Dopo il funerale: Novembre 1975
- Autore: Gaetano Barreca
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2016
Odori e tradizioni. Chiacchiere casalinghe e curiosità. Famiglia e affetti. Legami che uniscono l’amore per la terra natìa e l’amicizia tra due ragazzi della Bari degli anni Settanta. Il protagonista di “Dopo il funerale: Novembre 1975” scritto da Gaetano Barreca (2016) si chiama Luigi ed è ritornato da Roma dove ha vinto una borsa di addestramento didattico e scientifico all’università. Rientra a Bari e la ritrova esattamente come l’aveva lasciata; con i suoi rumori, con le sue abitudini e con la bellezza popolare che procurava al protagonista una bramosia di ritornare a far parte di quel mondo, che racchiudeva la sua infanzia.
Luigi ritrova il suo amico Nicola, compagno di avventure e disavventure che lo caratterizzano come un delinquente poiché aveva partecipato ad un sequestro di persona di un avvocato. Nicola era un criminale ma Luigi gli era talmente affezionato che non vedeva l’ora di vederlo.
“Fuggirono in macchina, sorridendo complici. Nicola e Luigi non avevano bisogno di parlare di ricordi per riviversi, perché ogni volta che si incontravano la loro vita continuava, iniziando da quel momento. Era un rapporto naturale, che non richiedeva alcuno sforzo. Standogli vicino Luigi sentiva meno il peso delle zavorre di problemi accumulati. A dieci centimetri o a cinquecento chilometri, lui lo sentiva presente. Era sicuramente quello il compito del migliore amico, quello di viverti e viversi a dispetto dei silenzi del tempo che passava.
Osservando Nicola rivedeva una versione di se stesso sepolta, ma presente, e rifletté sulla differenza tra i concetti di “amico” e “migliore amico”. Quella notte era tutta per loro, senza inibizioni, gioia allo stato puro, Luigi e Nicola erano finalmente insieme”.
Lo stile di Gaetano Barreca è lineare e descrittivo e rispecchia in maniera semplice ma realistica, l’epoca degli ideali che avevano caratterizzato gli anni Settanta. Le riflessioni sui grandi temi dell’esistenza e lo spirito di cambiamento si avvertono con vivida chiarezza e, attraverso i riferimenti a personaggi storici quali Pasolini, Berlinguer e Aldo Moro, si riesce a scorgere tra le righe, un viscerale interesse per i fatti del periodo in cui è narrata la storia.
Un finale forse meno lieto del previsto che, tuttavia, conferma la forza di un legame nobile quale l’amicizia di due ragazzi, fino alla fine della loro esistenza.
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Così eravamo, a Bari , nel 1975
Vestivamo pantaloni a zampa d’elefante e fumavamo, per sentirci più grandi, ma solo sigarette, sebbene non necessariamente del Monopolio. Di tabacco, comunque, fumo convenzionale, ma tanto, di brutto, da riempire le stanze. Ascoltavamo dischi in vinile e radio a transistor, ce lo ricorda Gaetano Barreca, in un libro che attende ancora l’editore italiano che meriterebbe: “Dopo il funerale”, giugno 2016, made in Usa, Charleston, 294 pagine.
Enfant du pais all’estero per lavoro, Gaetano è uno scrittore vero, c’è poco da negare, un narratore di buona vena e un acuto osservatore di persone, comportamenti, tic, atteggiamenti, dotato di grandissima memoria. In più, dev’essere un mago o quanto meno ha scoperto come viaggiare nel tempo, perché ancora non trova risposta la domanda che sorge spontanea, come direbbe Antonio Lubrano: ma se Barreca è nato solo nel 1979, come ha fatto a rappresentare così fedelmente la realtà minuta di tutti i giorni a metà degli anni Settanta?
Passino i fatti, che nell’era di Internet si possono apprendere anche senza compulsare libri e giornali. Escludiamo anche le persone, visto che emotività e caratteri alla fine tendono a restare grosso modo gli stessi nel tempo. Ma come ha fatto a riproporre con tanta correttezza, nel dettaglio e nei particolari, le abitudini, le battute, l’intercalare nel linguaggio comune, il modo di agire, di pensare, di vestire, le situazioni di allora e mai più?
Con una precisione stupefacente, descrive noi e i nostri giorni di allora, come se li avesse vissuti. Nelle immagini d’epoca, sembrano anni in bianco e nero, ma erano a colori, garantito.
Tutto si sviluppa in tre giorni, nel 1975, a Bari. Tre soli giorni, a cominciare da una domenica di novembre. Nelle famiglie si tira avanti, con meno benessere ma qualche pensiero in meno rispetto ad oggi. Dagli appartamenti esce profumo di ragù e nei vasi sui balconi sono coltivate piantine di basilico, pare che l’odore tenga lontane le zanzare. Così dicono.
Giornata di festeggiamenti a casa di Luigi. Si è appena laureato in filosofia, a Roma e la mamma sta preparando un pranzo in grande, dodici commensali, un chilo e mezzo di orecchiette fresche al sugo, anzi due, per i bis. Papà Piero è passato dai pescivendoli che la domenica si riuniscono in un angolo del porticciolo vecchio. Ha comprato gli “allievi”, i polipetti giovani immancabili sulle tavole domenicali baresi, da consumare a pezzetti, rigorosamente crudi, ci mancherebbe!
Una domenica in un condominio affollato, in un quartiere popolare ma del centro, con la partita “della Bari” che incombe, a minacciare la quiete della festa familiare per via del prevedibile tifo rumoroso che sta per “accendersi” dalle 14,30, per quasi due ore, sulle frequenze di Bari Radio Uno, emittente privata in FM, allora clandestina per le autorità. Radio libera, ma radiocronaca abusiva, irradiata da un’altrettanto abusiva antenna co-lineare sui 102 megahertz. La squadra è impegnata in una trasferta difficile: lo stadio di Reggio Calabria è sempre inospitale per i biancorossi.
Luigi, ce l’hai la fidanzata? Nonna, no, non ce l’ho la ragazza. Bugia, a Roma c’è Iannaredde. Tra equivoci, battibecchi e tante chiacchiere tra i commensali, il pranzo per la laurea “con lode” - mamma Assunta tiene a precisarlo in continuazione – arriva al termine e l’uscita di scena degli ospiti chiude la prima parte del romanzo, come in una commedia di De Filippo.
La seconda ha per protagonista soprattutto Nicola, un bel giovanotto, amore di mamma sua, che fa un brutto lavoro. Commercia auto rubate. È una Bari di malavita quella che viene raccontata, sempre con autenticità ed efficacia. Una criminalità che incrocia la società cittadina, perché nel 1975 la città aveva tante anime. C’era quella dei giovani rivoluzionari in eskimo, quella della cultura e dell’impegno, quella di un’università che cresceva. E c’erano la Bari bene che faceva gli affari suoi, come sempre e una serie di clan vecchio stile che stavano cominciando ad annusare aria nuova, sebbene si limitassero ancora al contrabbando di sigarette.
In mare, le motovedette della Finanza inseguivano gli scafi blu notte, ma nelle strade, ad ogni angolo, ometti truci o trasandati ostentavano stecche di Marlboro e Muratti: tre pacchetti mille lire.
Bari era così, se vi pare, in tutti i particolari, raccontati dall’ottimo Barreca.
È nato a Reggio Calabria nel 1979 e vive a Londra, dove insegna lingua e cultura italiana, Brexit permettendo. Laureato in Storia dell’Arte e Archeologia a Perugia, è illustratore e scrive poesie, favole e opere di narrativa introspettiva. Ha pubblicato racconti e romanzi (“Martini Bias Crime”, Boopen, 2010, “Inquietudini di Cera”, Lulu, 2011) e contribuito alla realizzazione del libro illustrato “La Vita è una Cosa Meravigliosa” (Mondadori, 2009).