Jacopetti Files. Biografia di un genere cinematografico italiano
- Autore: Fabrizio Fogliato
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Mimesis
- Anno di pubblicazione: 2016
Gualtiero Jacopetti, scomparso qualche anno fa, giornalista e regista, è stato una delle figure più carismatiche, controverse ed anarchiche del nostro cinema degli anni Sessanta. Sono molto grata all’autore Fabrizio Fogliato che, ancora una volta, mi ha preferito come lettrice fra i tanti appassionati dei suoi libri sul cinema italiano. Jacopetti, un uomo dalla vita fascinosa e avventurosa, nasce come giornalista de Il Corriere della Sera, apprezzato da subito da Indro Montanelli che lo investe di responsabilità, ritenendolo un cronista puro di politica e costume, in grado di andare per il mondo e di raccontarne la storia. L’idea di questo volume pregevole e molto interessante è nata dopo la retrospettiva Jacopetti Files al Lodi Città Film Festival del 2013. Gli autori Fabrizio Fogliato e Fabio Francione hanno ricercato fonti e raccolto numerose testimonianze, foto da archivi privati e pubblici, articoli ed interviste di un genere cinematografico, lo shockumentary, poco conosciuto ai più, per omaggiare un grande regista dimenticato quale è stato Jacopetti.
Nato in Garfagnana ma vissuto a Roma, liberale e anticomunista come amava definirsi, occhi azzurri e capelli neri, seduttore con il cuore rivolto ad una sola donna, la più importante della sua vita, l’attrice Belinda Lee, ispirò Federico Fellini per il film La Dolce Vita. Uomo colto, controcorrente, audace, coraggioso, non ha mai amato né la violenza né il sangue, e ha sempre pagato di persona le sue scelte. Sono poche le pellicole a sua firma insieme ai giovani amici, anch’essi “folgorati dal cinema”, Franco Prosperi e Paolo Cavara (“Paolo Cavara. Gli occhi che raccontano il mondo”), altro celebre regista poco ricordato. Film documentari che scandalizzarono l’Italia di allora e che furono al centro di notevoli e spinosi dibattiti morali ed etici. Pellicole prodotte da un giovane Angelo Rizzoli, con le musiche del maestro Riz Ortolani, grande firma della musica da film, che offrivano allo spettatore
“una riflessione sulla violenza dei media e dell’immagine”.
Un cinema che rompeva gli schemi con il suo crudo impatto visivo, un cinema nuovo, d’autore, espressionista ed anche politico. Interessante e d’attualità ancora oggi per i dialoghi, la musica, l’importanza delle tematiche, e per le immagini:
“un cinema”, come è stato definito, “che morde lo spettatore”.
In un’Italia di inizio anni sessanta, tra il boom economico e i governi di scudo crociato con i volti di Fanfani, Rumor e Moro che si alternavano, poco laica e dagli occhi bendati sull’altrove del mondo non ci si stupisce dello scandalo che i film suscitarono. Si può immaginare il pubblico delle sale dei cinema, gli stessi spettatori che accorrevano nelle sale alle proiezioni dei film di Alberto Sordi e Marcello Mastroianni, quando si sono travati di getto immersi in una realtà antica e spietata di usanze crudeli e di luoghi lontani in Mondo cane o nell’agghiacciante realismo dello schiavismo in Addio zio Tom.
“Il dovere di un cronista è quello di essere sul posto, registrare quello che è possibile registrare. Ma quando voglio raccontare qualcosa al pubblico, sono un giornalista che usa milioni di fotografie in pellicola, a cui aggiungo il commento parlato (…) Mondo cane è un documentario, era la prima volta che un documentario girava tutto il mondo, ottenendo il successo di film di un film di fiction. Bisognava quindi raccontarlo secondo i canoni del cinematografo, cioè dello spettacolo”.
Il mondo intellettuale e politico si divise in due fronti tra chi, come Alberto Moravia, apprezzava il coraggio delle idee criticando aspramente gli italiani rimasti gli stessi di quando Giacomo Leopardi pubblicò il “Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli italiani”, e il ministro per il Turismo e spettacolo Achille Corona che si rifiutò di presenziare alla premiazione del film Africa addio al David di Donatello perché “un ignobile film razzista con un alto indice di pericolosità”. Un film documentario, invece, su una orribile realtà che evidenziava le colpe dei bianchi (Europa) in Africa, “un colonialismo di dominio diretto e di addetti diplomatici” che avevano portato ad una crisi africana senza precedenti in un continente che bramava la civiltà, e che avrebbe determinato in seguito drammi, violenze e sangue. Mondo cane, del 1962, aprirà e traccerà un nuovo percorso per i successivi vent’anni, un modo innovativo per coloro che sperimenteranno l’arte del cinema di cui Jacopetti è stato un iniziatore. Nascerà il filone del Mondo Movies con una generazione di registi da Antonio Climati, Franco Prosperi e Paolo Cavara, Mario Morra ai fratelli Alfredo e Angelo Castiglioni, oggi molto apprezzati e riscoperti dai nuovi cineasti.
“Jacopetti files” è un saggio significativo e notevole su un genere cinematografico che mancava nella storia del nostro cinema e che rimanda necessariamente alle opere di Gualtiero Jacopetti, un uomo d’arte apprezzato e celebrato ovunque nel mondo che scelse un esilio volontario, e un desiderato oblio.
Jacopetti files. Biografia di un genere cinematografico italiano
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