Mi sono perso in un luogo comune. Dizionario della nostra stupidità
- Autore: Giuseppe Culicchia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2016
"Mi sono perso in un luogo comune. Dizionario della nostra stupidità" (Einaudi, 2016) è un dizionario dei luoghi comuni in cui Giuseppe Culicchia ci mette di fronte - in maniera spesso autenticamente comica e con la consueta leggerezza ed ironia - al nostro modo di parlare per stereotipi e frasi fatte. Un dizionario comico sui nostri luoghi comuni che fa riflettere sul nostro modo di parlare e soprattutto, di (non) pensare. Tra una risata e l’altra.
Se nessuno vi ha mai dato dello stupido e nemmeno dell’ignorante, allora leggete l’ultimo libro di Giuseppe Culicchia e constaterete con mano, anzi con gli occhi necessari per leggere, che l’autore viene giustamente a porre rimedio a questo vuoto con questa sua ultima opera. "Mi sono perso in un luogo comune. Dizionario della nostra stupidità" inizia con una citazione di Gustave Flaubert - il grande romanziere francese a cui il nostro si è ispirato nella redazione di questo particolare dizionario -, che testualmente recita:
“DIZIONARIO. Riderne. E’ fatto solo per gli ignoranti”.
giusto per rafforzare il concetto espresso nel titolo.
E più di una volta, infatti, l’autore, con il suo consueto stile ironico, pungente e spesso autenticamente comico, ci porta a riflettere su quanto il nostro parlare, e quindi anche il nostro modo di pensare, sia limitato e riduttivo.
Per ogni termine tra i molti citati in questo divertente ed anomalo "dizionario", è riportata una spiegazione o meglio un luogo comune, una frase fatta, un pensiero stereotipato e meccanico associato al termine stesso, nel consueto modo ironico e spesso realmente spassoso a cui Culicchia ci ha abituati. Frasi che tutti noi potremo senza fatica riconoscere come "nostre" e che più di una volta avremo pronunciato, frasi che sono ormai diventate vere e proprie gabbie linguistiche e che, a loro volta, sono il chiaro specchio dei pensieri da cui traggono origine: pensieri superficiali, omologati, di massa, ("sempre anonima", ci ricorda l’autore).
Ecco, se per un attimo smettiamo di ridere, cosa abbastanza difficile leggendo questo libro, e ci fermiamo a riflettere, prendiamo atto con amarezza di quanto il nostro modo di pensare, che si riflette nel nostro linguaggio, ci abbia reso stupidi e ignoranti. Le parole sono il mezzo con cui i nostri pensieri vengono esternati e parlare per stereotipi e per luoghi comuni vuol dire pensare nella stessa maniera cioè non pensare.
Ecco perché tutti ci meritiamo di essere chiamati stupidi o ignoranti: perché ci adeguiamo, perché ci siamo adagiati in classificazioni mentali, perché è più semplice e meno faticoso adeguarsi a concetti tutto sommato ragionevoli, condivisi, tranquilli, rassicuranti. Non per nulla alla parola “leggere”, Culicchia scrive “perdita di tempo”, concetto esteso anche al termine “libri”, corredato dal commento “complementi di arredo”.
Ecco, se leggessimo di più sicuramente riusciremmo a pensare di più, più in grande o anche solo diversamente e, forse, non ci sarebbe bisogno di un dizionario della nostra stupidità.
Grazie, Culicchia, per avercelo ricordato.
Mi sono perso in un luogo comune: Dizionario della nostra stupidità
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