Mar Morto
- Autore: Jorge Amado
“C’è una canzone del porto che dice che è infelice il destino delle donne dei marinai. Dicono anche che il cuore dei marinai è volubile come il vento, come i saveiros (imbarcazioni) che non si fissano in nessun porto. Ma tutte le navi hanno il nome del loro porto sulla prua. Possono andare per altri porti, possono viaggiare molti anni, ma non dimenticano il loro porto, un giorno ci ritorneranno. Così è il cuore dei marinai. Non dimenticano mai quella donna che è soltanto loro”.
Sono frasi come questa a fare la fortuna di “Mar Morto” di Jorge Amado, che ho letto nella traduzione di Liliana Bonacini Seppilli (Edizioni San Paolo). Questo romanzo narra la storia di Guma e Livia: una storia d’amore e di mare che risulta piacevole (peccato solo qualche disinvolto passaggio dal tempo passato al tempo presente). Inoltre, in una frase sopra riportata, avrete forse notato il classico errore
della doppia negazione: “… che NON si fissano in NESSUN porto”. La frase corretta, a fare i pignoli, sarebbe invece: “… che non si fissano in alcun porto” (questo vuole la lingua italiana).
Ma questi piccoli rilievi non scalfiscono la suggestione poetica complessiva dell’opera, ritmata dalle musiche e dalle liriche di Doryval Caimmi e scritta nell’ormai lontano 1936 da un autore che mostra, pagina dopo pagina, il proprio talento. Amado, infatti, dà vita a una galleria di personaggi che hanno l’autenticità dell’imperfezione, perché sono vinti da passioni travolgenti e tormentati dai conseguenti sensi di colpa, come la maggior parte di noi. Personaggi con valori, aspirazioni e sogni che naturalmente spesso resteranno tali. Ed anche il mare, a ben guardare, finisce per diventare un personaggio, centrale, perfetta sintesi di una Natura che è sempre benigna e al tempo stesso matrigna, eterno mistero che spesso i poeti, a cominciare da Leopardi, hanno tentato di esplorare.
- Mar morto, di Jorge Amado (Edizioni San Paolo), pagg. 241
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