L’unico figlio
- Autore: Anne Holt
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2011
La scrittrice norvegese Anne Holt ha pubblicato nel 2011 per Einaudi Stile Libero il romanzo “L’unico figlio”. I libri precedenti erano certamente più accattivanti e la suspense più forte ed efficace, questo romanzo invece, anche se ben scritto e altrettanto ben costruito, soprattutto nel finale, mi è apparso più opaco e meno coinvolgente.
I personaggi del romanzo
Alcuni dei personaggi principali sono appena tratteggiati, mentre è molto efficace il ritratto della commissaria di polizia che dirige l’inchiesta, la bella Hanne Wilhelmsen, la migliore detective di Oslo anche se alle prese con un problema personale di natura privata: la sua compagna di vita è una donna, Cecilie, e l’omosessualità femminile viene presentata come un problema non del tutto risolto ed accettato anche nella civile ed evoluta Norvegia.
La trama del romanzo
La scena del crimine che la Holt ci racconta è una casa-famiglia con otto bambini difficili, ai quali si aggiunge il dodicenne Olav, un ragazzo obeso e caratteriale, che da subito mette alla prova le capacità pedagogiche e psicologiche degli educatori della casa: la direttrice, Agnes, la sua vice Maren, e altri personaggi di contorno. Tutti in realtà hanno qualcosa da nascondere, nessuno è del tutto innocente, ma quando la direttrice viene trovata uccisa alla sua scrivania con un coltello nella schiena, il giallo diventa molto difficile da dipanare e il vero colpevole stenta a venire allo scoperto.
L’aspetto più interessante del libro è l’attenta analisi psicologica dei personaggi, che ci raccontano uno spaccato della società norvegese e della violenza sottile che sottende quel mondo dal clima gelido e dai sentimenti raggelati. I ragazzini che la struttura di accoglienza ospita sono guardati da persone difficili ed infelici: Maren, Terje, Cathrine, la stessa Agnes sono coinvolti in storie pregresse che li rendono inaffidabili e instabili. Molto efficace il racconto della totale infelicità di Olav e di sua madre Birgitte: anche in un paese dal welfare potente e solido, la malattia mentale resta un tabù sociale difficile da superare e capace di distruggere interi nuclei familiari.
Un libro che volendo essere un thriller scandinavo, come la moda letteraria impone, finisce invece per essere un romanzo sulla impossibilità di vivere la normalità della famiglia. La Holt è maestra nel descrivere il degrado fisico e psicologico a cui la malattia mentale può condurre, anche se il protagonista è solo un ragazzino di appena dodici anni.
L'unico figlio
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