L’incubo di Hill House di Shirley Jackson

“Nessun organismo vivente può mantenersi a lungo sano di mente in condizioni di assoluta realtà; perfino le allodole e le cavallette sognano, a detta di alcuni. Hill House, che sana non era, si ergeva sola contro le sue colline, chiusa intorno al buio; si ergeva così da ottant’anni e avrebbe potuto continuare per altri ottanta. Dentro, i muri salivano dritti, i mattoni si univano con precisione, i pavimenti erano solidi, e le porte diligentemente chiuse; il silenzio si stendeva uniforme contro il legno e la pietra di Hill House, e qualunque cosa si muovesse lì dentro, si muoveva sola”.

Il professor John Montague, laureato in antropologia e appassionato studioso di fenomeni paranormali, decide di prendere in affitto l’antica e isolata residenza di Hill House perché essa ha fama di essere abitata da fantasmi. Partecipano alla sua ricerca Luke Sanderson, nipote dell’attuale proprietaria della villa, e due ragazze che in passato hanno avuto esperienze legate al soprannaturale: l’esuberante artista Theodora e la timida e insicura Eleanor Vance, ancora scossa dalla recente morte della madre invalida che ha accudito per anni. Il loro stato mentale ed emotivo è messo a dura prova da eventi inspiegabili e dalle sinistre presenze che sembrano muoversi tra le stanze dell’inquietante dimora.

“L’incubo di Hill House” della scrittrice statunitense Shirley Jackson (1916 - 1965), edito per la prima volta nel 1959 e pubblicato da Adelphi nel 2004 con la traduzione di Monica Pareschi, si inserisce per trama e atmosfera nella ricca tradizione letteraria della narrativa horror e gotica e, all’inizio, potrebbe sembrare solo l’ennesima variante sul tema della casa stregata. Ciò che lo differenzia da altri testi dello stesso genere è, però, la magistrale capacità dell’autrice di far crescere la tensione in modo graduale, disseminando con abilità gli allarmanti indizi sui misteri che circondano la villa, protagonista assoluta del romanzo. Interessante è notare i continui cambiamenti nelle dinamiche relazionali tra i vari personaggi e le loro diverse percezioni degli strani fenomeni che accadono a Hill House. Colpiscono soprattutto la fine indagine psicologica di Eleanor, da subito la più fragile e suggestionabile del gruppo, e la scarsità di dettagli orrorifici, a riprova del fatto che a volte l’immaginazione e la paura sono stimolate di più proprio da ciò che non viene esplicitamente detto e mostrato.

Dal libro sono stati tratti due adattamenti cinematografici: Gli invasati (1963, regia di Robert Wise) e Haunting – Presenze (1999, regia di Jan de Bont).