La fragile bellezza del giorno
- Autore: Giorgio Montefoschi
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Bompiani
- Anno di pubblicazione: 2014
Lo scrittore Giorgio Montefoschi scrive sempre di un quartiere altoborghese di Roma, i Parioli, dove si muovono i suoi personaggi benestanti, pieni di inquietudini, ma anche di certezze granitiche.
Il primo capitolo de "La fragile bellezza del giorno" (Bompiani, 2014) narra di Ernesto, intellettuale di sessantacinque anni, a un anno dalla morte della moglie, che cerca di intrattenersi con i figli, Paolo, medico con famiglia e Guido, con famiglia anch’esso, che però si sta separando dalla moglie Cristina, perché innamorato di Mara, di soli ventotto anni.
Una bellissima casa, nipoti educati, un’atmosfera di esile dolcezza, nonostante il lutto. Il nostro Ernesto, poi, già si è innamorato di un’altra donna, Claudia, molto sensuale, con cui instaura un rapporto molto strano. Una coppia all’insegna del disamore, dove il collante è una tiepida passione sessuale, un capriccio più che una relazione, una conferma di poter stare con una donna anche dopo l’amore coniugale con Carla. Un capitolo fitto fitto di dialoghi, in cui Ernesto capisce che Claudia è solo un ricordo sbiadito della moglie.
Nel secondo capitolo viene raccontata tutta la storia d’amore con la moglie Carla, il colpo di fulmine, la frequentazione, la loro vita da studenti privilegiati. Le schermaglie, perché Carla detesta andare oltre a casti baci, la veemenza di Ernesto, il lasciarsi e prendere, sapendo che tanto tutto stava andando verso l’amore coniugale.
Un periodo felice, in cui Ernesto scrive dei romanzi che dedica inconsapevolmente alla moglie. Sulla prima casa, Montefoschi scrive:
"Abitavamo all’ultimo piano di via Barnaba Oriani, sopra l’appartamento degli zii, in una mansarda che sua madre, quando le avevamo comunicato che ci saremmo sposati, aveva ristrutturato e ampliato, incorporando la torretta e il vano dei cassoni, ormai inutilizzati, dell’acqua. Era la mansarda nella quale ci eravamo tolti i vestiti, dandoci le spalle, una settimana dopo il suo ritorno dal Sestriere; nella quale ce li eravamo tolti una seconda volta, guardandoci; nella quale, in un pomeriggio di febbraio che anticipava la primavera, m’aveva guidato, tremando, dentro di sé."
Arrivano i figli: Paolo e Guido, la felicità è quasi totale, anche se Ernesto ha un temperamento malinconico, restio a prendere atto che tutto è fugace, che tutto passa.
La malattia di Carla arriva come una forma banale di febbre; Ernesto è preoccupato da una tosse insistente della donna, ma le compre l’aspirina e sembra tutto passato. Poi le cose andranno peggio, ma non le raccontiamo, anche perché sono le pagine più belle del libro, dove una Carla sempre reticente sui sentimenti ammette di aver amato il marito più della sua stessa vita.
L’epilogo è di nuovo nella vita senza Carla, i figli grandi, la nascita del figlio di Guido dall’amante Mara.
Una vita controllata, ma anche un po’ priva di senso per Ernesto, dove i figli parlano più al cellulare che con lui, come se tutto si fosse dissolto, in una modernità fastidiosa, dove i matrimoni non durano e tutto sembra provvisorio e banale.
Una scrittura preziosa, quella di Giorgio Montefoschi, un Moravia casto con accenti "cechoviani". Tutto cambia, tranne il quartiere, i Parioli di Roma.
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