La lotteria di Shirley Jackson

Ogni anno, in una mattina di fine Giugno, accade che i trecento abitanti di un piccolo paese si riuniscano per la lotteria, tutti. Uomini, donne, anziani e bambini si accalcano attorno alla valigetta scura dell’estrazione e partecipano con trasporto all’evento che si ripete sempre uguale da tempo immemore: una lotteria della quale nessuno si augura di essere il vincitore.

Inizia in questo modo il racconto breve “La lotteria” di Shirley Jackson, che dà il titolo all’intera raccolta (ultima edizione Adelphi, 2007) che comprende altre tre opere: Lo sposo, Colloquio e Il fantoccio. Quattro racconti brevissimi, nei quali Shirley Jackson descrive la sua idea dell’orrore, del terrore del quotidiano e della cosiddetta normalità, della cattiveria che riposa con gli occhi socchiusi sotto le pieghe della pelle degli onesti cittadini, della paura che regna sovrana nelle strade pulite e nelle vetrine illuminate delle nostre città.

L’inquietudine, il groppo in gola, sopraggiunge senza bisogno di creature mostruose o situazioni al limite della realtà, in un crescendo tensivo che fin dall’inizio non fa presagire nulla di buono al lettore che abbia il coraggio di guardare nel buco della serratura o, semplicemente, al di là della punta del proprio naso. Unico difetto: troppo breve per chi ha tanta sete.

“Ascoltano troppo i giovani, non c’è mai niente che gli vada bene. A dare retta a loro, si tornerebbe a vivere nelle caverne. C’è sempre stata la lotteria, e la lotteria è una cosa seria. È già abbastanza brutto vedere come la organizza il giovane Joe Summers, che scherza con tutti”.