Le radici dell’odio. La mia verità sull’Islam
- Autore: Oriana Fallaci
- Casa editrice: Rizzoli
- Anno di pubblicazione: 2015
Su Oriana Fallaci l’opinione pubblica si è sempre spaccata in due come una mela, fra coloro che l’hanno amata e chi invece non la poteva soffrire. E’ il destino delle grandi personalità, di chi possiede carattere, forte temperamento, ovvero robusta spina dorsale.
Le radici dell’odio. La mia verità sull’Islam (Rizzoli, 2015, prefazione di Lucia Annunziata) raccoglie gli articoli di oltre cinquant’anni di reportage in tutto il mondo da inviata di guerra in Vietnam, Libano, Palestina, Israele, Giordania, Iraq.
Oriana Fallaci è stata una giornalista coi fiocchi: ostinata, battagliera, coraggiosa, sempre pronta a rischiare la vita – nel 1968, durante gli scontri a Città del Messico, fu coinvolta in uno scontro a fuoco finendo persino all’obitorio –, per riportare i fatti con la morte accanto e non come ben altre note colleghe – qualcuna ancora in attività - le quali, davanti alla telecamera, raccontavano di battaglie, di morti, di feriti e di politica internazionale trasmettendo da una confortevole stanza di albergo, truccate, senza neppure un capello fuori posto, soprattutto a debita distanza da dove si sparava.
Il volume spazia fra reportage dal fronte, in mezzo a raffiche di mitra e colpi di mortaio, e alcune interviste più significative con Arafat, Habbash, re Hussein, Golda Meir, Reza Pahlavi, Sharon, l’Ayatollah Khomeini, Gheddafi.
La giornalista fiorentina, nella sua lunga e avventurosa carriera, ha intervistato i potenti di mezzo mondo, senza sciogliersi in timori reverenziali bensì con domande dirette, puntute, a volte scomode, non girando mai intorno alle parole.
Per farsi un’idea di che pasta fosse la donna, ancor prima della giornalista, non si può non ricordare l’episodio in cui si tolse il velo con rabbia, definendolo uno straccio da medioevo, di fronte a Khomeini. Gesto di grande coraggio, al limite della temerarietà e dell’incidente diplomatico - altro che la figuraccia mondiale delle statue coperte! -, di profonda dignità femminile, qualcosa di incompatibile con omologazione, il servilismo e la ruffianeria di molti nostri attuali giornalisti.
Non possono, dunque, mancare gli articoli sulle sue prese di posizione, forti, decise, perentorie, per niente politically correct come il famosissimo "La rabbia e l’orgoglio", pubblicato sul Corriere delle Sera alcune settimane dopo la tragedia dell’11 settembre 2001. Oppure come "Noi cannibali e figli di Medea", uscito sul Corsera del 3 giugno 2005, a proposito di staminali ed embrioni umani - che, per la verità, nulla ha a che fare con l’argomento Islam: ma, si sa, pur di soddisfare esigenze commerciali si aggiunge questo ed altro.
Quasi cinquecento pagine segnate dallo stile, dalla tempra, dalla vis polemica del pensiero di una grande inviata, riprese qua e là da alcuni dei suoi libri più famosi.
Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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