La vita s’impara
- Autore: Corrado Augias
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2024
La vita s’impara (Einaudi 2024) di Corrado Augias è l’autobiografia del giornalista, scrittore, conduttore televisivo, autore televisivo, drammaturgo ed ex politico, nato a Roma il 26 gennaio 1935.
“Conoscere sé stessi è un compito doveroso che può diventare spiacevole. Comunque, va fatto”.
Impegno non semplice, perché conoscere sé stessi vuol dire riunire in una sola figura tre possibili sdoppiamenti: chi siamo, chi vorremmo essere e come ci vedono gli altri.
La sintesi non è sempre possibile, molto dipende dalla volontà di voler davvero affondare lo sguardo nel timore di chissà quali brutte sorprese. Scriverne indubbiamente aiuta. E allora Augias, giunto alla tenera età di quasi 90 anni, rievoca al lettore la propria lunga e feconda esistenza, rivelando una cosa che finora ci era sfuggita: la vita è un apprendistato, un puzzle di esperienze, ricordi, passioni, scelte giuste e sbagliate.
Dunque, la vita s’impara, giorno dopo giorno, guai a perdere la curiosità intellettuale e la passione civile, che hanno dominato la vita dell’autore, i cui numi tutelari sono Tito Lucrezio Caro, Renan, Feuerbach, Freud e poi Spinoza, Manzoni, Beethoven, Nietzsche, Leopardi.
Augias è spesso ospite di talk show politici, dove i suoi interventi sono sempre stimati e apprezzati.
“Non so se siano frequenti le adolescenze spensierate, perfino quella di Leopardi per un po’ di anni lo fu; certamente non lo è stata la mia”.
È cominciata, più o meno, così, l’esistenza del piccolo Corrado, “figlio della guerra”, la famiglia sbandata con il padre, ufficiale della regia aeronautica, prima in Africa (Tobruch) poi in ospedale per una ferita infertagli durante un attacco britannico, e per la quale rischiava la cancrena. Poi l’occupazione tedesca, i nove mesi dal settembre 1943 al giugno 1944 furono un interminabile incubo. Il padre Carlo aveva aderito al gruppo clandestino guidato dal colonnello Montezemolo, una banda partigiana formata da militari ma poco significativa proprio dal punto di vista militare. Importante, invece, come cellula di resistenza democratica con ufficiali e sottufficiali di varie armi sui quali la futura Repubblica avrebbe potuto contare. Le auto in circolazione allora erano solo quelle militari e di polizia, Augias ricorda lo spavento ogni volta che una si fermava davanti al portone di casa.
La madre di Augias dischiudeva appena le imposte per occhieggiare in strada. Due volte la polizia fascista era venuta a cercare il padre, uomini in borghese, che indossavano alti stivali. L’autore nota, a ragione, che di quei remoti avvenimenti si sia persa la memoria, dopo ottant’anni di pace in Italia. Evidentemente è ragionevole che sia così, inevitabile e giusto. Insieme alla memoria s’è però persa anche la coscienza di quale catastrofica illusione sia stata affidarsi a un salvatore (un «uomo della Provvidenza» nelle parole di Pio XI), che da solo avrebbe rimesso a posto le cose, con un colpo di personale genialità.
Atteggiamento un po’ infantile, anzi peggio: un modo spiccio per liberarsi dal peso dei doveri civili.
Il memoir di un grande testimone delle virtù e dei vizi del nostro amato Belpaese, ebreo per parte di madre, cattolico per educazione e laico per scelta, si legge avidamente, con sublime interesse, e mentre scorrono le pagine, scorre la storia d’Italia. Ed è bello quando l’inventore di fortunati programmi televisivi, quali «Telefono giallo», «Babele», «Città segrete», «La gioia della musica», «La Torre di Babele», zigzaga nel testo seguendo sempre un filo logico.
“… ora so che la vita s’impara e va un po’ meglio, però s’è fatto tardi”.
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