I cani del nulla
- Autore: Emanuele Trevi
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2021
“È long-seller l’autore che fa un giro in pista, nessuno gli fa caso, e dopo trenta, quarant’anni fa un secondo giro, e tutti lo guardano con il fiato sospeso”; i best-seller sono soltanto “fulminei ectoplasmi senza un passato”, diceva Giorgio Manganelli, scrittore, critico e abile recensore, tra i più grandi del Novecento. Dopo aver letto I cani del nulla, di Emanuele Trevi, penso che potrebbe essere anche il caso di questo libro. Pubblicato nel 2003, è diventato un cult nel tempo e dopo quasi vent’anni Einaudi ne regala una nuova edizione, identica nel contenuto, ai nuovi lettori e ai veterani di Trevi.
L’anno corrente ricongiunge quindi l’ultima esperienza letteraria dello scrittore, il Due vite premiato con un più che meritato Strega, e la sua prima sortita. È stato piacevole ritrovare nelle due opere, seppur scritte a una notevole distanza di anni, una continuità nel pensiero dell’autore sull’esistenza, nella ricerca di un senso profondo alla natura umana, nell’amore per la filosofia. La storia de I cani del nulla parte da una poesia di D’Annunzio scritta nel 1935, destinata al cimitero dei suoi cani progettato nei giardini del Vittoriale e scoperta e pubblicata solo molti anni dopo. Il nulla è l’uomo “stupido e impudico”, e Trevi medita su questa natura davanti a Gina “l’avanzo di canile municipale” con cui vive assieme e sua moglie, in un improbabile terzetto, cui si aggiunge una coppia di uccellini sgangherati, Totò e Peppina.
In questo libro, tutto è al tempo stesso sacro, come l’esistenza, e profano, come l’uomo. I passaggi più poetici nascondono tratti grotteschi, proprio per dare un senso comico alla cosa più seria del mondo: la vita. Ma è la vita stessa che è bifronte: nel suo lato più duro nasconde quello più leggero. Così leggiamo i lunghi passi poetici da cui emerge forte e delicata la concezione filosofica che Trevi ha dell’esistenza, esitare in frasi ironiche che hanno l’effetto di una doccia fredda.
leggi anche
Intervista a Emanuele Trevi: “Lo scrittore non è un mago, ma si serve del potere dell’inconscio”
Il modo realistico e drammaticamente dolce di “sentire” il Tempo che scorre via, altra costante tematica dell’autore che innalza il lettore portandolo a evocare i contenuti più aulici del suo pensiero, si contrappone, in un contrasto vivido con immagini semplici dell’ambiente casalingo, simbolo di quotidianità in cui scorre la maggior parte dell’esistenza di tutti noi, al tono “prosaico”, quasi grottesco di uno scherno a sfondo sessuale tra adolescenti.
Nello spazio di una riga, Trevi innalza il lettore su vette auliche e poi lo fa scivolare a terra. Pur rimanendo sullo stesso tema, la pulsione vitale che da una parte sfugge senza controllo col passare del tempo e dall’altra è ancora patrimonio della speranza che quel tempo possiede ancora tutto, le immagini si divaricano inaspettatamente davanti al lettore:
"In questa cucina, questa notte, alla debole luce della lampadina della cappa, il tempo sembra andare via come un liquido, più che altro abbassandosi di livello, come l’acqua della vasca quando si toglie il tappo. Il fatto che stia passando un altro giorno, un altro giorno che non tornerà più, tutta la sua acqua già ruotante nell’ultimo mulinello attorno al buco, questo fatto non porta con sé un progresso, qualcosa di compreso una buona volta, un piccolo aumento di conoscenza”
Finisce nel rozzo e giovanile pensiero (“Io me la vorrei leccare tutta”) dei “ragazzi etruschi, che ridevano a fumavano parlando delle zinne della barista di Campo di Mare”.
Trevi medita, è alla ricerca, qui come in altri suoi libri, di un filo conduttore ed esprime con maestria misurata, ineguagliabile caratteristica della sua scrittura, queste riflessioni esistenziali, lasciando sempre tutto a portata di mano del lettore. Non regala risposte, ma solo tante domande, che la migliore letteratura aiuta a porsi. Ne nasce la scrittura colta, ma non incomprensibile, che ormai conosciamo bene.
Gina è protagonista, pretesto e fattore scatenante del libro; è pietra di paragone nell’accostamento tra natura umana e animale nello scorrere delle meditazioni filosofiche. Il tono è quasi sempre ironico, a volte parodistico, per regalare solo a tratti una rassicurazione che non c’è in tutto il libro.
In sostanza, ho ritrovato il Trevi dello Strega 2021 già negli esordi, come stile e contenuti, nell’impronta filosofica e la voce riflessiva ed elegante che cerca di arrivare alla sostanza delle cose. Il lettore rischia di allontanarsi forse solo dove si ripercorrono alcuni classici, di cui si richiede al lettore una conoscenza abbastanza profonda, che in molti casi potrebbe mancare, ostacolando la piena partecipazione. Per fortuna si tratta di pochi passaggi pienamente compensati da altri, dove invece non si fatica a immedesimarsi in scene e considerazioni che riguardano la vita quotidiana, coniugale e casalinga o la condivisione con i propri animali di affezione.
Gli stimoli e gli spunti che si trovano nel libro, infatti, sono sempre al bivio tra esperienza e filosofia. Tra realtà e speculazione. Ne sono esempio le pagine dedicate alle passeggiate serali di Trevi in compagnia di Gina, ironiche, e fortemente evocative, dense di significato, dove la riflessione parte dal rapporto con l’animale e si sposta sul binario umano, giungendo a conclusioni universali sulla natura dell’uomo e sul rapporto con i suoi simili:
“Persone che parlano coi cani rappresentiamo un pezzo importante di umanità, incarniamo una pulsione antica e profonda. Di notte, ci aggiriamo coi guinzagli, con i sacchetti per le cacche. Gente col cane. Dog People. Ci riconosciamo da lontano. perlustratori di giardinetti. Cerchiamo sostegno l’uno nell’altro, contro il mondo ostile. Scambiamo chiacchiere, senza bisogno di presentazione, da gente unita dallo stesso equivoco destino”.
Cosa avvicina più dell’ironia alla profondità? Trevi segue questo percorso. Gli esseri umani, come dice D’Annunzio e ci riflette Trevi, sono “stupidi e impudichi”, l’uomo è fragile perché è nulla:
“Ogni uomo nella culla/ succia e sbava il suo dito/ ogni uomo seppellito/ è il cane del suo nulla”.
Come recita la poesia dannunziana da cui tutto il libro prende le mosse e che l’autore analizza in modo mediato sotto forma di un dialogo-confronto con la prima moglie Martina.
Insomma, non è solo Gina ad avere paura e a vivere sempre nel perenne tentativo di accondiscendere i padroni, siamo anche noi che conduciamo l’esistenza in preda alla sensazione di essere sempre in bilico sul vuoto. E quella paura, cosciente o no che sia, è la fragilità. Umana o ferina è la stessa. Nella parte in cui anche l’uomo è puro istinto animale, avverte quel nulla, e si scopre fragile. La paura insita in ognuno di noi che si manifesta e accentua, man mano che si vive, nei modi più diversi. Da qui scaturiscono le pagine esilaranti delle manie, del rapporto con l’armadietto dei medicinali, o con il fumo che alleggerisce pensieri ed emozioni. Perfino il rapporto con le suppellettili è sintomo dell’attaccamento, quasi sciamanico, alle cose che si genera quando si capisce di non avere punti di riferimento saldi, definiti. Come Gina che cerca a ogni costo “con ottusa, spudorata tenacia” l’attenzione dei padroni, sempre in preda alla paura, al senso di colpa non meglio giustificati.
Mi piace molto la capacità di Trevi di partire da un particolare, un dettaglio che sia un animale, un amico, un libro, un sentimento e poi farne tema universale, passando per l’autobiografico. Mi piace l’atmosfera bohémien che pervade sempre, del tutto o solo in parte, le sue pagine. Il tono rilassato di chi racconta, ma soprattutto vuole riflettere e vuole farlo insieme al lettore, i tempi lenti della sua scrittura, del suo sguardo letterario, sono un valore aggiunto, permettono di andare a fondo nella lettura e sedimentano, dopo averla terminata.
Credo siano queste caratteristiche a motivare la difficoltà di inquadrare i libri dell’autore in un genere piuttosto che un altro, oppure non abbiamo ancora noi saputo dare un nome a un genere che è tante cose insieme e come tale ne incarna già uno proprio. Anche sotto questo profilo i libri di Emanuele Trevi sono coerenti e ne decretano l’unicità della voce.
I cani del nulla è un libro da consigliare perché, come tutti i libri di Emanuele Trevi, solleva il desiderio, che resta dentro anche a distanza di molto tempo, di porsi delle domande fondamentali, partendo da osservazioni semplici. Per capire come, nel viaggio della vita si può
“arrivare a essere vecchi e capire veramente senza mascherate, di non essere nulla, di non valere nulla. La verità più vera della poesia, la perla nell’ostrica”.
Una piccola nota si lega alla genesi e alla riedizione de I cani del nulla. Lo scrittore stesso la definisce una “fatalità”, svelando una volta di più la sua attenzione ai piccoli e grandi misteri che avvolgono alcuni eventi della vita. In un’articolo sul “Corriere della Sera” dello scorso agosto, Emanuele Trevi ricorda che Gina gli fu regalata, nel 1997, da Libero De Rienzo, attore scomparso nell’estate appena trascorsa appassionato lettore e suo grande amico, con la certezza che la sua presenza avrebbe segnato una svolta nel suo lavoro di scrittore.
L’osservazione del carattere e delle movenze della cagnetta, sempre all’erta nella paura di tornare al canile, e quindi per questo intenta a trovare perenne conferma dell’amore dei suoi nuovi padroni, ha contribuito infatti in maniera forte alla stesura del libro.
L’idea di scandagliare l’irrequietezza che osservava in Gina e in molti altri esseri umani e comprendere quella sensazione precaria di non sentirsi mai “completamente a casa propria” hanno stimolato la sua ricerca letteraria poi trasfusa nelle pagine.
Il collegamento tra i due eventi e la stesura del libro si compie nelle parole di Trevi e in quelle di Sandro Veronesi, autore della prefazione alla riedizione del libro. Scrive Veronesi:
“Proprio quando si comincerebbe a essere degli allievi perfetti si smette di andare a scuola. […] Chiunque riesca a continuare a imparare anche da adulto, chiunque mantenga la mentalità dell’allievo anche quando non va più a scuola, in questo paradosso risulta un sapiente, un iniziato. Ed è proprio ciò che viene da pensare di Emanuele Trevi, leggendo questo bellissimo libro, pervaso com’è in ogni pagina dallo strenuo, solitario, e dunque eroico sforzo di capire le cose che l’autore ha sotto gli occhi tutto il giorno”.
Gli fa eco Trevi:
“Picchio [nome affettivo per De Rienzo ndr] e Gina mi hanno insegnato tantissimo, e soprattutto mi hanno insegnato a imparare, che è la scienza più difficile a prescindere dal suo contenuto apparente e momentaneo. Oggi non vedo più in questo libro qualcosa che ho creato, ma qualcosa che ho solo provato, in minima parte, a restituire”.
Quel quotidiano così semplice, eppure così insondabile e incomprensibile che suscita la riflessione nelle pagine conclusive dello scrittore:
“Tanto più arcane e belle, tanto più inspiegabili, le cose, quanto sono semplici, non significano realmente nulla, sembrano non voler fare nemmeno lo sforzo”.
I cani del nulla. Una storia vera
Amazon.it: 13,30 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: I cani del nulla
Lascia il tuo commento