Il tavolo del faraone
- Autore: Georgette Heyer
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2018
Romanzo georgiano, ambientato nella Londra di Mr. Pitt del 1792, mentre a Parigi infuriava la Rivoluzione e la ghigliottina continuava a tagliare teste, “Il tavolo del faraone” di Georgette Heyer è di fatto una esilarante commedia degli equivoci che ci tiene con il fiato sospeso fino alle ultime pagine: riusciranno i protagonisti a concludere le loro violentissime scaramucce verbali e fisiche? Certamente sì, ma ci si arriverà dopo una serie infinita di depistaggi, nuovi avvenimenti, fraintendimenti, casi fortuiti, coincidenze impreviste.
Max Ravenscar è un aristocratico ricco, bello, elegante ma non è un dandy fatuo e incipriato: caparbio, a volte arrogante, è ancora scapolo avendo raggiunto ormai i trentacinque anni, perché malgrado sia un ottimo partito, non ha ancora trovato la donna che gli possa tener testa. Si occupa del patrimonio di suo cugino Lord Mabelthorpe, ancora minorenne, e promette alla zia sua madre di impedire che il ragazzo sposi una giovane donna di cui crede di essere innamorato, la fascinosa e bellissima Deborah Grantham, non adeguata per i suoi natali, la sua età, e soprattutto per il suo stile di vita all’artistocratico rampollo: lei infatti gestisce insieme alla zia Lady Bellingham una casa da gioco dove si riunisce il bel mondo londinese, si mangia, si beve, si chiacchiera, si perdono fortune.
Tutti i personaggi del libro girano intorno alla casa di Saint James Square, dove avvengono gli episodi più divertenti e imprevisti: la bella Deb con i suoi assistenti, domestici, conoscenti, dà vita a serate piene di verve, anche se per tenere in piedi un’attività così dispendiosa si consumano migliaia di sterline e tutta l’impresa rischia di fallire. Fra Deborah Grantham che vuole giocare le sue pedine, incerta tra la corte del giovane e sprovveduto Adrian e quella del più maturo ma poco gradevole Lord Ormskirk, che la ricatta economicamente, alla fine, dopo duelli verbali, attacchi feroci e aggressivi incontri a cui mancano solo le armi, la caparbia e coraggiosa Deb finirà per capitolare nelle braccia del pur orgoglioso Max Ravenscar.
La ricostruzione dell’atmosfera delle case aristocratiche inglesi, dei costumi oltremodo formali, dei dialoghi improntati ad un gusto per l’etichetta che rischia di sommergere i sentimenti delle persone, divise in classi oltremodo rigide e impermeabili, costituisce il fulcro della narrativa di Georgette Heyer; questo, come i suoi tanti romanzi ambientati nell’Inghilterra che precede il lungo regno della regina Vittoria, ci restituiscono l’immagine di una aristocrazia frivola e libertina, dedita al gioco e alla dissipazione: il costo delle candele, del carbone, del vino, dei cibi che vengono offerti nei banchetti della casa da gioco per non far sfigurare la nobile padrona di casa, abituata ad un lusso che non può più permettersi, danno la misura di una società che rischia di perdersi negli anni in cui, nella vicina Francia, la nobiltà stava pagando prezzi altissimi agli sprechi dell’Ancien Régime. Bellissimi cavalli, carrozze lussuose, salotti illuminati da tante candele, balli mascherati, tavoli di picchetto e faraone dove si consumano patrimoni bevendo brandy fino a stordirsi in lunghi duelli che portano spesso alla disfatta, scommesse… C’è tutto nell’affresco del romanzo raccontato da Georgette Heyer con eleganza, leggerezza, ironia.
Personaggi tutti riusciti e ben costruiti, anche i minori, dal portiere pugilatore alla fanciulla ingenua destinata ad un matrimonio di convenienza, dai “bellimbusti” truccati e sfaccendati, agli aristocratici ormai destinati ad una decadenza economica irreversibile. Su tutti, la coraggiosa Deborah, anticonformista, spavalda, pronta a tutto pur di non soccombere al suo ruolo di donna sottomessa ad un logica di prevaricazione sociale in cui non si riconosce.
Il tavolo del faraone
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