Gli anni del nostro incanto
- Autore: Giuseppe Lupo
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2017
“Gli anni del nostro incanto” (Marsilio, 2017) del docente, scrittore e saggista Giuseppe Lupo, è il racconto di una famiglia nell’Italia del 1960, quella spensierata del miracolo economico.
“I fiori nel portapacchi papà li aveva regalati a mamma un mattino di aprile, per l’anniversario delle nozze. Aveva appena smesso di piovere, ma le strade erano asciutte, tanto che nella foto, dove ci siamo tutti, non si vedono pozzanghere. Io sono quella che mia madre stringe al petto”.
Milano luglio 1982. In un ospedale Vittoria si trovava al capezzale della madre la quale aveva perso la memoria. “Soggetto amnesico post trauma”, era stata la diagnosi dei medici, i quali in verità cercavano ancora di capire con più precisione. Vittoria cercava di stimolare la memoria della madre parlandole, perché
“solo i ricordi alimentano altri ricordi”.
Soltanto una fotografia aveva catturato l’attenzione della paziente
“Varda te il mio Louis... Varda te il mio piccolo Indiano... Varda te che gambe!”.
La donna non aveva avuto bisogno che qualcuno le indicasse chi erano le persone nel “rettangolo di carta in bianco e nero”. Una foto “Bibbia del tempo”, scattata all’insaputa dei protagonisti. Una famiglia composta dal padre Louis, operaio emigrato dal Sud dell’Italia negli anni Cinquanta,
“per essere all’altezza degli anni alti”
la moglie parrucchiera di origine veneta, il piccolo Bartolomeo di sei anni, chiamato Indiano e Vittoria, di circa un anno, tenuta in braccio dalla mamma, si trovavano sulla Vespa di Louis direzione Piazza Duomo. Il papà era in giacca e cravatta e la graziosa mamma, dal busto rigido, aveva la sua pettinatura preferita: un morbido toupet con qualche ciuffo ribelle. La famiglia, proveniente dalla periferia cittadina, sembrava andasse incontro con lo scooter verso una vita “sbarluscenta”, come la definiva la mamma, ovvero
“l’epoca luminosa che tutti noi attraversiamo quando ci sentiamo il mondo in tasca”.
Quel giorno era il decimo anniversario del loro matrimonio da festeggiare a un tavolino del Bar Motta. Ora, dopo circa vent’anni, la paziente era convinta che la sua Vittoria fosse ferma all’età che aveva nella fotografia: dieci mesi o poco più. Per questa ragione i medici avevano invitato la narratrice Vittoria a parlare, a raccontare
“la nostra vita ad alta voce”
mentre la radio e la televisione mandavano in onda le gesta degli Azzurri nei Mondiali di Spagna del 1982.
“Io penso che la memoria sia l’identità di una persona, di una famiglia, di una nazione. E gli anni che racconto, i Sessanta, appartengono all’identità di un popolo, quello italiano, che allora ha potuto godere delle ricchezze conquistate, del benessere e, soprattutto, aveva una speranza di futuro. Noi invece abbiamo rimosso quello spirito dell’incanto che animava le persone allora”
ha dichiarato in una recente intervista Giuseppe Lupo, lucano, insegnante di Letteratura italiana contemporanea dell’Università Cattolica di Milano e Brescia.
“Ho trovato quell’immagine sul Corriere della Sera molti anni fa, l’ho conservata perché mi aveva molto colpito l’ingenuità dei quattro protagonisti della foto. Così quando ho pensato di scrivere una storia su quegli anni, sono andato a riprenderla”.
Dagli anni del boom economico e della nascente grande industria, passando attraverso il Sessantotto della contestazione giovanile, fino ai violenti anni di piombo, quando l’incanto sembra finire, il lettore s’immerge nella recente storia italiana per comprendere come eravamo e come siamo diventati. Facile immedesimarsi nei protagonisti che rappresentano due generazioni a confronto: i genitori che avevano conosciuto e vissuto la povertà e cercavano il riscatto sociale e i figli che crescevano in un Paese che stava raggiungendo il benessere e l’abbondanza. Sullo sfondo la città di Milano, specchio del bene e del male dell’epoca con le sue luci e le sue ombre, al quale il bravo Giuseppe Lupo dedica il suggestivo “Gli anni del nostro incanto”
“A Milano, all’alfabeto delle sue periferie, all’incanto delle sue luci”.
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