Il vecchio e Celestine
- Autore: Giorgio Micheli
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2014
Giorgio Micheli è un romanziere prolifico, capace di toccare i sentimenti dei lettori con storie-specchio del nostro vivere. Allo sguardo attento e indagatore aggiunge sempre valutazioni di natura etica, che suscitano meditazioni e autoconsapevolezza.
In questo racconto quasi fiabesco, Il vecchio e Celestine (Talos edizioni, p. 88, 2014) il tono narrativo diventa leggero, delicato, per descrivere la tenera e luminosa amicizia tra il vecchio Giordano - un alcolista alla deriva con famiglia distrutta a causa del vizio - e una bambina sua dirimpettaia, Celestine, dalla pelle scura e i denti bianchissimi, figlia di migranti ma con padre assente.
La freschezza e la radiosità dell’infanzia saranno l’antidoto alla disperazione dell’uomo, un incentivo verso il mutamento radicale della sua esistenza. Sentirsi amati e accolti è la condizione sine qua non per riuscire a ricambiare amore e diventare responsabili di sé.
Il tema del "diverso" con la sua fragilità è la poetica forte del libro, a cui si aggiunge il dialogo tra generazioni, immediato e spontaneo tra la bimba e l’anziano.
Il "diverso" è pure il mondo animale; Giordano infatti si accompagna a una gattina, Bianchina, simbolo di amore incondizionato senza giudizio e condanna. Bambini e animali sono entrambi abitatori dell’Eden, privi della malizia degli umani adulti che incessantemente semina il dolore.
L’occasione che fa incontrare i personaggi è lo scambio di due uova tra vicini di casa. È Giordano il questuante per poter cenare e, dopo aver suonato il campanello dell’appartamento di fronte al suo, senza ricevere risposta:
"Improvvisamente, sentì aprirsi la porta. Si girò, e vide sbucare un braccino con due uova in mano. Guardò attentamente quella mano esile, era di colore scuro e quasi certamente apparteneva a un bambino, o bambina, di origini africane."
Chi di noi, oggi, ha il coraggio di chiedere due uova in prestito al vicino di casa? A malapena ci si saluta distrattamente sulle scale. Tali sono i rapporti umani nella segregazione individuale delle città.
È una scena realista e al contempo fantastica, carica di curiosità per il lettore e di poesia. Tutto si focalizza in quel braccino generoso, in quella mano di bimba sola in casa perché la madre lavora con orari impossibili, ed è un simbolo di fede e di infinite possibilità.
Infatti l’amicizia si fa intensa, la frequentazione diventa famiglia, perfino insegnamento, elargito dalla madre della piccola, Lucille, fino a toccare profondità di fede autentica, vibrante, rivelata attraverso un’immagine che sostiene l’azione concreta. Fede coerente, quasi sempre perduta nel nostro mondo fatto di convenzioni e stanca ritualità.
Lucilla [...] guardò il crocefisso appeso alla parete. Giordano non si era nemmeno accorto di quella presenza, non credeva più, quasi disprezzava la religione cattolica.
"Sei cattolica?" chiese alla donna, che aveva smesso di fare la cena e lo guardava.
"Sì!"
"Io no! Non credo più in Dio! Non credo più in niente!" disse con voce sprezzante.
[...]"In qualcosa credi, altrimenti non saresti qui a darmi una mano con Celestine" rispose la donna riprendendo le sue faccende.
"Nonno Giordano" ormai è diventato il babysitter di Celestine.
Ma l’idillio della piccola chiesa, se così vogliamo chiamarla, tanto simile a quella dei primi cristiani solidali non ancora toccati dal potere, oltre duemila anni fa, avrà una crudele fermata, a causa della ferocia dell’assurdo, estranea agli animali, egregiamente rappresentata dal film Arancia meccanica di Stanley Kubrick.
Storia di accoglienza nella quale tutti danno e ricevono, storia ideale ma anche cruda, di sacrificio e sublimità, che si scontra con le problematiche multietniche.
La copertina del libro è del pittore Davide Skerlj, che in appendice aggiunge tre disegni molto “parlanti” di Giordano e la gatta Bianchina, acciambellata sulle sue ginocchia, sulla sua testa e stretta fra le sue braccia, che vivranno sempre nella nostra immaginazione.
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