Io, robot
- Autore: Isaac Asimov
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Straniera
Un classico della fantascienza non dovrebbe avere bisogno di presentazioni, e, in fondo, neppure di recensioni. E, davanti all’espressione “classico della fantascienza”, quale altro libro potrebbe venire in mente se non “Io, robot” di Isaac Asimov, pietra miliare del genere, testo fondamentale della produzione dell’autore che ne è sicuramente il capostipite? Un titolo essenziale, che dice tutto in due parole, per un’opera che ha affascinato generazioni di lettori e ispirato altri artisti di ogni genere: si consideri, ad esempio, l’omonimo LP pubblicato dal gruppo di progressive rock The Alan Parsons Project. Se, dunque, volete avvicinarvi alla fantascienza, sappiate che questo è un testo necessario, la base da cui partire per esplorare a vostro piacimento il genere. Non male, per un libro pubblicato nel 1950.
“Io, robot” viene generalmente classificato come raccolta di racconti e lo è anche, ma attenzione: anche in questo caso vale, almeno in parte, il discorso già fatto per “Cronache marziane” di Ray Bradbury: a eccezione del primo racconto, che funge quasi da “preparazione”, da spiegazione dell’impatto che i robot hanno sulla vita dei comuni mortali, tutti gli altri hanno in comune personaggi e situazioni, tanto da poter sembrare simili a episodi dello stesso telefilm. Anzi, seppure non consequenziali, i racconti seguono una certa cronologia: lo si intuisce da certi piccoli elementi inseriti quasi impercettibilmente nella narrazione, che suggeriscono l’invecchiamento dei personaggi, l’evoluzione della scienza (e della robotica) e, in generale, il tempo che passa.
Pilastro della narrazione sono le tre leggi della robotica, semplici e geniali, ormai celeberrime, la cui conoscenza è indispensabile per ogni appassionato del genere:
- 1- un robot non può arrecare danno a un essere umano né permettere che egli lo subisca per sua negligenza.
- 2- un robot deve sempre obbedire agli ordini degli umani, a meno che ciò non contrasti con la prima legge.
- 3- un robot deve sempre preservare la propria incolumità, a meno che ciò non contrasti con la prima o con la seconda legge.
Da questo consegue che i robot di Asimov non sono mai e poi mai volutamente ostili all’uomo, ma sono, anzi, tenuti a fare tutto il possibile per aiutarlo e servirlo come egli comanda. Una specie di esercito buono, insomma, con qualche problema tecnico di tanto in tanto, ma anche, e questo è un altro elemento molto importante, la capacità, se non di provare sentimenti, quantomeno di prendere decisioni in modo autonomo. Sempre, però, nel pieno rispetto delle tre leggi della robotica, tranne quando, nel racconto “Il robot scomparso”, si pensa, per esigenze dettate da una situazione contingente, di “allentare” un poco la prima legge nella costruzione di una partita di robot: una decisione simile non potrà provocare che guai seri.
Nel leggere questi racconti si resta stupiti da come lo stile incredibilmente semplice di Asimov e la sua totale assenza di compiacimenti e di facili elementi horror o splatter abbiano potuto creare storie di questa potenza e capaci di coinvolgere totalmente il lettore. In molti casi si sfiora la distopia, in tutti viene stimolata la riflessione. Non si tratta, infatti, di vuota fantascienza di maniera, ma di una raccolta densa di contenuti e di risvolti psicologici, che presenta personaggi assolutamente reali in situazioni che potrebbero diventarlo fra pochi anni. O che forse, in un certo senso, lo sono già.
Io, robot
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