Io mi fido di te
- Autore: Luciana Littizzetto
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2021
Nel suo ultimo libro Io mi fido di te (Mondadori, 2021) Luciana Littizzetto apre ai lettori le porte della sua casa, della sua famiglia e del suo cuore. Un cuore tenero di mamma, che palpita senza sosta, anche quando cerca di fare la dura, per i suoi due figli: Vanessa e Jordan. Il titolo Io mi fido di te è ispirato in parte alla canzone di Jovanotti, inclusa nella colonna sonora del filmino girato durante il primo incontro con i due bambini, in comunità.
Un racconto di vita vissuta, un’esperienza personale importante, nel provare, con tutte le energie di cui può essere dotata una persona con una corporatura minuta, un cervello acuto e iperattivo e un’anima grande, a svolgere il mestiere più faticoso (dice lei) del mondo. Si legge, tra le righe, il grande senso di responsabilità e l’ansia incessante, talvolta galoppante, che ne deriva. Il cosiddetto "come fai sbagli". Come darle torto? Si sa: le madri che non sbagliano mai esistono solo nel titolo, un po’ polemico, di un libro del neuropsichiatra infantile Giovanni Bollea. Ma questa è un’altra storia. Nella realtà della vita umana di chiunque, madri e padri compresi, il cammino è disseminato di errori. Littizzetto ironizza:
"Se inventassero un bidone per la raccolta differenziata delle madri colpevoli, sarebbe sempre pieno fino all’orlo".
E cercando forse di attenuare i suoi sensi di colpa, dichiara con convinzione:
"Ho letto che il futuro di un bambino, l’impianto della sua personalità, si gioca nei suoi primi diciotto mesi di vita. Quel che viene dopo non è che una conseguenza di ciò che si è vissuto in quei mesi lì".
Spiega inoltre:
"È la complicazione che si porta dietro l’essere una seconda madre. Vuoi non solo fare meglio della prima, ma essere il meglio dei meglio. Senti uno spasmo continuo, il bisogno esasperato di fare bene, di superarti, di migliorarti, di mettere tutta la tua energia possibile per sfornare amore e così, a volte, crei una vicinanza ai figli pericolosa ed esagerata".
Il paragone con le altre madri, al quale i primi tempi si aggrappa come a una zattera di salvataggio è generalmente infelice. Talvolta si sente avvilita, sfinita, impreparata, come una donna di quarant’anni che, all’improvviso, si ritrova a dover fare da madre, senza un minimo di tirocinio, non a un bambino appena nato, ma a 1+1, cioè 2: fratello e sorella di nove e undici anni.
Avrebbe bisogno di dormire di più, un sonno tranquillo; vorrebbe qualche momento di tregua dallo stress e dai tormenti dell’emicrania. Certe volte, non sapendo più cosa fare, si rifugia nel Santuario della Consolata, in silenzio, perché se è vero, come dicono, che Lui sa tutto, non c’è bisogno di spiegargli niente. Quando esce dal santuario si sente per un attimo più tranquilla, all’idea di Qualcuno che sta lavorando per lei. Il sollievo non dura mai troppo a lungo.
"I momenti sereni della mia vita si susseguono ad un ritmo incessante", scrive con impareggiabile senso dell’umorismo, dopo aver ricevuto la chiamata dalla DIGOS, per informarla che è stata minacciata di morte. Un vicesindaco leghista, sui social, ha invitato i suoi follower a ucciderla. Lei racconta l’accaduto, precisando che è tutto vero. Io mi fido di te non è un romanzo. Tra una convocazione e l’altra a scuola per la condotta di suo figlio Jordan, deve recarsi anche in questura, a sporgere denuncia per quelle minacce.
Il tempo passa e, lentamente, si fa strada in lei la consapevolezza sul conto dei figli altrui: una realtà che viene spesso negata, mistificata o idealizzata. "Dio mio quanto le ho odiate queste mamme perfette, genitrici di figli perfetti", dice dopo aver constatato che la verità viene nascosta spesso sotto l’angolo scollato della moquette. Si rende conto, oltre tutto, che il destino di un figlio non dipende mai soltanto dai suoi genitori, che siano naturali, adottivi o, come nel suo caso, affidatari. Soprattutto nelle fasi più critiche, come nell’adolescenza "tempo di maremoti"; quando i figli cominciano a fare ciò che vogliono e non ciò che vorrebbero i loro genitori.
Cerca di farsi coraggio con le parole di Thomas Fuller, che cita, benedicendolo:
"Tutte le cose, prima di diventare facili, sono difficili".
Nonostante le critiche, talvolta crudeli, dei suoi figli, delle amiche o di madri nemiche; nonostante l’autocritica che l’autrice stessa si infligge, riesce col tempo e con uno sforzo titanico a guadagnare a pieno titolo il riconoscimento di mamma. I suoi figli la chiamano solo e semplicemente Lu, nel loro rapporto a tu per tu; agli amici e compagni di scuola la presentano però come mamma. Un bel giorno Jordan torna a casa con il suo primo tatuaggio; nonostante lei avesse cercato, inutilmente, di opporsi. Sul collo si è fatto segnare la sua data di nascita, quella di sua sorella Vanessa, insieme a quella di Littizzetto (sua seconda madre): un segno indelebile del loro rapporto indissolubile.
In questo suo libro Littizzetto riesce, senza presunzione e senza ammorbare con frasi retoriche, teorie astratte o consigli inutili, a trasmettere, forte e chiaro, un messaggio importante. Le famiglie, quelle tradizionali o allargate o ristrette, con legami di sangue o di cuore, naturali o per scelta, possono meritare tutte pari dignità e gli stessi diritti per essere riconosciute come tali.
Il testo appare inoltre come una dichiarazione d’amore smisurata nei confronti di Vanessa e Jordan.
"Se ci fosse una misura dell’amore, direi che il mio amore per te non sta dentro una piscina olimpionica."
Oppure:
"Se lo misurassi in chilometri sarebbe lungo come la Salerno Reggio Calabria, la Transiberiana e la curva dell’arcobaleno".
Con le sue originali e impareggiabili metafore, la grande sensibilità umana di cui ha dato prova, molto spesso, anche in TV, l’autrice rivela un aspetto di sé forte e tenero, poco conosciuto, finora, anche ai suoi lettori.
Molto interessante e istruttivo è il continuo raffronto, nel testo, con il "maternage" di moltissimi animali. L’alligatore, mamma tenera e premurosa. Il pinguino imperatore femmina, che ha una strategia particolare di svezzamento: "Depone l’uovo e poi lo lascia in custodia al maschio. Fai tu, gli dice, che io vado a pescare". La giraffa che dorme pochissimo, solo trenta minuti per notte, per vigilare sul figlio i primi sette giorni. "Più o meno quel che succede agli umani quando i neonati strillano e levano il sonno": è il commento personale dell’autrice. Certe ragne che allattano i ragnetti con il latte, pur non essendo mammiferi. Il koala che nutre i suoi piccoli non solo con il latte, ma anche con i suoi escrementi, perché il bambù di cui si nutrono gli esemplari adulti è un alimento indigesto e tossico. Mamma quokka, che non è una chef con troppi errori di ortografia, ma un piccolo marsupiale, quando si sente minacciata, in pericolo, è capace di lanciare i suoi piccolo in pasto al predatore, per salvarsi. Tra la sua vita e quella dei suoi cuccioli, sceglie di salvare la sua. Della serie: "Perché io valgo", scrive Littizzetto. C’è poi il bradipo, con la sua saggezza, che "non tiene il bamboccione in casa per l’eternità": va via lei, lasciando l’albero al suo cucciolo dopo averlo svezzato. Infine le cure estreme del polpo. Le femmine sono disposte a sacrificare la loro vita, presidiando la tana, per proteggere le uova, senza mai nutrirsi per cinque mesi consecutivi.
Tra i vari racconti di una madre umana e quelli di tante altre mamme del regno animale, l’autrice talvolta sorprende, rende più edotti, fa vibrare l’anima del lettore e, ancora una volta, ci diverte con la sua travolgente ironia.
Io mi fido di te. Storia dei miei figli nati dal cuore
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