Le molliche del commissario
- Autore: Carlo F. De Filippis
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Giunti
- Anno di pubblicazione: 2015
“La prima indagine di Vivacqua” è il sottotitolo del romanzo Le molliche del commissario , esordio di Carlo F. De Filippis che vive e lavora a Chieri sulle colline torinesi, primo volume che ha come protagonista il poliziotto palermitano.
Lunedì 12 marzo. Ore 17,50. Torino. Chiesa della Santissima Trinità. All’interno del luogo sacro, vicino a uno degli inginocchiatoi accanto al confessionale una donna pregava. Un mormorio sommesso proveniva dal secondo confessionale. Per il resto si percepiva una pace appena disturbata dai rumori della strada e del cortile dell’oratorio. “Un grande, pacifico silenzio spirituale”. Don Riccardo stava chino ascoltando e sgranando il rosario. Non vedeva l’ora di terminare, perché quell’uomo inginocchiato nel buio emanava una brutta energia. Lo sconosciuto peccatore non era sincero, Don Riccardo lo sentiva, c’era qualcosa nel modo di parlare, di guardare dal basso verso l’alto che lo metteva in allarme. L’anziano prete aveva assolto l’uomo facendosi promettere che non avrebbe aspettato più tanto a lungo per confessarsi. Uscito dal confessionale, Don Riccardo aveva percorso pochi metri quando gli era sembrato che un’ombra lo superasse in altezza. All’improvviso un refolo di vento gli aveva sfiorato i capelli infrangendosi sul polso, proseguendo sulla fronte per passare infine sul cranio come un aratro. Don Riccardo era caduto travolgendo l’inginocchiatoio e sbattendo la testa sul pavimento sotto il poggiapiedi. “Chi era? Perché ce l’aveva con lui?”. Mentre cercava di capire che cosa stava accadendo, Don Riccardo non si era accorto che una nuova ventata si era abbattuta sulla sua tempia, forse uno scricchiolio di cartilagini.
“Cosa abbiamo?”. “Un cadavere ancora caldo, dottore”.
Nelle prime pagine di questo riuscito romanzo noir, l’autore presenta il commissario di polizia Salvatore Vivacqua, Totò per gli amici, “un uomo atipico che vede le cose per quelle che sono, anziché come dovrebbero essere”, secondo la definizione del questore Vincenzo Renier, detto il Doge. Totò Vivacqua ha cinquant’anni, anzi quasi cinquantuno, è nato a Palermo, secondo di cinque figli. “Un cubo di un metro e settantacinque per novanta chili, non un filo di pancia”. Il Capo della Sezione Omicidi si è laureato in Giurisprudenza lavorando sulle volanti. Ha ottenuto una Medaglia al valore nel 1999 a Bergamo con tre lettere di encomio del Ministero. Il nostro eroe conserva sul proprio corpo i segni del suo difficile mestiere: cicatrice da arma da fuoco al torace, ferite diverse da arma da taglio e costole del lato sinistro fratturate a causa di una pallottola di magnum contro il giubbotto antiproiettile. Totò, nessun hobby, è sposato da ventidue anni con Assunta Bellomo, psicologa dell’età evolutiva part time e casalinga ed è padre di Fabrizio e Grazia. Il poliziotto sa che “c’è sempre una mollica, anche piccola, basta avere occhi buoni per trovarla” e si trova alle prese con una serie di inquietanti delitti iniziando da quello feroce e crudele di Don Riccardo, rinvenuto con il viso sfigurato e la mano pressoché amputata, che lo catapulteranno negli oscuri grovigli della Torino bene. Non è difficile affezionarsi a questa nuova figura letteraria ben delineata dal suo autore, che pone come esergo del volume una frase tratta da I fantasmi del cappellaio di Georges Simenon.
“E tua moglie?”. “Sempre uguale”.
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Assolutamente scontato, tante pagine scritte inutilmente, non scorrevole e con il tentativo inutile di copiare Camilleri che è un maestro ineguagliabile.
Ridicolo l’aggettivo NEGRO NEGRO NEGRO .....come se quando si prendesse un criminale Bianco...si specificasse così in modo altisonante ...BIANCO BIANCO BIANCO ...
non mi è piaciuto per niente ...