Paolo Cavara. Gli occhi che raccontano il mondo
- Autore: Fabrizio Fogliato
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2014
Fabrizio Fogliato, docente di Storia del cinema e del linguaggio cinematografico, dopo il suo ultimo lavoro "Abel Ferrara. Un filmaker a passeggio tra i generi" è tornato alle stampe con un volume dedicato ad uno dei più eclettici registi italiani degli anni magici del nostro cinema: Paolo Cavara.
Paolo Cavara è stato inizialmente documentarista, successivamente regista ed autore televisivo, uno dei protagonisti eccellenti del cinema italiano e non solo, una lunga carriera artistica, che il tempo inspiegabilmente ed ingiustamente ha obliato.
Fabrizio Fogliato ha rimosso la nostra dimenticanza e in "Paolo Cavara. Gli occhi che raccontano il mondo" riporta alla luce la filmografia di un regista dallo stile cinematografico unico e irripetibile, con una prefazione all’opera curata dal figlio del regista Pietro Cavara.
Bolognese, Paolo Cavara iniziò la sua attività di documentarista al seguito di spedizioni scientifiche negli anni Cinquanta, insieme a Carlo Gregoretti e Franco Prosperi, quando ancora era studente di architettura all’Università di Firenze. Dopo alcune esperienze come aiuto regista, l’incontro con Angelo Rizzoli e la Cineriz negli anni sessanta e la collaborazione con Gualtiero Jacopetti gli valsero la realizzazione dei film Mondo cane (1962) e La donna nel mondo (1963) a cui è seguito I malamondo (1964). Film provocatori nei quali era racchiusa la sua determinazione e volontà artistica, la finzione del film deve essere al servizio della verità. Gian Luigi Rondi, nell’aprile del ’62, nella sua critica a Mondo cane scrisse che l’interesse del film era nella forza dei contrasti.
“Perché Mondo cane?… ci descrivono tutte le contraddizioni, gli assurdi, le cattiverie, gli egoismi di cui sono spesso esempio gli abitanti di questo mondo... l’interesse del film non è solo nel valore descrittivo delle singole sequenze ma è anche nel clima di desolazione e di angoscia che ne scaturisce… troppa amarezza e troppo dolore… che non tolgono al film il suo interesse terribile di documento, tanto più terribile quanto sempre vero dal principio alla fine.”
Una cinematografia che sapesse raccontare la verità e che per sua volontà, ricorda il figlio Pietro, nasceva dal desiderio nell’osservare ed esplorare la realtà al punto di poterne cogliere l’essenza. L’occhio del regista deve superare la soggettività del particolare e deve saper afferrare quanto più fedelmente la realtà della vita. Deve saper raccontare il mondo. È ciò che si potrà vedere compendiato ne L’occhio selvaggio (1967), il film manifesto del pensiero politico di Paolo Cavara, alla cui sceneggiatura parteciparono Tonino Guerra e Alberto Moravia. Il Male è presente lungo tutte le sequenze del film e il protagonista, soggiogato, ne subisce il fascino e se ne servirà per la sua realizzazione. Una trama originale nella quale il regista fa emergere le ansie e le preoccupazioni di una società che tendeva all’opportunismo e all’affermazione del successo. La descrizione di un mondo dove la mercificazione prevale e diviene un’unica moneta di scambio con più valore del denaro stesso.
Cavara è stato un intellettuale anticipatore dei tempi: cinquant’anni prima aveva definito i pericoli della falsificazione e mistificazione della realtà come strumento di coinvolgimento delle masse televisive. Aveva individuato già negli anni del boom economico un cambiamento nella società italiana che aveva trasformato l’individuo da partecipativo della collettività in uno spettatore passivo e individualista.
“La società dei consumi, per Paolo Cavara, omologa gli individui meccanizzandone azioni e emozioni, fa emergere un essere umano sterile, spaesato e proteso solo al raggiungimento del successo e del benessere materiale. Un’Italia amorale che il regista già vede in prospettiva e che racconta attraverso stilettate feroci ma volutamente indirette perché il suo cinema è un cinema che sussurra, che parla sottovoce che richiede pazienza e volontà di ascoltare.”
Un regista intelligente e acuto, un uomo complesso e squisitamente provocatorio che ha voluto raccontare nelle sue opere le storie di personaggi perdenti, quelli che si incontrano casualmente camminando per strada, le fragili vittime di una società che divora e sbrana.
"Paolo Cavara. Gli occhi che raccontano il mondo" è un’opera pregevole che raccoglie l’intera filmografia del regista Cavara, foto, documenti inediti, la testimonianza e il ricordo di alcuni dei suoi amici più cari: Riz Ortolani, Gigi Proietti, Giancarlo Giannini. Un saggio monografico voluto fortemente dall’autore, che nutre una profonda ammirazione per un regista diversamente malinconico quale era Paolo Cavara e che restituisce alla nostra memoria uno degli intellettuali più originali del cinema italiano.
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