Mi ricordo
- Autore: Paola Capriolo
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Giunti
- Anno di pubblicazione: 2015
I personaggi di Paola Capriolo sono attestati sulla voragine ontologica come la falena su quella evocata dalla fiamma. Ci sbirciano dentro, la fissano come in obbligo a un richiamo, a un dover essere. Con un misto di fascinazione/repulsione, se mi spiego. Sin da quando si serviva del “fantastico” come chiave di accesso alle sue storie-declinazioni di attrazione per l’abisso (Il doppio regno, Vissi d’amore, La spettatrice), Paola Capriolo impone ai suoi protagonisti un tour de force interiore che trova sbocco in una teleologia divaricata: rovina o salvezza. Riscatto o completa dannazione. Resa definitiva o (ri)appropriazione del sè.
I romanzi della Capriolo sono romanzi comunque in bilico tra immanenza e contingenza, se la vedono col Caso e la Necessità perché dentro e fuor di metafora fanno i conti, di volta in volta, con l’esistere.
Nel suo ultimo “Mi ricordo” (Giunti, 2015), per esempio, ci sono Storia e Tempo a porsi come sfondo portante. La Storia - è o non è una sorta di calligrafia del Tempo? - che grava sui destini incrociati di due donne. Si chiamano Adela e Sonja e appartengono al passato e al presente.
La prima, negli anni Trenta, è stata ebrea, ricca e appassionata di Arte e del Bello. Prima di essere deportata in un lager nazista abita coi genitori una villa affacciata su un fiume, intrattenendo un fulgido rapporto epistolare con un poeta assai famoso (via via sempre più ignavo di fronte agli orrori del regime).
La seconda vive nel nostro presente. Nella dimora nobiliare che era di Adela lavora come badante di un anziano signore alquanto scorbutico.
Il romanzo si evolve dunque in parallelo (bravissima Paola Capriolo a padroneggiare entrambi gli ambiti senza frizioni), teso tra due storie distanti e contigue al contempo: la storia di Adela - il suo progressivo decadere dall’agiatezza al degrado dei campi di sterminio, il difficile (impossibile?) ritorno alla normalità di un’esistenza borghese - e quella di Sonja, che nella villa presso cui presta servizio indaga tra i retaggi del suo passato familiare, fino all’(in)atteso disvelamento finale.
A leggere tra le righe e in senso traslato, il romanzo risulta montato su diverse categorie dicotomiche – mirabile/orribile, bene/male, rivelato/non svelato -, a partire dalla contrapposizione “dentro” (inteso come interiorità resiliente, sede possibile del Bello) contrapposto a un “fuori” coattivo-prevaricante.
Se mi è lecita la forzatura sloganistica, “Mi ricordo” si offre alla lettura come un mistery dell’inconscio, sorretto da una prosa densa ed elegante che fa di Paola Capriolo una delle scrittrici più pregnanti (filosoficamente pregnanti) della letteratura contemporanea.
Mi ricordo
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