Country Girl. Un’autobiografia
- Autore: Edna O’Brien
- Casa editrice: Elliot
- Anno di pubblicazione: 2013
News - Edna O’Brien parteciperà sabato 7 dicembre al programma di Fabio Fazio, Che tempo che fa. La scrittrice presenterà Country Girl a Roma domenica 8 dicembre a Più libri Più Liberi (5–8 dicembre) presso la Sala Diamante del Palazzo dei Congressi dell’Eur, ore 18:00. Dialogherà con l’autrice Elena Stancanelli, con letture di Valeria Milillo.
“L’aroma antico, portatore di ricordi” del pane infornato, che in quel giorno di agosto si spandeva nell’abitazione di Edna O’Brien, scatenò nella grande scrittrice irlandese (autrice di oltre trenta opere tra romanzi, raccolte di racconti, poesie, biografie e scritti per il teatro), il desiderio di scrivere le sue memorie.
“Nel mio settantottesimo anno di vita, mi sedetti e incominciai a scrivere l’autobiografia che avevo giurato di non scrivere mai”.
Se è vero che “ogni libro che sia valido deve essere per certi versi autobiografico, perché non si possono né si devono fabbricare le emozioni”, la narrazione di questo efficace memoir ha inizio in Irlanda a Tuamgraney il 15 dicembre del 1930, data di nascita dell’autrice. “Ero una bambina bruttissima” dichiara con sconcertante ironia la scrittrice che viene al mondo nella casa paterna a Drewsboro “un autentico luogo sacro”, talmente brutta che la madre quando i vicini erano venuti a fare gli auguri, l’aveva nascosta sotto la coperta,. Mentre Edna nasceva, suo padre e suo fratello Jack al piano di sotto bevevano per farsi coraggio, tant’è vero che quando la lieta novella fu comunicata a loro, entrambi salirono le scale barcollando. Sono solo i primi aneddoti, dicerie ed episodi emblematici che hanno
“riempito la tela dei miei primi anni di vita, a un tempo bellissimi e spaventosi, teneri e selvaggi”.
Accanto a Drewsboro, un’abitazione enorme costruita con arenaria dorata vi erano le rovine della vecchia villa abitata da fantasmi, luogo fatiscente fonte d’ispirazione per la piccola Edna che già da ragazzina “per la mia balorda ambizione di voler diventare scrittrice” studiava la natura e il paesaggio pensando di inviare qualche pezzo al settimanale locale.
“Attribuisco la mia duplice e contraddittoria personalità a quei nonni così antitetici: da un lato una nobildonna, dall’altro un contadino”.
La protagonista nel frattempo cresceva “mi piaceva stare all’aria aperta, nei prati che sfociavano in altri prati”, in un Paese abitato da un popolo bellicoso dove le ferite della Storia erano ancora aperte e vive, come figure di un mazzo di carte gettate sul tavolo. La famiglia O’Brien era spesso indebitata, infatti, il motto della madre della scrittrice era
“i soldi parlano ma, quant’è vero Iddio, i miei dicono solo addio”.
In compenso Drewsboro era piena di libri di preghiere, breviari, ma il primo libro che la scrittrice ricorda di aver tenuto in mano “era fatto di stoffa con le figure” dove
“le lettere alte e colorate, erano come le colonne dipinte di una casa che non sarebbe mai crollata”.
In Country Girl (titolo originale del volume: Country Girl. A Memoir, Elliot, 2013, traduzione di Cosetta Cavallante) dedicato “Ai miei figli guerrieri Carlo e Sasha Gébler”, la O’Brien delinea più di un’epoca attraverso il racconto degli episodi più salienti della propria temeraria e volitiva esperienza di vita. Una donna antesignana e coraggiosa, anzi un’ex ragazza di campagna, parafrasando il titolo del suo romanzo più famoso Ragazze di campagna pubblicato nel 1960 manifesto di più generazioni femminili, ritenuto talmente scandaloso da essere messo al bando nella cattolicissima Irlanda del 1960. “... mi ero fatta strada nella vita...”. Quel romanzo redatto a Londra in tre settimane su piccoli quaderni si era scritto da solo, Edna si considerava solo una messaggera, piangendo e narrando scaturivano sulla carta “sentimenti che non sospettavo nemmeno di avere”. Cinquant’anni dopo quel fortunato esordio, la scrittrice ripercorre la sua esaltante parabola: la triste esperienza in convento “fortezza di arenaria” che ospitava oltre alle monache del chiostro, converse, orfane di padre e pensionanti come Edna “piccole reclute del paradiso” e il primo lavoro durato quattro anni nella farmacia di Cabra road in una Dublino ancora ingenua alle soglie degli anni Cinquanta.
“Sentivo di essere sull’orlo di una coraggiosa emancipazione”.
La fuga d’amore con un uomo sposato, lo scrittore Ernest Gébler, che sarebbe diventato suo marito e dal quale divorziò dopo una lunga battaglia per l’affidamento dei due figli. Gli anni della maternità da single nel quartiere di Chelsea, le feste della swinging London “nella chimera dei favolosi anni Sessanta”. Le amicizie con personaggi come Philip Roth, Gore Vidal, Harold Pinter, Norman Mailer, Roger Vadim, Jane Fonda, Paul McCarthy, Judy Garland, Marlon Brando, Richard Burton “recitò Shakespeare per me”, Robert Mitchum, Sean Connery, Paul McCartney, la principessa Margaret d’Inghilterra, ecc... “Non riesco ancora a capire come abbia fatto io a conoscere quella gente”. La vita a New York e l’incontro con Jackie Kennedy Onassis “... viveva la vita protetta da un velo e quando se ne andò, la sua polvere di stelle era ancora intatta”. Quando Marlon Brando al termine di una passeggiata in Grosvenor Square chiese inaspettatamente a Edna O’Brien:
“Sei una grande scrittrice?”
l’autrice, la quale nel corso della sua carriera ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti, tra cui la prestigiosa James Joyce Ulysses Medal, ed è membro onorario dell’American Academy of Arts and Letters, rispose semplicemente:
“Voglio diventarlo”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Country Girl. Un’autobiografia
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