Il piccolo principe
- Autore: Antoine de Saint-Exupéry
- Genere: Libri per bambini
Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry è un classico senza tempo, importante pietra di formazione di più di qualche generazione di giovanissimi, ma anche godibilissimo breve racconto per tutti quegli adulti che, purtroppo, non ricordano di essere stati bambini.
Forse è proprio questo "Il piccolo principe": un invito a non dimenticare, a non perdere quella semplicità propria dei bambini, l’unico modo di essere in cui forse è possibile sperimentare la vera felicità, completa e totale. L’autore racconta nel libro di un brutto incidente in aereo che lo blocca nel deserto. E’ per via di questo incidente che avviene l’incontro fondamentale della sua vita.
Il lettore adulto reputerà chiaramente "Il piccolo principe" un parto della mente dell’autore in un momento di crisi, o il frutto di un’avvincente introspezione. E non sbaglierà in questo giudizio.
I lettori più piccoli troveranno in questo personaggio favolesco, forse un po’ malinconico, un alleato nella loro personalissima quotidiana battaglia contro un mondo che non è concepito a loro misura e che, semplicemente, non li capisce. Peggio: nel tempo li trasforma, inculcando magari in loro anche l’aspettativa o il desiderio di essere trasformati.
Nel mio personalissimo caso, ad esempio, l’aspettativa era legata al poter finalmente guidare la macchina: a distanza di anni, Dio solo sa quanto mi manchi il sapermi divertire andando semplicemente in bicicletta, in giro, senza meta.
È pensando a questi rimpianti che ritorna alla mente "Il piccolo principe": quel diamante grezzo che tutti noi siamo stati e che la vita finisce prima o poi per trasformare in dura e inutile pietra calcarea.
Il Piccolo Principe
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Come esplicita nella dedica al libro, l’autore si rivolge ai ragazzi e “A tutti i grandi che sono stati bambini una volta. Ma pochi di essi se ne ricordano”.
Questo capolavoro, ormai un cult della letteratura europea e non, è amato da generazioni di diversa cultura, lingua e trasversalmente piace a piccoli ed adulti.
La trama è ben nota, basta solo accennarla. Un pilota a causa di un guasto del suo aereo è costretto ad atterrare nel deserto del Sahara: nella vastità sabbiosa del deserto, nella solitudine a mille miglia da una qualsiasi regione abitata, nel silenzio totale, assoluto, improvvisa, una strana vocetta: “Mi disegni, per favore, una pecora?” Il ragazzino è Il piccolo principe che ha abbandonato il suo pianeta nativo, poco più grande di una casa, e vaga per gli spazi, incontra personaggi bizzarri che impersonano vari aspetti dell’animo umano. Nel nostro pianeta indaga non solo sull’amore, l’amicizia, ma anche sul senso dell’esistere e della morte. La sua apparizione è così tanto misteriosa quanto la sua scomparsa.
Fin qui la storia, esile come il filo delle Parche, ma intensa e profonda quanto la vita di una persona.
La figura del piccolo principe nella sua essenza di completa innocenza accarezza il nostro animo di lettori e ce lo fa amare sin dalla prima comparsa in scena. Come non intenerirsi al suo bisogno di affetto, come non partecipare alla sua dolente e disperata solitudine: tutto ciò che ha compreso ce lo insegna con il linguaggio di chi sa che “ Si vede bene solo con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”
L’immagine del piccolo principe è l’emblema dell’infanzia, lo stato di grazia ritrovato, così prezioso perché raro, così possibile quando sarebbe impossibile. È un paradosso affermare che il libro è destinato o era destinato ai bambini perché non è necessario che si insegni a loro i valori autentici che noi adulti ci compiace pedissequamente ripetere, siamo noi adulti che li dimentichiamo negli atti quotidiani e che abbiamo bisogno di recuperarli ritornando bambini con la mente e il cuore.
In uno stile così semplice, oserei dire disarmante, privo di sovrastrutture lessicali, l’autore ci pone davanti a verità incontrovertibile, a considerazioni assolute ed universali, stupefacenti perché suggerite da un fanciullo.
La lettura di questo breve scritto rinfranca la mente e come una sorgente d’acqua pura ci spiana l’animo e ci dispone agli altri e a considerare che quello che ci sembra così tanto importante da occupare spesso la nostra esistenza, forse, forse…anzi proprio, non lo è.
Tanti critici hanno analizzato, questo racconto, hanno scritto fiumi di definizioni, parole difficili, interpretazioni tra le più disparate, ma oltre la critica, la grandezza e il fascino di questa opera è che attraversa il tempo e le generazioni mantenendo intatto il suo linguaggio poetico, l’autentica meraviglia di chi l’ha scritto e il fascino quando la logica della nostra ragione è incrinata e messa a dura prova da domande apparentemente ingenue e infantili.
Il Piccolo Principe di Antoine de Saint Exupéry... come cantarne le lodi senza offuscare la sua magia? Fiaba immortale, (qui nell’edizione Bompiani, tradotta da Nini Bompiani Bregoli, p. 121, 2014) illustrata dal suo autore, narra di un aviatore precipitato nel deserto del Sahara, a mille miglia di distanza dal mondo abitato, che incontra un bambino venuto dallo spazio come lui, bisognoso di un amico. Tutta la storia è popolata da personaggi disegnati; questo dimostra che l’immaginazione è vita e sentimento, come dice la volpe, uno dei personaggi chiave, al principe:
‹non si vede bene che con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi›.
E siamo già nel mistero, come ogni fiaba esige. Ma bisogna ridiventare bambini per ritrovare la sintonia con l’immaginale:
‹Tutti i grandi sono stati piccoli, ma pochi di essi se ne ricordano›.
Il piccolo principe proviene da un pianeta poco più grande di lui, l’asteroide B612 e cerca una pecora minuscola che possa brucare i germogli di baobab, così numerosi nel pianeta; se crescessero, con la loro mole imponente lo distruggerebbero.
Il bambino nel suo pianeta si prende cura di una rosa, l’unica esistente. La fiaba è un apologo delicato dedicato al calore fra le anime che mettono l’affetto e la bellezza al di sopra di qualunque altro interesse. In modo particolare il piccolo principe sa che ciò che conta non è numerabile, infatti non ha simpatia per i numero e il calcolo. Sa che ognuno è prezioso come la sua rosa, in verità molto vanitosa, ma lui indulgente ci passa sopra. Sa che il tempo dedicato a chi amiamo è tutto l’essenziale della vita:
‹Se qualcuno ama un fiore, di cui esiste un solo esemplare in milioni e milioni di stelle, questo basta a farlo felice quando lo guarda›.
L’aviatore disegna per lui una scatola, dato che la pecora non gli riesce proprio bene, dentro la quale la pecora sta dormendo.
Il bimbo racconta la sua storia, le peregrinazioni nell’universo, prima di essere giunto sulla terra. I personaggi più o meno strambi incontrati in vari minuscoli asteroidi sono simboli di caratteristiche umane. Abbiamo chi vuole comandare, un re solo, senza il suo popolo ma comanda ugualmente; un vanitoso che vuole solamente applausi; il lampionaio che deve accendere le stelle ogni minuto e lo fa generosamente ed instancabilmente; l’avaro che lucida le stelle, credendole solamente sue…
Il bambino dialoga con la natura come i bambini sanno fare. Crescendo gli adulti dimenticano come si fa, la ragione sopravanza e tende a uccidere la facoltà immaginativa. Ma il piccolo principe è ancora signore nel suo territorio, rappresenta lo stato nascente, il momento irripetibile sempre nuovo del nostro stare al mondo. Questa è la caratteristica della poesia, il suo sine qua non, la condizione indispensabile. E la fiaba di Saint Exupéry è opera di poesia. Contiene aforismi di gentilezza e grazia, ingenuità che è saggezza.
In fine il Piccolo Principe verrà morso dal serpente, cadrà sulla sabbia esanime e sparirà nella notte. L’aviatore, che ha riparato il suo aereo, crede che il bimbo sia tornato al suo pianeta, lassù, dal mistero da cui tutti veniamo. Con l’amicizia indelebile stampata in cuore. Mai, ed è la verità appresa da questa fiaba deliziosa, potremo scordare chi veramente portiamo dentro.
È sempre la volpe a parlare:
‹Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comperano dai mercati le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno amici. Se tu vuoi un amico, addomesticami!›
Addomesticare significa creare legami, spiega la volpe, e diventarne responsabili. Così il Piccolo Principe impara da un animale e insegna cosa sia il dono impagabile dell’amicizia, comprende di essere responsabile verso la sua rosa e verso chiunque catturi il suo affetto.
Sembrerà strano che il verbo “addomesticare” venga usato per creare amicizia, ma se pensiamo per un momento a tutte le volte in cui siamo fuggiti da qualcuno, in nome di una libertà posticcia che si chiama egoismo, comprendiamo che quest’ultimo deve essere “addomesticato” nella psiche, comprensiva di bene e male.
Anche Saint Exupéry scomparirà dopo un incidente aereo, senza lasciare traccia di sé. La sua fiaba è stata forse una profezia? “Muore giovane chi è caro agli dei”, recita il noto proverbio. Egli muore all’età di 44 anni, nel 1944. Un anno dopo la sua morte l’editore Gallimard pubblicherà Il Piccolo Principe in Francia, già stampato in America.
Si tratta del libro più tradotto al mondo, ad esclusione dei libri religiosi.
È stato scritto per bambini e adulti che non hanno dimenticato di essere stati bambini, che sanno piangere e ridere senza timore di manifestare i propri sentimenti, senza timore di coltivare sogni, di sentirsi esseri celesti, divini nell’essenza che non scompare, ma soltanto vola via in un pianeta a sua misura.