Incendi di Richard Ford

Doveva essere bellissimo il Montana nell’estate del 1960 prima che venisse circondato dal fuoco e, dopo, quell’incendio ha reso la sua bellezza ancora più brillante e disperata. È il fuoco, con le sue pericolose lingue, il vero protagonista di “Incendi” di Richard Ford, il quale, con la sua ferocia e la sua fredda determinazione, ci accompagna durante tutta la lettura del romanzo, covando braci sotto la cenere e la neve invernale, per poi ripresentarsi puntuale in primavera.

Le fiamme ci lambiscono mentre leggiamo delle vicissitudini del sedicenne Joe, intrappolato nella rete di una pesante crisi di coppia fra i suoi genitori, Jerry e Jeannette. Durante l’estate del 1960 Jerry, rimasto temporaneamente senza il suo lavoro di insegnante al golf club, decide di partire dalla cittadina di Great Falls come volontario per spegnere il fuoco, lasciando moglie e figlio soli per tre lunghissimi giorni. Sempre durante quell’estate Jeannette perde la testa per un altro uomo, Warren Miller, e decide di fare qualcosa per le proprie fiamme, quelle interiori che bruciano in ognuno di noi. A Joe non rimane che seguire gli eventi e le azioni dei propri genitori, trovandosi per la prima volta a riflettere sulla loro natura e le loro scelte di vita, a concentrarsi su tutto quello che come esseri umani siamo disposti a sacrificare nella ricerca della felicità, nello sforzo di riempire quel vuoto che ci trasciniamo dentro.

Richard Ford, in questo breve romanzo, riesce a concentrare uno dei temi essenziali della nostra esistenza, quello delle azioni che vengono compiute in nome del proprio interesse, in nome della costante ricerca della felicità personale. Con una scrittura perfetta ed uno stile essenziale, disarmante, l’autore ci spiega che non esiste un motivo altro per cui certe azioni vengono compiute, ma semplicemente le compiamo.

“Mi domando se i miei genitori hanno mai visto il mondo come lo vedo io in questo momento. Siamo sempre alla ricerca di assoluti senza mai trovarli. Abbiamo una gran voglia di autenticità, ma la maggior parte delle volte non lo siamo neanche noi, autentici. L’amore, almeno, mi pare una cosa che dura.”