La banda dei brocchi di Jonathan Coe

Una notte buia e un incontro dopo trent’anni: così La banda dei brocchi (Feltrinelli, 2002, trad. R. Serrai) apre le porte alla sua storia. Un romanzo il cui incipit lascia spazio a un lungo flashback che conduce alla narrazione di un intreccio di anime e di vite sullo sfondo della Birmingham anni ‘70.
Jonathan Coe è noto per i romanzi ambientati nella sua madre patria, l’Inghilterra, che, grazie all’espediente della finzione letteraria, documentano la storia e la società inglese di fine 900. La banda dei brocchi si sviluppa infatti sullo sfondo degli anni ‘70, tra nuovi fermenti sociali e culturali, e l’ascesa di Margaret Tatcher.

Il titolo originale, The Rotter’s Club, riprende l’album musicale degli Hatfield and the North pubblicato nel 1975, ma è anche la storpiatura del cognome Trotter, con la quale i compagni di scuola chiamavano alcuni dei protagonisti — da qui la traduzione italiana “brocchi”.

I personaggi? Moltissimi. Coe dipinge un piccolo microcosmo di esistenze, racconta le storie di Trotter, Harding, Anderton e Chase, quattro ragazzi studenti di un college elitario di Birmingham, e quella dei componenti delle loro famiglie.
Dalla comicità alla tragedia, Coe descrive con maestria le vite dei suoi personaggi, tanto da ricordare le trame dei romanzi di formazione.
I ragazzi sono destinati a proseguire i loro studi a Cambridge e Oxford, mentre le loro storie famigliari si dipanano sullo sfondo delle lotte sindacali, degli attentati dell’IRA, dell’ignoranza culturale, in una generale limitatezza di visioni. Sono quelli che Coe definisce “gli anni marroni”, tra sconvolgimenti sociali e nuove richieste culturali: nuove speranze, nuove visioni, nuovi ideali, musica, cinema, passioni; che talvolta scivolano nella delusione.

Un costante cambio di punti di vista mantiene viva la narrazione: saltando da un capitolo al successivo, il lettore è coinvolto e trascinato nella trama che si fa sempre più fitta.
I punti di vista differenti donano dinamicità, il lettore diviene una presenza dalla conoscenza quasi onnisciente. “Quasi”, ebbene sì, perché molti passaggi restano in sospeso, abbandonati per pagine e pagine, e recuperati solo in seguito, quando meno ce lo si aspetta. Altri invece restano sfumati, dai contorni imprecisi e inafferrabili, come capita nella vita, dove molti comportamenti e reazioni umane restano inspiegabili, travolte dalla volubilità delle emozioni umane.

Tanti intrecci, tante storie, in un romanzo che è fedele riproduzione dello scorrere della vita. Una vita che resta incompiuta, che resta aperta, per un libro che è parte di una trilogia, insieme a Il circolo chiuso (2005), che narra gli anni ‘90, e a Middle England (2018) per gli anni 2000, da leggere tutta d’un fiato.
La banda dei brocchi è consigliato a chi ama i romanzi che narrano vicende famigliari su uno sfondo storico fedele. Agli amanti delle atmosfere inglesi e delle loro vicende. A chi ama gli intrecci e la dinamicità dei racconti di vita, tra un sorriso e una narrazione pungente.