Il nome della rosa
- Autore: Umberto Eco
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: La nave di Teseo
Dimenticate i pregiudizi che avete sul medioevo: non fu un’epoca oscura e oscurantista intrisa di violenza come spesso viene descritta. O almeno, non fu solo quello. Alcuni degli uomini del tempo erano eruditi in cerca dell’illuminazione. Come uno dei protagonisti de Il nome della rosa di Umberto Eco (pubblicato per la prima volta nel 1980 per Bompiani e riedito l’ultima volta nel 2020 per La nave di Teseo), Guglielmo da Baskerville, un monaco ex inquisitore con un cervello degno di Sherlock Holmes (non per niente il suo cognome rimanda a uno dei più celebri romanzi di Conan Doyle). Classico moderno, Il nome della rosa è un libro che parla dei libri, e di chi i libri li ama, tanto da dedicarvi la vita. Nel bene e nel male.
Ambientata in un’abbazia dove sta per tenersi un importante evento, la storia si dipana nell’arco di soli sette giorni, in cui si susseguono omicidi sempre più efferati nonché misteriosi. A Guglielmo, in principio invitato all’evento di cui sopra, sarà chiesto di indagare. Con l’aiuto del novizio/assistente Adso da Melk, cerca di dipanare la matassa; gli indizi che riesce a ricavare rimandano alla biblioteca dell’abbazia, dove pare siano custoditi alcuni volumi proibiti…
La biblioteca, unico luogo dell’abbazia interdetto quasi a chiunque, è un labirinto pieno di trappole cervellotiche, che suggestionano la mente di chi è tanto incauto da entrarci non invitato. Pressoché impossibile uscirne se non si conosce la disposizione delle varie stanze, è un’efficace metafora del labirinto della coscienza.
Degni di nota i dialoghi, mai banali: alcuni scambi di battute sono memorabili, e hanno l’indubbio merito di stimolare il lettore a prendere posizione su certe questioni, o almeno a pensarci su.
Molti dei personaggi sono altrettanto indimenticabili:
- l’abate è il classico uomo avvinghiato alla sua posizione di potere;
- Adso è il giovane che sta scoprendo la vita, e forse, anche se non dovrebbe, l’amore; Salvatore lo strambo eretico, schiavo dei propri impulsi;
- Bernardo Guy una mente affilata come un rasoio, ma priva di pietà;
- Jorge da Burgos un credente tanto fervido da rasentare il fanatismo.
Su tutti spicca Guglielmo da Baskerville, quello che si fa ricordare di più: uomo di raro acume che a volte cede alla presunzione, tuttavia conscio dei propri limiti, dubbioso verso i sistemi dell’inquisizione, sempre a caccia di risposte, può essere considerato un anti eroe moderno, a dispetto dell’epoca in cui è calato il personaggio. Viene descritto da Eco come un individuo riflessivo, sovente in conflitto con la difficile realtà che lo circonda, e di conseguenza con la sua coscienza; sul finire del romanzo sente vacillare le sue certezze, fede compresa.
Le ultime pagine sono grevi di malinconia e si avverte tutta la consapevolezza dell’autore riguardo alla caducità dell’uomo e delle sue opere: tutto è vano, e destinato a consumarsi col tempo che passa inesorabile, per scivolare tristemente nell’oblio.
A pochi anni dalla pubblicazione, da questo romanzo è stato tratto un film, con Christian Slater nei panni di Adso e il buon vecchio Sean Connery in quelli di Guglielmo. Pur presentando delle differenze anche significative rispetto all’opera da cui è tratto, in modo da semplificare i passaggi più ostici, nonché rendere il tutto più rassicurante, resta comunque un lavoro godibile, una pellicola degna del materiale da cui è tratta. Di recente la Rai ha trasmesso uno sceneggiato con John Turturro come protagonista: di certo un segno inequivocabile che, a ormai quasi quarant’anni dalla prima pubblicazione, Il nome della rosa resta un romanzo ancora vivo nella memoria collettiva.
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