La pienezza di vita
- Autore: Edith Wharton
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2022
Edith Wharton è stata la prima donna a vincere il premio Pulitzer nel 1921 grazie al romanzo L’età dell’innocenza. Oggi Oligo editore con la traduzione e curatela del professor Enrico De Luca ci ripropone La pienezza di vita, uno dei primi, anzi forse il primo in assoluto racconto della scrittrice nata a New York nel 1862.
Questo testo fu redatto nel 1891 e pubblicato sullo “Scribner’s Magazine” nel 1893, dove rimase per sempre, visto che l’autrice in età matura lo ritenne «Un lungo grido di protesta», una prova giovanile un po’ troppo fuori dai propri schemi narrativi, tanto da lasciarlo pubblicato solo in rivista e non volerlo aggiungere in nessuna raccolta di racconti.
Nel testo è protagonista una donna che muore per un’assunzione eccessiva di medicinali (causale o volontaria? Sta al lettore scoprirlo) e si risveglia nell’aldilà, anche se non sappiamo di preciso se si trovi nel Paradiso e nell’Inferno o in una via di mezzo tra i due, quello che è certo è che non è più tra i vivi. Accanto a lei compare un Spirito, con il quale la donna parla e questo fantasma potrebbe farci pensare alla classica ghost story dalle atmosfere gotiche, parecchio diffusa in quel periodo, ma non è proprio così. Il racconto di Edith Wharton, anche se presenta una creatura del mondo paranormale, lo Spirito appunto, vede protagonista una donna intenta a parlare del vivere, dei sentimenti, delineando non solo la propria personalità, ma anche quella sensazione di non avere vissuto in modo completo e totale la propria vita. A sottolineare questo il fatto che la protagonista evidenzi il rapporto un po’ freddo con il marito, diverso da lei e pure poco empatico. Marito e moglie sono differenti in tutto, pure per gli interessi culturali e letterari, basti pensare che il marito della donna ama leggere i racconti del treno, ossia storie a basto costo e contenuto non impegnativo molto diffuse tra i pendolari in viaggio nel XIX secolo. In poche parole un uomo misero, senza interessi e spoglio di quella finezza mentale e acume emotivo che desidera tanto la protagonista. Questo piattume impedisce alla controparte maschile di comprendere la moglie, il suo amore per la cultura, per il viaggio e per l’arte. La prima voce femminile della storia parla con trasporto di Orsanmmichele o San Michele all’Orto a Firenze e delle sue opere, un luogo meraviglioso per le sue caratteristiche artistiche, storiche e posto dove lei vorrebbe passare il tempo eterno con la sua anima gemella, che non è il marito apatico e disinteressato.
Quella che Wharton narra in questo racconto è una donna colta, ferita però dalla vita (questo fa pensare al rapporto non troppo idilliaco che la scrittrice aveva con il marito più anziano di lei) che, però, trova nell’aldilà la dimensione dove raccontare il proprio stato d’animo, il bisogno di sentirsi realizzata, il bisogno di avere un compagno che sia davvero in grado di capirla, e pure la necessità profonda di creare il giusto equilibrio tra le proprie aspirazioni personali e le regole della società circostante. La pienezza di vita è forse davvero, come disse l’autrice, «Un lungo grido di protesta» - consapevole, aggiungerei - certo è che ha in sé tutti gli ingredienti letterari che Wharton utilizzò poi nella sua produzione letteraria
La pienezza di vita
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