Scarafaggi
- Autore: Jo Nesbø
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2015
“Chi è che non ha un amico che non è stato in un bordello?” (Pag. 21)
Nei secoli passati, una struttura adeguata di diplomatici era importante per intrecciare relazioni quotidiane con un governo straniero. Ma in un mondo con intelaiature elettroniche e mezzi trasporti veloci a cosa possono servire centinaia di ambasciate e consolati, per altro molto e molto costosi?
Per fornire soltanto l’assistenza, agli italiani residenti e ai turisti, basterebbe un minimo di accordo con qualche agenzia di servizi in loco.
È il primo pensiero che passa alla mente durante la lettura di Scarafaggi, romanzo del norvegese Jo Nesbø (Einaudi, Torino, 2015).
Il sito della Central Intelligent Agency considera:
“The Norwegian economy is a prosperous economy with a vibrant private sector, a large state sector, and an extensive social safety net.” www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/no.html
La Norvegia è undicesima nel mondo per reddito pro capite, terza in Europa dopo Lussemburgo e Liechtenstein.
Ci possono essere dei problemi in una nazione così ricca e con poco più di cinque milioni di abitanti?
Ce ne sono parecchi secondo Jo Nesbø: un paese di crudeli criminali, maniaci, perversi speculatori economici, squali finanziari e un consumo di droga elevata.
Il suo personaggio è Harry Hole, poliziotto alquanto naif e menefreghista.
“Smettila con questo atteggiamento alla Marlowe …” (Pag. 33)
lo rimprovera il capo, in realtà è molto simile ai poliziotti sudamericani, così pieni di guai ma inflessibili.
Hole ha una situazione familiare disastrosa, beve, si ubriaca, è tenuto lontano dai capi della polizia ma è capace e bravo perciò lo prendono in considerazione per i casi più complicati.
La presentazione in Scarafaggi è decadente, ribelle, violenta. È sbronzo in un pub, rintracciato dagli agenti, mostra sia la sua brutta cera, sia la sua volontà ferrea ma alquanto antipatica. I suoi trentacinque anni e i centonovanta centimetri non lo aiutano quando le sue condizioni umorali sono esigue.
Per quanto si voglia essere pessimisti, la piccola Norvegia non può essere paragonata a una capitale pericolosa zeppa di criminali. Oslo non è Caracas. Per dargli della linfa vitale lo scrittore spedisce Harry Hole a Bangkok.
Bangkok è una città affasciante, bella, ricca di umanità ma, nonostante il sorriso sul volto della popolazione, anche piena di difficoltà. In realtà la differenza fra le due città è una sola: la noia di Oslo versus l’esuberanza di Bangkok. Infatti, se consultiamo il sito numbeo.com, che misura la malavita nel mondo, consentendoci di comparare perfino due città, Oslo e Bangkok hanno entrambe un giudizio moderato per livello di criminalità. Sono uguali pure nella sensazione di rischio nel camminare soli sia durante il giorno, sia durante la notte. La difformità è nel dinamismo delle popolazioni, nella vivacità dei locali, nell’anarchia delle strade, nella confusione eccitante perciò il detective, della fredda e lontana Norvegia, si ambienta con gli affabili e umani thailandesi.
Bangkok è il secondo personaggio del romanzo.
L’inquinamento è sempre presente:
“Gli angeli usavano la mascherina …” Pag. 43.
Il traffico è degenerato a causa di una crescita economica veloce e diffusa. Come eternamente avviene nei progressi rapidi, le grandi metropoli sputano residui umani nelle incasinate strade.
La grande e confusionaria capitale thailandese ingloba tutti dentro di essa, perfino tanti reprobi norvegesi:
“E gli unici pazzi che ho conosciuto finora in questo caso parlano norvegese.” (Pag. 192)
Da questo incontro nasce un romanzo deciso, volitivo, determinato a esibire i cattivi in tante sfaccettature. Anche i thailandesi hanno le loro colpe.
Jo Nesbø ha una scrittura veloce, i tanti personaggi, gli episodi, le casualità mostrano un’abilità di linguaggio notevole, al di sopra forse delle opportunità della storia.
Infatti, la trama è piena di stereotipi, banalità, luoghi comuni: la thai boxe, il combattimento fra galli, la pedofilia, la prostituzione, la violenza familiare. Esistono a Bangkok, ma esistono pure a Oslo, però qui sono riportate come se si trovassero solo in Thailandia.
Sono andato tante volte in Thailandia, ma non ho mai “Hai visto i bambini che vanno in giro a vendere gomme da masticare?” (Pag. 258) come segnale di prostituzione. Una certa dose di superiorità colonialista è purtroppo presente e rende il libro volutamente antipatico come il suo personaggio principale.
Senza dubbio Jo Nesbø è più bravo a giocare in casa, nella sua Norvegia mentre la trasferta esotica è la ricerca di un’ambientazione eccentrica, forse troppo.
La scaltrezza dell’autore è notevole:
“… si crede così bravo a sorridere che perfino secondo i thai esagera.” (Pag. 294)
è una frase a effetto bella.
La descrizione del decrepito pub norvegese, dichiarato monumento dai beni culturali, è spiazzante raffrontata alla vecchia clientela:
“Posso sopportare di non essere gradito in questo Paese di merda ma fa male quando neanche san Pietro in persona vuole avere a che fare con uno come me.” (Pag. 26)
è il sigillo dell’incartapecorito marinaio norvegese.
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