze e sacrifici per la loro libertà e il loro bene”
e ancora
“Ho capito che l’infelicità umana deriva dalla schiavitù in cui alcuni individui costringono gli altri e che la schiavitù della nostra epoca è prodotta dalla violenza degli eserciti, dall’usurpazione delle terre e dalla riscossione forzata del denaro”
“Che fare, dunque?” si ripete più e più volte l’autore e i suoi pensieri finali sono ben dissimili da quanto asseriva all’inizio. Tolstoj fa scelte di vita diametralmente opposte rispetto al suo modus vivendi precedente con un coraggio a dir poco ammirevole.
Il saggio si rivela più che mai attuale: in un’epoca come la nostra, in cui il divario tra ricchezza e povertà si fa sempre più grande, in cui tasse e pagamenti tolgono il respiro a qualunque buon cittadino, in cui, nuovamente, milioni di persone anche nelle società evolute ed industrializzate vivono con un reddito così basso da esser definito “al di sotto della soglia di povertà”, la lettura di Tolstoj si rivela più che mai attuale, anzi il libro dovrebbe passare attraverso lo sguardo attento se non di tutti almeno di molti poiché induce alla riflessione, alla presa di coscienza e forse anche a qualche cambiamento, si spera, in positivo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Che fare, dunque?
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