In Sicilia
- Autore: Matteo Collura
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: TEA
- Anno di pubblicazione: 2011
L’approccio di Matteo Collura è interdisciplinare. La Sicilia, oltre a essere una realtà geografica da conoscere, ha un suo spessore storico, letterario ed etico-sociale. È quanto si evidenzia sin dalle prime pagine del pregevole e fortunato libro In Sicilia (TEA, 2011).
Facendo tesoro di ciò che ha affermato Italo Calvino nelle Lezioni americane:
Nell’universo infinito della letteratura s’aprono sempre altre vie da esplorare, nuovissime e antichissime, stili e forme che possono cambiare la nostra immagine del mondo
Collura ha scelto una personalissima strategia nel filone della geografia umanistica che privilegia l’esplorazione di luoghi per cogliere nessi di conoscenza.
Il suo è uno sguardo suggestivo e fortemente comunicativo, rendendo vivide le immagini e aprendo spazi sconosciuti. Ed è la letteratura a fornirgli strumenti e documenti in uno spessore storico di ampia portata.
Affiora così una sorta di ‘paesaggio interiore’ connotato dal senso di appartenenza: racconti, poesie, citazioni, micro e macro storie, tradizioni sono un mezzo efficace per la costruzione sociale di territori. In questo senso l’approccio interdisciplinare può essere considerato la memoria della territorialità di un popolo.
Il suo è un resoconto di viaggio che inizia da Portella Ginestra e finisce nel territorio ibleo. Nella “nota” finale informa che l’hanno accompagnato le immagini di alcuni pittori e fotografi:
Così a Palermo, ho visto con in mente i quadri di Bruno Caruso, e ad Agrigento con quelli di Gianni Provenzano. E mi hanno aiutato a vedere le foto di Robert Capa, come nel secondo capitolo viene detto, e quelle di Melo Minnella e Angelo Pitrone.
Siamo con la sua scrittura nella letteratura di viaggio che, oltre ad essere basata sull’osservazione diretta, scompone gli elementi costitutivi della realtà e li ricompone in una struttura mentale.
Racconta e sa raccontare Matteo Collura mantenendo la scientificità del discorso. Pare di poter dire che la sua narrazione sia una “Koinè” geografico-culturale, facendo diventare il suo itinerario patrimonio collettivo.
Muoviamo dalla sua prima tappa che è “Portella della ginestra”: luogo di memoria individuale e collettiva, di morte infame e di speranze tradite nella Sicilia del 1947 quando sulla scena agivano il separatismo e la mafia rurale, le lotte per la riforma agraria e le rivendicazioni delle organizzazioni socialiste. Malgrado la gentilezza del nome che si annoda alla luminosa, aurea fioritura della pianta, simbolo dell’emancipazione femminile, Portella evoca l’eccidio di lavoratori. Si trova a sud di Palermo, nelle vicinanze di Piana degli Albanesi, e a leggere le pagine di Collura ci si commuove. Attorno alla lapide dove un apostolo parlava di giustizia sociale, la “Pietra di Barbato”, il primo maggio di ogni anno erano soliti riunirsi braccianti e contadini. Innocui, ballavano e cantavano in aperta campagna per festeggiare il loro primo maggio. Undici i contadini uccisi, tra cui una donna incinta e tre bambine.
A ricordarli ora sono undici “dolmen” ciascuno dei quali ha un nome e un cognome. Possiamo immaginarli quei lavoratori con i carretti, a piedi o con le biciclette e con le sventolanti bandiere rosse che si muovevano in corteo come in processione.
Non avrebbero mai pensato ciò che da lì a poco sarebbe successo.
Tomasi di Lampedusa è citato tante volte nel libro e per l’occasione Collura ricorda il suo aggettivo “irredimibile” col quale lo scrittore:
Ci dà la più efficace, disincantata, vera e per questo anche crudele immagine della Sicilia.
Racconta di Salvatore Giuliano; cita i versi di Ignazio Buttitta e riferisce sulla morte di Rosario Livatino.
Il quadro è quello d’una Sicilia amara dove brutalmente vengono spezzati gli affetti, è il sentore della morte a fargli dire:
Il pensiero dei siciliani corteggia sempre i cimiteri, dice Brancati; e forse per questo, inconsapevolmente, io mi trovo in questo luogo che le asettiche geometrie della pietra rendono ancora più sinistro.
È odissiaco il viaggio di Collura. Da Portella della Ginestra va a Cassibile, nel siracusano: “altra realtà di una irredimibile Sicilia”.
A Cassibile conosce e fa conoscere il luogo dell’armistizio:
Sembra disegnato da Guttuso questo borgo in rovina, cui il capriccioso destino ha voluto che un ardente pomeriggio di fine estate vi si scrivesse una pagina destinata a rimanere memorabile nei libri di storia.
Sono luoghi, questi, che hanno dato immagini ai versi di Salvatore Quasimodo e che furono impressi nelle istantanee di Capa. Ad Agrigento si intrattiene a parlare di Pirandello e della località “Caos” in cui il celebre drammaturgo nacque. Giunto a Solunto constata la violenza sul paesaggio: vivacchiano, dice, gli “inquilini della storia” che ammassano case di villeggiatura.
A Palermo l’urlo e il pianto degli uccisi di mafia si articolano tra cronaca e scenografia. La scrittura si complica con la discesa nelle profondità del dolore sociale; si dirama nel contesto del Risorgimento siciliano e della nuova cultura dello spiritismo vivificata dalla presenza, in particolare, del poeta Lucio Piccolo di Calanovella.
Nella Sicilia di Collura si respira in sostanza la storia e la letteratura d’Europa.
Il materiale offerto dal libro è vastissimo, perché l’isola ha tante fisionomie. Spicca per esempio la differenza del paesaggio ragusano con quello della Sicilia occidentale:
Due differenti Sicilie, quella e questa; due realtà, non soltanto geografiche che non più di un paio di secoli fa vennero in contatto tra loro...
Elio Vittorini e Gesualdo Bufalino sono presenze immancabili; infine la conclusione viene affidata all’oltraggio al paesaggio:
S’illudono così di cambiar casa, gli inquilini della storia, mentre è questo nostro tempo a sfrattarli, togliendo loro una consapevolezza di cui andare fieri, e nello stesso tempo, di cui diffidare.
In Sicilia
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