Il dolore nell’arte
- Autore: Antonio Fogazzaro
- Categoria: Narrativa Italiana
Antonio Fogazzaro, scrittore sensibile e raffinato, nasce nel 1842 a Vicenza e nel 1896 è pubblicato il suo capolavoro “Piccolo Mondo Antico” che ha tale successo che il re Umberto I lo stesso anno lo nomina senatore a vita. L’ingresso in Senato avviene, però, soltanto il 14 giugno del 1900, perché il censo, inferiore alle tremila lire, non glielo permette prima. Quando Fogazzaro pronuncia il discorso, “Il Dolore nell’Arte” è l’11 aprile del 1900, quindi, ancora, non ha ancora fatto l’ingresso nell’aula del Senato. In questo discorso si coglie il carattere meditativo, introverso e, nel frattempo, l’animo tormentato e sensibile e si capisce che il mondo da cui proviene è colto e raffinato. All’inizio si sofferma a descrivere un’opera di Vincenzo Vela, la “Desolazione”:
“Una giovane donna, bellissima, dai capelli scomposti, dalle vesti cadenti, siede là sopra un alto seggio, piegato il busto gentile in avanti, puntati i gomiti alle ginocchia, strette le guance fra i pugni chiusi, fissi gli occhi torbidi nel vuoto. Il volto rivela un’intelligenza forte che affonda nella follia. Nessuna cura stringe più costei né del mondo né di sé. Nessun vivente presuma, per esserle stato caro, poterle recar conforto. Ella non torcerebbe un momento gli occhi suoi avidi dalla visione di angoscia che impietra; e tuttavia ci balena che possa repente balzar dal seggio con uno strido, avventurandosi là dove guarda, tanto potente vita spirò nel marmo il grande artista che le pose il nome di Desolazione”
Dello scultore, evidentemente, Fogazzaro ne condivide gli ideali e anche la scelta che porta Vela a realizzare una statua che rappresenta il dolore e non, come più in uso per scopi funerari, immagini di virtù ideali con atteggiamenti rassicuranti e consolatori. Dolore che, come scrive Fogazzaro, quasi porta alla follia. “La Desolazione” ha anche una valenza politica e rappresenta l’Italia prostrata e affranta dopo i moti del 1848. L’opera è realizzata da Vela per un monumento funebre dedicato ai genitori di Giacomo e Filippo Ciani, con i quali ha combattuto nelle cinque giornate di Milano, L’excursus che Fogazzaro percorre nella Storia dell’Arte è attraverso le “sorgenti della ispirazione artistica” che si fondono con la malinconia. Così Laocoonte che si dimena tra le “spire dei draghi” o il “bel guerriero ferito del Campidoglio” ci inducono a contemplarle come opere di struggente bellezza. E così, quando il dolore è rappresentato come “frutto del disordine” e così trattato dai Greci, ci induce a vederne bellezza e grandezza. Esamina la Pietà di Michelangelo e quella dipinta da Van Dyck e le belle madonne di Beato Angelico, Giambellino, Sassoferrato, “dolci creature sacre al dolore”. Riconosce “l’antica potenza fascinatrice del dolore” che ancora oggi suggestiona, piace e commuove. Tratta il tema in maniera ampia, corposa, passando da pittori e scultori a grandi poeti e scrittori, come Lucrezio e Dante. Conclude, da credente:
“mi si rivela intera nel suo sublime disegno la elaborazione del dolore nell’Arte dalle oscure fonti di lei sino alla foce tutta riverberante gli imminenti splendori del regno di Dio”
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