Pao Pao di Pier Vittorio Tondelli

Pier Vittorio Tondelli è stato il guru di una generazione: i suoi pensieri, i suoi libri sono stati amati come altri mai; questo è il romanzo meno compatto del Nostro, fatto di schizzi, di piccole figure nel mare magnum della leva.
Per i più giovani, vorrei ricordare che erano tempi in cui era difficile essere riformati e questa condizione comunque veniva vissuta come una vergogna (i pacifisti erano ancora considerati una razza bizzarra oppure bisognava confessare la propria omosessualità, a prezzo di vergogna e riprovazione).
Pao Pao (Picchetto Armato Ordinario) è la storia di un ragazzo, di nome Acci, che assolve il servizio militare obbligatorio, che aiuta gli altri soldati a scrivere le lettere alle ragazze e ai genitori, deve nascondere il suo essere gay ma senza piagnistei o lamenti.
Innamorato di un coetaneo a cui scrive:

"Volevo imparare a non soffrire per la sua assenza; lasciavo vagare nella mia testa i pensieri di cuore come leggere condensazioni di umori, li spingevo e li soffiavo dentro di me, li lasciavo girare e circolare, permettevo loro di espandersi ed estinguersi. Non offrivo resistenze, non li volevo trattenere, non mi volevo arrestare in loro. Stavo cercando di non soffrire. Solo così potevo evitare una tempesta."

Quello che stupisce i giovani lettori è l’assenza di computer, di cellulari, di messaggi.
Si ci metteva di fronte a un telefono pubblico e si aspettava il proprio turno per parlare coi genitori, con le mogli.

Scrittura sulfurea, bella e sentimentale:

"Non mi piacciono gli addii, ho imparato a scantonarli; non esiste nulla di definitivo figuriamoci gli addii e i fazzoletti e le strizzate di mano."

Questo gruppo di soldati a Roma (dopo i primi due mesi ad Orvieto) vi entrano nelle viscere, non potrete scordarli facilmente.