Tutti giù per terra
- Autore: Giuseppe Culicchia
Vincitore del Premio Montblanc 1993 e del Premio Grinzane Cavour 1995 Autore Esordiente, Tutti giù per terra è stato il romanzo d’esordio di Giuseppe Culicchia, oggi uno dei più noti scrittori italiani.
La storia, da cui nel 1997 è stato tratto l’omonimo film di Davide Ferrario con Valerio Mastrandrea, è quella di Walter, giovane di modesta estrazione sociale, disoccupato, studente di filosofia, poco avvezzo al sesso e ai rapporti con le ragazze che, in una Torino difficile e multirazziale, comincia come obiettore di coscienza il servizio civile presso un centro di accoglienza nomadi ed extracomunitari.
E’ il periodo della Pantera, dell’occupazione delle Università, dell’autogestione, delle scritte e degli striscioni in cui per un momento si è inneggiato ad un nuovo ’68, ad una nuova rivoluzione di costumi che poi, nei fatti, non c’è stata.
Walter è un ragazzo come tanti che diventa, nelle mani capaci del suo autore, un personaggio unico, originale, compiuto che ti coinvolge con la sua immediatezza, col suo disagio, con i suoi momenti di sofferenza. Walter è uno di noi e nostra potrebbe essere la sua storia vissuta in un’Italia che non ci fa molto onore ma che, guardata attraverso il suoi occhi talvolta sprezzanti e la sua tagliente ironia a tratti assolutamente geniale, ci fa sentire parte di un tutto e quindi sorridere, come compagni comuni di una stessa sventura.
Una storia acida per certi aspetti, ma nello stesso tempo romantica, divertente e intrisa di vitalità.
Forse uno dei pochi, veri romanzi generazionali degli ultimi quindici anni, scritto con un linguaggio semplice, immediato, sfacciato, quasi scontroso.
Una metropoli che fa da perfetto sfondo.
Un’idea di “sicurezza economica” che Culicchia racchiude nel limite delle mura dei negozi del centro dai quali i commessi guardano fuori, attraverso le vetrine, come animali in gabbia e pagine di cronaca che si aprono di continuo su immigrati, barboni, emarginati e sulle ordinarie catastrofi dell’era postmoderna. Uno scrittore di talento. Un libro da non perdere.
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Tutti giù per terra
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Il talento di Giuseppe Culicchia venne scoperto dal grande Pier Vittorio Tondelli, che proprio agli scrittori giovanissimi dedicò il suo ambizioso progetto “Under 25”. L’incontro con Tondelli è raccontato in questo romanzo autobiografico, che ha rappresentato l’esordio letterario di Culicchia. L’opera narra le vicende di Walter, giovane irrequieto ed insoddisfatto che nei primi anni Novanta vive il drammatico passaggio dalla scuola al mondo del lavoro. Sono anni di profonde trasformazioni storiche e sociali: il muro di Berlino è caduto e con esso il sistema alternativo di ideali che esso rappresentava, mentre in Occidente inizia ad affacciarsi un’altra terribile crisi, quella del capitalismo, che mostrerà la vacuità del sogno degli anni del boom economico e si trascinerà, con sempre maggiore drammaticità, fino ai giorni nostri. Proprio per questa ragione consiglio di leggere questo romanzo, perché esso racconta esperienze, quali il lavoro nero, l’emigrazione, la precarietà economica ed affettiva, il crollo degli ideali, che sono quanto mai attuali. Si potrebbe anzi dire che Culicchia, raccontando il proprio presente, abbia in qualche modo anticipato il futuro. Il protagonista del romanzo rimane così impresso nella mente del lettore contemporaneo, specie se giovane ed assillato dall’incubo della precarietà. Walter non è infatti figlio dei gommosi anni Ottanta, né dei sogni rivoluzionari del ’68; egli è il reduce della guerra scatenata da chi lo ha preceduto, minacciato dai mostri del capitalismo, del debito e del consumismo. La famiglia e il luogo di lavoro rappresentano il suo fronte, la scrittura e l’agognato amore l’impossibile riscatto. La sua ribellione all’asservimento dei mezzi di comunicazione di massa ed alla massificazione imperante è però destinata a fallire. Alla fine anche lui, senza nemmeno capire come, si troverà rinchiuso in quella gabbia da cui aveva cercato eroicamente di sfuggire. “Produci-consuma-crepa” cantavano più o meno in quegli anni i compianti CCCP di Giovanni Lindo Ferretti. Sarebbe più o meno questa la giusta colonna sonora del romanzo, che non esiterei a definire punk fin nel midollo.