La disubbidienza
- Autore: Alberto Moravia
- Categoria: Narrativa Italiana
Romanzo breve pubblicato nel 1948, "La disubbidienza" racchiude la storia di un ragazzo che disubbidisce per colpa della sua famiglia e dal suo disgusto per il mondo materiale e per il denaro.
Se non è ancora noia, è stupore e malavoglia. Luca è figlio di una ricca famiglia romana, ama la madre e rispetta il padre, fino a quando si accorge che hanno entrambi lo stesso tabernacolo: sopra l’inginocchiatoio dove prega per abitudine, c’è una cassaforte piena di soldi. Tutto un po’ crolla, inizia ad andare male a scuola e sempre più in un languore malato, dorme il pomeriggio come chi aspetta che la giornata passi in fretta. Disubbidisce alle regola della famiglia e ai presunti valore di fondo che la tengono in piedi. Si rifiuta di mangiare, vomita tutto, il suo pensiero fisso è il denaro che ha fatto con i suoi traffici da adolescente e se ne deve sbarazzare.
"Seppellendo il denaro, in un certo senso, avrebbe sepolto se stesso; o almeno quella parte di se stesso che era attaccata al denaro”.
Un idolo che va distrutto, Luca è ossessionato dai soldi che portano solo ad ingiustizie, ipocrisie e rancori. E’ disgustato dalla vita che conduce perché:
“Era come una persona, il cielo, che, piangendo per qualche suo profondo dolore, sembrasse ogni tanto calmarsi e rasserenarsi, ma poi, ripresa dal cordoglio, ripigliasse, con rinnovata abbondanza e violenza, a lacrimare. Gli piaceva attardarsi al tavolino, davanti ai vetri rigati di pioggia e ostinarsi a leggere o scrivere nell’oscurità crescente, fino al momento in cui il precoce crepuscolo invernale copriva la pagina come di una polvere impalpabile”.
In buona sostanza quello che deve fare è morire, anche se prova delle pulsioni molto terrene per la governante, descritta come brutta e grassa. Arriva una malattia violenta e Luca si ritrova in ospedale trattato come un giovane uomo da un’infermiera con cui c’è una sorta di iniziazione sessuale.
“Ma ora capiva che quelle viscere altro non erano che le viscere stesse della vita, da lui sinora ripudiate e che la donna, imperiosamente, gli aveva fatto accettare”.
La disubbidienza è una forma più infantile della noia, presuppone che tu voglia non fare più delle cose che ti sono chieste. Luca riuscirà ad accettare la realtà del denaro, delle abitudini familiari o l’indifferenza prenderà il sopravvento?
Moravia scrive benissimo, ha sempre scritto bene, al massimo gli si può rimproverare di essersi ripetuto in troppi libri, che erano, per chi scrive e la sua generazione, un motivo per continuare nonostante tutto ad amarlo. Forse Moravia ha perso mordente in questi ultimi anni, ma i suoi libri sono sempre molto apprezzati e venduti.
La disubbidienza
Amazon.it: 8,55 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La disubbidienza
Lascia il tuo commento
Il libro di Alberto Moravia intitolato la Disubbidienza, affronta i temi cari alla filosofia esistenzialista descrivendo la storia di una ragazzo adolescente che attraversa una fase di ribellione.
Luca, questo il nome del protagonista, si allontana progressivamente dalle idee e dagli ideali imposti dai suoi genitori; in primo momento, la sua ribellione si sfoga con atti aggressivi, per i quali il ragazzo prende a pretesto avvenimenti in apparenza di poco importanza.
Uno di questi in particolare lo spingerà a tentare di liberarsi della vita ricercando la morte. Una sera Luca scopre un forziere dei suoi genitori nascosto dietro l’immagine sacra di una Madonna davanti alla quale veniva costretto a pregare in ginocchio.
Luca ne esce sconcertato; non accetta e non sopporta che l’immagine della Madonna sia stata accostata al denaro; in realtà crede che i genitori, in tutto quel tempo, gli abbiano fatto idolatrare i soldi.
Da qui la sua ribellione, che prevede l’abbandono di tutte le cose alle quali fino a quel momento era legato.
Come la protagonista del romanzo "La vita interiore", che, compiendo atti dissacratori, mette in atto un preciso piano con il fine di distruggere tutti i valori borghesi, anche Luca decide di annichilire tutto ciò che è simbolo della vita dei suoi genitori: proprietà, soldi, possesso, studio.
Inizia allora a smettere di studiare, poi si disfa della collezione di francobolli, regalandola ad un amico, poi del denaro risparmiato, riducendolo a pezzettini e seppellendolo in un giardino. Il tutto per raggiungere un preciso obiettivo: l’abbandono della vita.
Nel romanzo emerge un continuo riferimento alla doppiezza della natura umana, in bilico fra bene e male, fra riflessione e volgare mondanità .
Luca, infatti, ammette di essere legato ai valori materiali, come i francobolli e i libri, ma nello stesso tempo vuole disfarsene perché decide di non condividere più se stesso con la realtà circostante, fatta di soldi, di averi, di possesso, e quindi di banalità:
"Provava, è vero, ... una specie di odio rabbioso contro quegli oggetti e quei risparmi; ma capiva che li odiava appunto perché li amava e non perché fossero odiosi in sé".
Luca prova lo stesso sentimento doppio e composto di elementi opposti verso la governante, una donna non più giovanissima con la quale incomincia una relazione sessuale:
"Tutto questo gli ripugnava profondamente; ma, al solito, appunto perché gli ripugnava lo attraeva"...
Moravia in diversi punti del romanzo utilizza la parola "assurdo" per descrivere il non senso della vita:
"Così, non poteva fare a meno di pensare, questo era vivere, continuare a vivere, fare con passione e con tenacia cose assurde e insensate cui era impossibile fornire una giustificazione e che le mettevano continuamente chi le faceva in una condizione di servitù, di rimorso e di ipocrisia". Oppure:
"Ora il sentimento assurdo dei propri atti gli tornava ed egli provava un desiderio puntiglioso di dare quella tale scossa per vedere cosa sarebbe accaduto".
Le frasi in cui Moravia ribadisce il concetto di assurdità della vita sono molte; la parola assurdo viene spesso ripetuta.
Il concetto di assurdità è stato messo ben in luce da un grande scrittore esistenzialista francese: Albert Camus.
Nonostante tutto il protagonista riesce, attraverso un’esperienza, ad accettare la normalità della vita, anche con la sua mediocrità e, come si sottolinea nella quarta di copertina, a "trovare un equilibrio fra sé e l’ambiente".
Moravia, in questo libro, ribadisce inoltre il concetto di automatismo della vita umana; questo tema è narrato nel libro intitolato, appunto, l’automa.
Alcuni frasi ribadiscono la situazione in cui si trova l’essere umano contemporaneo:
"Ma la punizione stessa gli pareva preferibile alla solita automatica obbedienza", oppure: "Era come se la normalità, ridotta ormai ad un sottile involucro di abitudini, automatiche e perciò appunto tanto più fastidiose, fosse in procinto di cadergli definitivamente di dosso..."
Moravia tocca qui il tema caro alla filosofia esistenzialista, secondo la quale vivere significa appunto poter scegliere. Ma se l’uomo moderno compie atti meccanici ed "eterodiretti", si può dire che egli non scelga, quindi, in ultimo, che non viva.
E io che ho sempre pensato che alle donne i libri di Moravia non dicessero granché, mi devo ricredere.
Ciao! Io Moravia lo adoro. Per me è un GENIO della mente. Lo amo davvero