Un weekend postmoderno
- Autore: Pier Vittorio Tondelli
- Genere: Classici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Bompiani
- Anno di pubblicazione: 2014
Un caleidoscopio di suggestioni, immagini, personaggi e ambienti diversi che tratteggiano a più riprese un unico tempo: quegli anni Ottanta di cui Pier Vittorio Tondelli fu un testimone tanto acuto quanto, allo stesso tempo, ancora oggi ampiamente incompreso.
In Un weekend postmoderno (Bompiani, 2014) confluiscono articoli che Tondelli scrisse per varie testate italiane, riflessioni, note critiche, recensioni, resoconti letterari e interviste che non dimenticano nessuno dei protagonisti di un decennio. Piuttosto che di "romanzo critico", come lo classifica Fulvio Panzeri nella postfazione, sulla scorta di una definizione di Alberto Arbasino, ci si trova di fronte a una summa degli anni Ottanta, una riflessione complessiva che, lungi dall’assumere la forma astratta di un saggio, si articola in infiniti scenari e descrizioni, mostrando al lettore quelli che sono stati i protagonisti, le tendenze, le contaminazioni e i movimenti di fondo di un decennio.
A calcare le scene di Un weekend postmoderno sono soprattutto i giovani, a cui Tondelli rivolse costantemente lo sguardo in tutta la sua produzione e la provincia italiana, soprattutto la provincia emiliana e romagnola: le origini dello scrittore ma anche la vera capitale italiana degli anni Ottanta.
Quel che ne risulta è un reportage infinito, una riscrittura parallela, lenta e meditata, di fenomeni sociali che Tondelli lumeggiava contemporaneamente nella sua produzione narrativa, dal kitsch della riviera romagnola (Rimini), alle psichedelie della droga (Altri libertini), dalla vita della caserma (Pao Pao), fino ai dolori riservati dall’amore omosessuale (Camere separate).
Da questo affresco onnicomprensivo non restano fuori neanche le abitudini e i miti più frequentati di quella generazione, osservati con sguardo realistico e disilluso. Della Londra underground si ricordano ad esempio le banchine della metropolitana, dove
"i tossici festeggiano questi ingloriosi tempi delle pere e i barboni si rannicchiano a ridosso degli sfiatatoi, tutta l’effervescenza e l’eccitazione della fauna postmoderna cambia di segno, gradatamente, scendendo per le catacombe".
Tante le pagine dedicate ai nuovi fenomeni artistici, dal teatro sperimentale, alla videoart, dai videogiochi al nuovo fumetto italiano, prodotto di
"una generazione formatasi culturalmente davanti al teleschermo, cresciuta con in testa il sound delle più belle ballate della storia del rock, diventata giovane maneggiando i paperback e altri gradevoli frutti dell’industria culturale"
Una generazione, quella del nuovo fumetto italiano, in cui Andrea Pazienza assurge a esempio più alto perché di quegli anni assorbe anche la mitologia negativa che torna identica anche in molte stelle del rock:
"giocare, con il proprio talento, alla roulette russa. Strapazzarlo, gettarlo, immiserirlo, sprecarlo, dannarlo sapendo di poterlo ritrovare intatto il giorno dopo, ancora più brillante e sgargiante.
È questo che la morte di Andrea mi mette davanti, spietatamente: il lato negativo di una cultura e di una generazione che non ha mai, realmente, creduto a niente, se non alla propria dannazione".
E, poi, ancora, la moda fiorentina e le radio popolari – le stesse che ci ha raccontato Ligabue in Radiofreccia - dove Vasco Rossi, da deejay, muoveva i primissimi passi; i pub di Udine e la fascinazione per Ost Berlin e per il comunismo cantata dai CCCP di Giovanni Lindo Ferretti; la via Emilia e altre mille strade provinciali, percorse nelle notti senza fine per raggiungere l’ultima birreria di paese e l’eroina cantata da Lou Reed, forse la cifra più significativa degli anni Settanta e Ottanta perché capace di accomunare Janis Joplin e Jimi Hendrix a tanti giovani anonimi e sconosciuti.
Come non ricordare, infine, l’altra fondamentale direttrice di Un weekend postmoderno , le innumerevoli chicche di giornalismo culturale che questo testo-mondo nasconde tra le sue pagine: le interviste a grandi irregolari come Carlo Maria Mariani o Carlo Coccioli; le recensioni delle opere di Robert Pirsig, Jack Kerouac, David Leavitt, Bret Easton Ellis e John Fante che altro non sono, se non un pretesto per svolgere brevi e incisivi ritratti di questi autori; soprattutto, la presentazione e il bilancio critico di Under 25 , quel progetto letterario che Tondelli animò per portare all’attenzione del grande pubblico la voce dei giovani degli anni Ottanta. Una voce che, nelle sue molteplici sfumature, ha permesso di cogliere:
"La scomparsa di una cultura metropolitana (...) avvenuta parallelamente all’emergere, sempre più vigoroso, di una cultura che nasce e cresce nelle città di provincia e, da qui, molte volte affluisce alla metropoli. (...) Se non esiste più una capitale, sembrano esistere tanti piccoli centri che hanno una vita culturale stimolante e aggressiva. Questi ragazzi che scrivono, che ci hanno scritto, non desiderano più perdersi e vivere e sentirsi eccitantemente speed (...) all’interno di una città brulicante di vita a ogni ora del giorno e della notte. Non cercano più l’anonimato, l’alienazione della vita della metropoli per far saltare le proprie intensità (...) Il lisergico e la psichedelia, attitudini che stanno tornando massicciamente nelle abitudini delle nuove generazioni (...) vengono gustati meglio nella tranquillità".
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