Io ti ho a scrivere cose sì strane. Lettere di un grand’uomo tra casa e bottega
- Autore: Alessandro Manzoni
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: L’orma editore
- Anno di pubblicazione: 2023
L’orma editore continua la sua serie de “I pacchetti”, questi librini fatti ad arte che somigliano esteriormente a un pacchetto di sigarette e il cui contenuto sono lettere di scrittori molto famosi colti però in una diversa angolazione, più domestica. In Io ti ho a scrivere cose sì strane. Lettere di un grand’uomo tra casa e bottega (L’orma editore, 2023) troviamo le lettere scritte da Alessandro Manzoni, di cui quest’anno ricorrono i 150 anni dalla morte.
La prima lascia attoniti perché Manzoni scrive, all’epoca giovanissimo, cose che riguardano chi è caccia di divertimenti e di ragazze, come se chi ha la curatela su queste lettere, Alessandro Zaccuri, volesse dire che la gioventù, sia quella di Manzoni che di altri studenti anonimi, è uguale un po’ dappertutto.
In questo volume Alessandro Zaccuri invita i lettori a non pensare che Manzoni sia sempre legato a un’immagine austera e monumentale come quella della sua maturità. Anzi, come scrive Zaccuri nel commento, in questa prima lettera del Manzoni giovane aleggia l’aria di un Settecento galante e con qualche punta di malizia. Manzoni e un amico parlano di una ragazza su cui è stato fatto un patto, ovvero: “Ci dividiamo già le spoglie della futura preda”.
O una lettera a Vincenzo Monti dove l’autore tesse le lodi della madre Giulia Beccaria, all’epoca in lutto per la morte di Carlo Imbonati, l’uomo per cui abbandonò il tetto coniugale e il figlio stesso. Manzoni raggiunge la madre a Parigi e scrive a Monti dalla capitale francese di aver trovato in Giulia l’essenza della virtù. I modi cortesi, la cultura della donna e le sue premure, non le dimenticherà più. Anzi, riuscirà nel tempo a chiamare Giulia “mamma”. A Parigi inoltre aveva preso pure il vizio, che per fortuna cessò presto, di firmarsi “Alessandro Manzoni Beccaria”.
Per non scrivere poi del suo grande amico francese, Claude Fauriel , con cui si scambiò lettere per quasi quarant’anni. Talvolta si pensa, a torto, che Manzoni non fosse significativo, come autore, che sia stato uno scrittore provinciale. Niente di più falso, in Europa in molti Stati era ritenuto un faro, una persona e uno scrittore dalle abilità eccezionali. E in Italia, la critica letteraria non è mai stata unanime su nessuno dei suoi libri, addirittura Il Conte di Carmagnola fu massacrato dai recensori.
A Goethe, che gli scrisse proprio in merito a quest’opera, l’autore rispose:
Senza parlare di quelli che hanno trattato il mio lavoro con aperta derisione, quei critici stessi che lo giudicarono più favorevolmente, in Italia e anche fuori, videro quasi ogni cosa in un aspetto affatto diverso da quello in cui io l’aveva immaginata, e ripresero, come inavvertenze e come dimenticanze delle condizioni più note del poema drammatico, le parti che erano frutto della mia più sincera e più perseverante meditazione.
In buona sostanza, passano i secoli, ma le recensioni, la critica letteraria, sbaglia spesso perché vede cose che non ci sono e spesso trascura il vero centro di interesse delle opere letterarie. Ma lo stesso Manzoni per I Promessi Sposi, fece i nomi di critici che dovevano essere quelli con una maggiore cassa di risonanza, mettendo in disparte gli altri. All’epoca non c’erano ancora uffici stampa organizzati come adesso, ma uno come Alessandro Manzoni parlava direttamente con il proprio editore e non voleva intermediari, ritenendoli solo fastidi o utili per autori senza riguardo, che non vendevano, che insomma non erano neanche paragonabili al suo talento. E pure questo è così anche adesso, due secoli dopo.
Per non parlare poi degli amici scrittori, che non fossero Goethe, s’intende, ma scrittori italiani. Tra tutti uno con cui Manzoni trovava la possibilità di scrivere e discorrere anche di fede e di religione: si tratta di Niccolò Tommaseo, ma guai a chiedere espressamente un giudizio al monumentale Manzoni "Nazionale".
Nel caso di Tommaseo, un suo romanzo, del 1840, che ebbe un certo successo, dal titolo Fede e bellezza, divenne per il nostro illustre autore "mezzo giovedì grasso e mezzo venerdì santo" a causa della sua alternanza di sensualità e misticismo. E in ogni caso se Manzoni trovava gusto nello screditare i lavori degli altri, bisogna dire che aveva limiti ben prefissati. Che erano sostanzialmente nella difesa della fede cattolica. E quindi leggeva con grande preoccupazione i pamphlet che venivano da Parigi sottobanco per ribadire cosa era stata la Rivoluzione francese, mettendo sul podio i principi cardine dell’Uguaglianza, della Fratellanza e della Libertà. Manzoni non poteva affatto essere concorde con un periodo storico che giustificava e promuoveva l’ateismo.
Ma leggerli non era un problema per il nostro Manzoni, che leggeva speditamente in francese e con la madre Giulia Beccaria spesso parlava esclusivamente in lingua. Qualche problema invece molto spesso capitava a causa della condotta discola dei figli adolescenti maschi dello scrittore. A parte Pietro, che fu figlio, consigliere, amico, colui che sapeva tutti i movimenti di denaro in casa, gli altri due figli maschi, Filippo e Enrico, erano per motivi diversi ingestibili. Entrambi erano accomunati dal bisogno di chiedere al padre sempre più soldi, in particolare Enrico, che era davvero un pozzo senza fondo.
E a proposito di soldi, bisogna ricordare che Manzoni fece molto per i diritti di autore. Ai tempi i libri di maggior successo, venivano poi stampati in modo sciatto e visivamente orribile da una qualunque tipografia, senza che succedesse niente, perché si prendeva per buona la replica che chi non poteva permettersi di comprare un libro edito da Le Monnier, poteva sempre trovare un sostituto nelle copie contraffatte che erano spesso prive di note, di bibliografia. Ora noi siamo sensibili a questo problema perché siamo cresciuti - e alcuni di noi persino invecchiati - con la storia della pirateria, che comprende anche altre cose, film in prima visione già disponibili in DVD, canzoni dei gruppi musicali o cantanti preferiti, già su CD pochi giorni prima dall’uscita ufficiale del singolo stesso.
Se sui libri finora non c’è stata vera emergenza è perché la legislazione sui diritti d’autore, che riguarda libri e manuali scolastici, è piuttosto buona. Ed è anche merito del pensiero di Alessandro Manzoni, che si batté per i diritti d’autore. Il grande scrittore dei Promessi Sposi del resto sa, sin dalla più giovane età, che il libro, specie nell’Ottocento italiano, interessa pochissime persone, essendo considerato un “prodotto di élite”. Ora le cose sono forse cambiate?
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