Le assaggiatrici
- Autore: Rosella Postorino
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2018
Rosa Sauer è una giovane moglie trasferitasi da Berlino nella Prussia orientale; siamo nel 1943 e lei abita a casa dei suoi suoceri nell’attesa di notizie del marito Gregor, partito per servire la Germania in guerra. Rosa vive a Gross-Partsch, un villaggio molto vicino alla “Tana del Lupo”, il nascondiglio di Hitler e, proprio questo, insieme alla provenienza ariana e al fisico di donna in salute, sarà ciò che le cambierà la vita. Così ha inizio il romanzo “Le assaggiatrici” (Feltrinelli, 2018) di Rosella Postorino, vincitrice del Premio Campiello.
Un giorno come tanti altri, mentre Rosa aiuta in campagna la suocera, si presentano alcuni soldati delle SS e le intimano di seguirli.
Il Führer ha bisogno di lei- Non mi aveva mai vista in faccia il Führer. Aveva bisogno di me
Con un’altra decina di donne Rosa viene scelta quale assaggiatrice dei cibi destinati ad Hitler. Lei e le altre, dritte e compite, portano già in sé i segni della guerra che aveva separato famiglie e seminato vittime.
Ha inizio, per le dieci giovani, tra cui, oltre alla protagonista, ci sono Elfriede, Leni, Ulla, Beate, Heike, Augustine, Theodora, Sabine e Gertrude, un periodo assai particolare.
Alle undici del mattino eravamo già affamate. Non dipendeva dall’aria di campagna, dal viaggio in pulmino. Quel buco nello stomaco era paura. Da anni avevamo fame e paura.
Il rituale si ripete ogni giorno: dopo aver consumato i cibi preparati anche per il Führer, non ci si poteva alzare subito. Bisogna attendere almeno un’ora di modo che, nel caso il cibo avesse contenuto del veleno, qualcuna fra quelle “cavie” avrebbe cominciato a star male ed evitato un terribile pericolo al Führer. Ecco, quelle donne scelte per servirlo, quasi privilegiate, sono in realtà "oggetti d’esperimento" su cui effettuare prove.
Anche se nei momenti di difficoltà spesso nei gruppi prevale la solidarietà, questa non ha spesso luogo tra le “assaggiatrici”: Rosa, ad esempio, è considerata l’estranea e soprannominata la “Berlinese” come a voler sottolineare che lei è diversa dalle altre, forse di famiglia agiata e con un destino meno doloroso. La discordanza fra loro è però qualcosa di più profondo: Rosa non così favorevole a Hitler, fra sé, ricorda anche suo padre da tempo scomparso ma dichiaratamente contrario al nazismo. Ci sono invece le “Invasate” perché palesemente convinte di voler servire il Führer, anche a costo della vita. A ciò si aggiunge lo scorrere dei giorni, tutte insieme: nello stesso locale si crea quasi un piccolo mondo a parte ed è logico che dinamiche assai diverse scaturiscano da sconosciute che, per pura casualità, si trovano a dividere per mesi e mesi la vita quotidiana.
Rosa in realtà si macera nell’attesa di lettere dal marito, sente un vuoto nel suo ventre, non per la fame bensì perché lei, a differenza di altre assaggiatrici, non ha avuto il tempo di concepire con Gregor un figlio tanto desiderato.
Ma pian piano le asperità fra le giovani si mitigano e:
Era successo: avevamo riso insieme per la prima volta.
Tutto in guerra è difficile, soprattutto per le donne, la cui vita, per Hitler non aveva granché valore. Venivano premiate da lui solo quelle che partorivano molti figli: solo loro erano d’esempio per dare continuità alla razza ariana.
Il romanzo, diviso in tre parti, mostra nella prima una Rosa prima moglie innamorata poi disperata perché il marito pare disperso. Quel mondo che aveva sognato va in frantumi ma lei si attacca ad ogni piccola speranza
È disperso, non è morto
Continua la vita di sempre anche se al campo qualcosa cambia. L’istinto spinge Rosa a non allontanare da sé un fiero tenente
Eravamo donne senza uomini. Tutte avevamo bisogno di essere desiderate perché il desiderio degli uomini ti fa esistere di più. Ogni donna lo impara da giovane. Ti accorgi di quel potere quando è ancora troppo presto per maneggiarlo. Non lo hai conquistato, perciò può diventare una trappola.
Il susseguirsi degli eventi ricalca i fatti di guerra e Rosa è costretta, come tanti altri, a “resistere” a quella realtà in cui nulla e tutto avvengono in un istante.
Il libro è così ben scritto, così intenso e reale anche se parla di un passato ormai lontano che le vicende si fanno leggere d’un fiato. Non c’è quasi il tempo per giudicare l’operato dei personaggi: per loro, sottoposti a forti eventi per volere dei potenti, ora, in guerra come in amore, tutto è lecito.
La terza parte, ambientata in un tempo distante agli anni di guerra, è una vera sorpresa di cui non si va a svelare nulla. Ogni pagina trasuda, però, d’amarezza e soprattutto dell’incapacità di ricostruire pienamente ciò che era andato in frantumi.
Sogni, speranze, dolore, sofferenza si mescolano pagina dopo pagina e questa storia che nasce e si snoda al femminile poi si amplia fino a divenire soltanto ed estremamente umana.
La narrazione si fa apprezzare, oltre che per il contenuto, anche per lo stile scorrevole e intenso al punto giusto.
Il romanzo si rifà ad una vicenda reale, alla figura di Margot Wolk, unica sopravvissuta fino a poco tempo fa, tra le vere “assaggiatrici”. Da questo spunto si dipana la storia che val la pena d’essere letta perché le vicende di Rosa, “donna inaccessibile”, sono in realtà tremendamente toccanti.
Le assaggiatrici
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Su questo libro ho letto e ascoltato pareri molto discordanti tra loro. Per cui ho deciso di leggerlo, attratta anche dal desiderio di conoscere meglio una realtà di cui ero all’oscuro, quella delle assaggiatrici di Hitler.
All’inizio ho fatto fatica a comprendere cosa si intendesse comunicare attraverso le pagine. Ma poi ho capito... ho capito che comprendere non sarebbe servito a nulla. Mi sono lasciata completamente trasportare dal turbinio di emozioni contrastanti di Rosa. Dalle sue paure, dalle sue insicurezze. Dai suoi goffi ed esuberanti tentativi di aggrapparsi alla vita, una vita che probabilmente non è più sua. Una vita che si lega alle sue ossa, non lasciandole scelta. Rosa è un personaggio molto distante dalla perfezione, è denso di contraddizioni ma, d’altra parte, chi di noi non lo è?
Una frase mi ha colpito in particolar modo: "Più mi adattavo e meno mi sentivo umana" (p.171). Siamo fisiologicamente predisposti per adattarci ai cambiamenti. Ma siamo sicuri che questo sia in linea con i nostri valori, con i nostri sentimenti? Cosa ci rende umani? Ci plasmiamo di continuo. Ma ci siamo mai chiesti cosa sia potuto accadere alle persone vissute sotto il regime di Hitler? A tutti coloro che si sono "adattati" ad una realtà tanto stretta e cruda? Ho amato i numerosi punti di vista che sono stati offerti nel corso della lettura. Siamo abituati a guardare il mondo attraverso la nostra prospettiva, ma dobbiamo sempre ricordare che non è l’unico modo di cui disponiamo per osservare ciò che accade.
Siamo esseri umani, siamo fragili. Rosa lo dimostra. Siamo figli del tempo, che spesso ci allontana dai nostri agognati sogni. Spesso diventiamo vittime di noi stessi, del nostro "(...) bisogno di avere un ruolo nel mondo, di essere incanalati in una direzione precisa, per sottrarsi al deragliamento, alla marginalità" (p.236).
Una lettura scorrevole, incastrata continuamente tra le emozioni della protagonista. Non aspettatevi di trovare un resoconto dettagliato di quanto avvenuto sotto il regime di Hitler. Non è un romanzo storico. È una storia ricca di passioni inesplose e desideri interrotti. Se avete voglia di guardare per qualche istante il mondo con occhi diversi, questo è il libro che fa per voi.
Unica nota negativa: mi sarei aspettata qualcosa di più dal finale, ciò non toglie si tratti di un libro che vale la pena avere tra gli scaffali di casa.
Non sono riuscita a farmi andar giù quel ripetuto "a mensa" che in bocca ad una tedesca di quegli anni mi sembra stonare molto e che rende il personaggio poco credibile.
A mio parere si tratta di un regionalismo ma può essere che io sbagli.