Peer Gynt
- Autore: Henrik Ibsen
- Genere: Classici
- Categoria: Poesia
- Casa editrice: Einaudi
Tra le forme letterarie per tradizione più significative per lo stile, i contenuti e per la caratterizzazione dei personaggi, quella drammaturgica occupa senza dubbio un posto di rilievo. Il teatro per sua naturale caratteristica stimola l’autore di un testo a un’attenzione specifica per il registro linguistico, per la trama e per gli interpreti della storia, che vanno curati nei minimi dettagli, forse ancor di più che in un tradizionale testo narrativo, proprio pensando alla rappresentazione scenica che dovrà avvenire di esso.
Tra i padri riconosciuti della drammaturgia moderna a livello mondiale, c’è sicuramente Henrik Ibsen. Tante sono le opere importanti scritte dal famoso drammaturgo norvegese nato nel 1828 a Skien, cittadina del sud della Norvegia capoluogo amministrativo della contea di Vestføld og Telemark, e scomparso nel 1906 a Oslo, all’epoca chiamata Christiania. Tra di esse merita uno sguardo molto attento Peer Gynt, poema drammatico in cinque atti scritto in versi e in lingua danese nel 1867, che non è certamente il più famoso testo di Ibsen, ma indubbiamente uno dei più belli.
Il testo è difficile da adattare, proprio perché scritto in versi, in quanto non era stato concepito in origine per essere rappresentato sul palcoscenico. Si tratta di una storia fantastica, quasi una sorta di realismo magico, come nella tradizione della letteratura dei paesi scandinavi, ma in realtà si differenzia notevolmente dalle altre opere teatrali di Ibsen, incentrate molto su di un attento e particolareggiato studio della società borghese del suo tempo, alle relazioni sociali e familiari, che non risparmia a essa feroci critiche — basti pensare al suo dramma più famoso, Casa di bambola, considerato dalla critica il suo capolavoro assoluto, che lo ha reso celebre in tutto il mondo.
In Peer Gynt viene narrata la storia del protagonista che dà il nome al poema, un giovane pieno di energie ,di vitalità e di idee. Peer cresce orfano del padre, Jon Gynt, uomo un tempo ricco e stimato, ma che, in quanto dedito all’alcool e ad altri vizi, finisce con lo sperperare il patrimonio e, per tale motivo, decide di abbandonare il figlio e sua moglie Åse, lasciandoli in condizioni economiche assai difficili.
Peer è un sognatore, anticonformista e idealista, che all’età di vent’anni trascorre il tempo senza un lavoro e senza dedicarsi a occupazioni utili, ma divertendosi e spassandosela con vari vizi, come quello dell’alcool, ereditato dal padre, procurandosi guai e antipatie presso i suoi concittadini.
Il suo desiderio di fare qualcosa di importante, di affermazione personale anche sul piano economico allo scopo di riappropriarsi del patrimonio familiare perduto e ridare serenità a sua madre, si scontra tuttavia con la realtà, dove non riesce a collocarsi nella giusta misura attraverso un lavoro stabile e una compagna con la quale sposarsi e formare una famiglia. Il suo aspetto fisico gradevole e la sua esuberanza lo rendono attraente agli occhi di molte ragazze, verso le quali Peer mostra in generale notevole interesse, ma il suo carattere un po’ strafottente e i suoi racconti di improbabili imprese e avventure da lui vissute allo scopo di attirare l’attenzione delle persone finiscono con il produrre l’effetto contrario.
Nel primo atto l’autore mette in evidenza il profondo legame esistente tra il protagonista e sua madre, un affetto sincero, autentico, dolce, che richiama a una concezione familiare molto lontana da quella della contemporanea società norvegese e scandinava in generale.
Mamma Åse è una madre molto presente, protettiva verso suo figlio e pronta a difenderlo ritenendo che ogni sua azione, anche la più irresponsabile, sia fatta in buona fede, in quanto il cuore di Peer, malgrado gli innegabili limiti caratteriali del ragazzo, è puro, generoso. Questo non le impedisce tuttavia di preoccuparsi e di essere continuamente in ansia per lui, sapendo all’occorrenza riconoscerne anche gli errori.
Egli non sarebbe capace comunque, secondo sua madre, di fare del male a nessuno nonostante ostenti nervosismo e ribellione, che si esprimono attraverso un comportamento e un linguaggio che lo portano talvolta a trattare con durezza tutte le persone, compresa sua madre, che vorrebbero dirgli cosa dovrebbe fare.
La storia ci mostra in seguito che Åse ha saputo comprendere la natura più profonda di Peer, la sua non è quindi una difesa di parte, ma l’amore grande di una mamma che conosce veramente bene la natura di suo figlio come nessun altro essere umano. Sembra di riconoscere in questa descrizione di Ibsen più le caratteristiche di una mamma italiana, ma probabilmente come detto i tempi cambiano e anche i metodi educativi: c’è da supporre che un tempo anche le madri norvegesi fossero molto più protettive verso i loro figli.
Sono i primi tre atti in cui l’elemento fantastico, quello romantico e in parte soprannaturale si fondono magnificamente conferendo alla storia un carattere originale, avventuroso e magico tipico di una fiaba moderna, arricchita dalla presenza di figure irrinunciabili nella tradizione nordica come quelle di gnomi, di troll e di spiriti, che Peer Gynt incontra nel corso della vicenda.
L’autore non chiarisce del tutto se essi siano frutto delle allucinazioni e della fantasia visionaria di Peer, ipotesi molto più probabile, o se si tratti invece di esperienze reali di vita.
Il protagonista seduce e fa innamorare molte ragazze e questo dà la possibilità a Ibsen di presentare molti personaggi femminili, decisamente importanti nella storia come in molte altre opere di quest’autore, che talvolta mette la donna al centro dei propri testi drammatici.
In Peer Gynt tra di esse c’è Ingrid, la bella e ricca figlia del cosiddetto "padrone di Hagstad", un facoltoso proprietario di un terreno coltivabile e di diversi altri beni, per la quale inizialmente sembra avere una preferenza, ma che invece decide di lasciare che si sposi con un altro uomo; Anitra, figlia di un capo beduino che conosce durante un lungo soggiorno nel Nord Africa, prima sulla costa e poi nell’entroterra desertico, terre che Peer raggiunge dopo un lungo viaggio per fuggire dai guai e dai tristi pensieri che con il tempo si e procurato nella sua Norvegia; Solveig (o Solvejg, esistono due diverse forme nelle quali viene scritto tale nome), il vero grande amore di Peer, fanciulla giovanissima e pura, buona d’animo e che ricambia il sentimento di Peer. La sua paziente attesa del ritorno del protagonista dal suo lungo viaggio nella capanna dove avevano deciso di vivere insieme è un’autentica testimonianza d’amore. Solveig sa vedere come Åse, la madre di Peer, la bontà presente nel cuore del giovane e gli dona tutta la sua fiducia.
La straordinaria attualità e modernità di questa storia sono tali da renderla un classico del teatro e della letteratura mondiale e vanno ricercate nel tema proposto dal grande scrittore norvegese all’attenzione del pubblico, sia esso costituito dagli spettatori presenti in teatro per la rappresentazione scenica dell’opera, o i lettori intenti nella lettura del poema. Ibsen ci dice che esistono uomini che vivono la loro esistenza in una dimensione onirica ogni giorno, incuranti delle preoccupazioni e dei problemi pratici che affannano e occupano la mente della gente comune. Tali individui sono destinati per la loro stravaganza, per il loro idealismo e la loro autentica originalità, a essere emarginati, perché considerati dei diversi, talvolta persino dei folli, tanto da essere considerati pericolosi o comunque incapaci di vivere nella realtà della società nella quale si trovano.
Ibsen non sembra volersi schierare e prendere una posizione netta a favore di una o dell’altra tipologia di persone, l’impressione è che voglia sottolineare i limiti e i pregi che entrambe possono avere e il loro riflettere due opposte concezioni di vita. Il finale, che chi scrive non svela, va forse considerato una sorta di compromesso tra di esse, che passa comunque il dolore, qualche sconfitta, difficoltà, pregiudizi e un profondo senso di solitudine che il protagonista, invecchiato e stanco, deve sperimentare nella sua vita. come tutti coloro che come lui credono nella forza dei sogni.
Il libro è stato pubblicato in Italia da Einaudi nella collana Collezione di teatro con la traduzione di Anita Rho nel 1975 e ristampato in seconda edizione nel 1997.
Una lettura vivamente consigliata di un capolavoro del teatro moderno reso ancora più famoso nella rappresentazione teatrale dalle musiche indimenticabili, suggestive e romantiche composte da Edvard Grieg, al quale Henrik Ibsen in persona diede l’incarico.
Grazie a esse, ma non solo, Grieg divenne il più famoso e apprezzato musicista norvegese di tutti i tempi.
Una piccola domanda, a chi scrive, viene spontanea: al giorno d’oggi è ancora possibile scrivere opere di tale bellezza? Certo i tempi sono molto cambiati dal periodo in cui è vissuto Henrik Ibsen, il modo di concepire la vita e di conseguenza di scrivere è molto diverso. Quel che è certo è che ancora oggi vivono dei moderni Peer Gynt, che magari possono apparire un po’ strani agli occhi della gente comune, ma che con determinazione, coraggio e passione inseguono il sogno di essere se stessi e rimanere coerenti con i loro ideali per tutto il corso della loro vita.
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