I traditori dell’impero. Invasion saga
- Autore: Andrea Frediani
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2023
Andrea Frediani: Invasion Saga atto terzo, ennesimo besteller per il divulgatore storico romano, saggista e prolifico romanziere su temi storici, manco a dirlo.
I traditori dell’impero, in prima edizione ad aprile per i tipi Newton Compton (2023, 287 pagine), segue nelle collane narrative della casa editrice dei Parioli i due titoli precedenti della serie: I tre cavalieri di Roma (2020) e Attacco all’impero (2021).
Seconda metà del II secolo dopo Cristo, territori dell’Urbe imperiale: sono a fine trilogia le avventure di tre ausiliari germani nelle Legioni, Tito, Magnus, Bendix e delle loro compagne, le sorelle armene Taline, Lucine e Yeva.
Andrea Frediani e il sestetto di protagonisti, equamente divisi tra il genere maschile e femminile, hanno condotto i lettori in diverse zone dell’impero al tempo della tribunicia protestas di Marco Aurelio, Lucio Vero e Commodo. Dalla Partia del primo romanzo, si è arrivati nel settentrione della penisola italica minacciato dai barbari longobardi, in questo terzo episodio proposto dal narratore appassionato di storia e scrittura fin da bambino, laureato in lettere con tesi sulle fortificazioni proto medioevali in Alto Adige, tra il V e il X secolo.
Nell’ultimo episodio di una trilogia, il recensore è in grave imbarazzo nell’addentrarsi nella trama, chi s’imbatte in queste note potrebbe non conoscere nessuno dei due primi titoli o avere l’intenzione di procurarseli. È sempre buona norma non rompere il giocattolo, ça va sans dire.
Basterà sottolineare che tutto si svolge in un momento storico difficile: disordini, pestilenze, ribellioni dei popoli sottomessi. Quel ch’è peggio, scorribande di barbari, che hanno deciso di trovare fortuna nell’impero in tanti e nello stesso tempo, un popolo dietro l’altro, dai confini della Germania, del Norico, della Rezia, delle Dacie e delle Mesie, dal basso Reno alle foci del Danubio. Marco Aurelio, prima in coppia col fratello Lucio Vero, poi da solo, affronta la più grave crisi da Ottaviano e forse da quando esiste Roma. Nelle terre dell’Urbe imperversa la peste e il trono imperiale è minacciato da cospirazioni e congiure, che fanno temere una guerra civile.
Nell’arco di pochi anni, anche le regioni più vicine alla capitale sono insidiate quanto quelle oltre frontiera. Non c’è area che si possa considerare pacifica. Ovunque, la vita è diventata precaria, se non di più. L’imperatore non può essere dappertutto e delega la difesa ai collaboratori, badando a non scegliere inetti che rivendicano incarichi di prestigio per diritto di nascita e a non dare potere a chi aspira a scalzarlo dal trono.
I tre rischiano d’essere schiacciati nel mezzo, sembrano vani i loro sforzi per salvare il loro imperator, ma l’unica certezza nel mondo in dissoluzione è fare quello di cui si è capaci, combattere, andare avanti, sopravvivere, come quei barbari.
Frediani stesso aiuta a fare il punto della saga di avventure di cappa e spada. I sei protagonisti sono immaginari, ma si muovono pur sempre in un contesto reale di epidemie, invasioni barbariche, usurpatori (almeno uno accertato, il generale di origini siriache Avidio Cassio) e infinite guerre di conquista. In pratica, il regno di Marco Aurelio.
Quanto si conosce di quegli anni non basta ricostruire le particolari dinamiche politiche e sociali dell’epoca, ma proprio la mancanza di dettagli apre spazi al lavoro di un romanziere, alla sua immaginazione.
Sappiamo ciò ch’è accaduto, sebbene non sia certo dove, quando e perché. Tutto meno oscuro del regno di Traiano, ma molto più di quelli di Augusto o Costantino, altri periodi sui quali Frediani si è cimentato.
Si sa che Avidio Cassio venne ucciso da un centurione, del quale s’ignora però l’identità. Perché non da Pescennio Nigro, si domanda l’autore? Militava in Siria da ufficiale, un altro aspirante alla corona alla morte di Pertinace, il successore di Commodo. In quelle lotte ebbero un momento di gloria anche Didio Giuliano e Clodio Albino, personaggi citati nella saga, prima dell’ascesa al trono di Settimio Severo, il solo imperatore capace di dare inizio a una nuova dinastia, nel periodo convulso tra la metà del II secolo e la fine del III. L’ultima, prima di Costantino.
Qualche forzatura è necessaria, riconosce Frediani. Ed ecco una lezione per chi voglia scrivere romanzi storici (oggi sessantenne l’autore si rivede in quei panni, negli anni giovanili). In un romanzo d’avventura, dove tanto va sacrificato al ritmo, necessariamente, non si può manipolare la credibilità storica ma è lecito lavorare su certe consuetudini dell’epoca. Fa l’esempio dell’ovatio, onorificenza del periodo repubblicano, che non si celebrava però con parate di armi, prigionieri e soldati al seguito, come i noti trionfi. Sta di fatto che, negli anni di Marco Aurelio, caratterizzati da eventi drammatici quasi senza soluzione di continuità, non sono mancati anche provvedimenti inconsueti, addirittura misure estreme. Non è dato escludere, perciò, che in qualche caso le prassi siano state modificate.
Alla fine, di quell’epoca conosciamo ben poco e chissà se riusciremo mai a saperne di più. Ma è questo il bello della storia antica, sottolinea lo scrittore romano, dall’alto della sua competenza in materia: “riserva sempre delle sorprese”.
Se non altro perché la scarsità d’informazioni permette agli storici di formulare nuove ipotesi e ai narratori di costruire storie molto diverse l’una dall’altra, ma sempre verosimili.
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